Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - PASSIVO E RIVENDICHE

Esclusione dal passivo sulla base di contestazione stragiudiziale

  • Paolo Nigrotti

    Ascoli Piceno
    01/03/2019 10:56

    Esclusione dal passivo sulla base di contestazione stragiudiziale

    Buongiorno,
    si tratta di un fallimento in cui un dipendente ha presentato domanda di insinuazione al passivo. Il curatore sta raccogliendo elementi di prova per promuovere un'azione risarcitoria nei confronti dello stesso dipendente. Diamo per scontata la possibilità di porre in compensazione il credito del dipendente con il maggior credito che la curatela chiederà venga accertato dal giudice ordinario nel giudizio che intende promuovere. Per evitare che si formi un giudicato interno endofallimentare è possibile in sede di esame della domanda di ammissione al passivo escludere il credito del dipendente sulla base di una contestazione stragiudiziale anziché di una lite già incardinata?
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      04/03/2019 11:03

      RE: Esclusione dal passivo sulla base di contestazione stragiudiziale

      E' necessario fare un po' d'ordine nella vicenda.
      In primo luogo, lei non può escludere il credito del dipendente (sempre che questo sia documentato) per il fatto che esiste una contestazione, non sul credito azionato, ma relativo ad una pretesa risarcitoria della curatela, che sia questa già stata aziionata in giudizio o non.
      Quello che può fare è opporre il credito vantato dalla curatela in compensazione del credito insinuato, posto che il curatore può sollevare l'eccezione di compensazione, anche se il creditore non abbia parlato del suo debito, giusto il disposto di cui al primo comma dell'art. 95 che espressamente prevede che il curatore può eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere. La compensazione è proprio una eccezione attraverso cui si determina l'estinzione del credito azionato per cui, in sede di verifica lei potrebbe opporre in compensazione il maggior credito della curatela per bloccare l'ammissione al passivo e non per ottenere il pagamento dell'eventuale somma eccedente del proprio credito, ed ovviamente in questa sede tale creito dovrebbe essere accertato e, quindi, da lei provato.
      Fatta questa premessa di impostazione generale, vediamo i problemi che sorgono:
      1-Il credito vantato dalla curatela, che trova comunque la sua genesi in fatti e comportamenti anteriori al fallimento, non è ancora liquido ed esigibile, anzi è tutto da accertare. Tuttavia, è pacifico in giurisprudenza, a partire da Cass. sez. unite n. 775 del 1999, che "l'unico limite per la compensabilità dei debiti verso il fallito è l'anteriorità al fallimento del fatto genetico della situazione giuridica estintiva delle obbligazioni contrapposte, con la conseguenza che la compensazione fallimentare è possibile non solo quando sia il credito del terzo a non essere ancora scaduto alla data della dichiarazione di fallimento ma anche quando a non essere ancora scaduto sia il credito del fallito"; principio da cui si trae l'ulteriore deduzione che si può applicare la compensazione anche quando il credito del fallimento, come quello per danni da responsabilità, non sia ancora liquido, posto che devesi ritenere che, ferma l'anteriorità al fallimento del fatto genetico dei crediti contrapposti, tutti requisiti di compensabilità possono sopraggiungere successivamente.
      2-Il fatto che il credito della curatela debba ancora essere quantificato porta però un'altra limitazione desumibile dall'art. 1243 c.c. in quanto il giudice delegato può egualmente dichiarare la compensazione ove il debito opposto in compensazione, seppur non liquido, sia di facile e pronta liquidazione; non ricorrendo questa condizione, della compensazione non può trattarsi nell'ambito della verifica del passivo, per cui il credito del creditore che si è insinuato va ammesso, ove documentato, e il fallimento dovrà agire a parte avanti al giudice ordinario per far valere proprio credito. E crediamo che questo possa avvenire nel caso in esame.
      3-Infine limiti alla compensazione possono derivare dal fatto che il credito insinuato è un credito di lavoro per i quali la compensabilità tecnica, a norma dell'art. 1246 c.c., può operare nei limiti della pignorabilità, per cui non potrebbe essere opposta oltre il limite massimo di un quinto del credito. Tuttavia questo limite è stato superato dalla giurisprudenza quando ha ammesso la compensazione atecnica (o impropria) tra crediti e debiti derivanti dal rapporto di lavoro ed ha ampliato enormemente il concetto di dipendenza dal rapporto di lavoro. Invero, la compensazione impropria consiste nel realizzare l'effetto della compensazione mediante una mera operazione aritmetica di conguaglio dare/avere delle contrapposte voci derivanti da un unico rapporto obbligazione, nel mentre quella tecnica presuppone crediti e debiti derivanti da rapporti diversi e solo per questa vige il limite della compensabilità; di conseguenza, sul piano applicativo, ne deriva che tutte le volte che il datore di lavoro abbia un credito in qualche modo collegato con il rapporto di lavoro, il lavoratore non possa opporgli il limite massimo di un quinto della compensazione. Ricordiamo da ultimo Cass. 26/04/2018, n. 10132 che ha ribadito che è ammessa la compensazione (c.d. impropria o atecnica) tra la pretesa del lavoratore di pagamento del TFR e quella risarcitoria del datore di lavoro avanzata nei confronti del medesimo in considerazione del fatto che debiti e crediti derivano dallo stesso ed unico rapporto di lavoro. In particolare la Corte ha precisato che "in tema di estinzione delle obbligazioni, è configurabile la cosiddetta compensazione atecnica allorché i crediti abbiano origine da un unico rapporto – la cui identità non è esclusa dal fatto che uno di essi abbia natura risarcitoria derivando da inadempimento nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese comporta l'accertamento del dare e avere -, senza che sia necessaria la proposizione di un'apposita domanda riconvenzionale o di un'apposita eccezione di compensazione, che postulano, invece, l'autonomia dei rapporti ai quali i crediti si riferiscono".
      In conclusione lei può far valere la compensazione con il maggior credito risarcitorio in sede di verifica, salvo a vedere se il giudice ritenga di poter decidere sulla sua pretesa (punto sub 2); in caso negativo non le resta che agire in via ordinaria.
      Zucchetti SG srl
      • Paolo Nigrotti

        Ascoli Piceno
        04/03/2019 12:03

        RE: RE: Esclusione dal passivo sulla base di contestazione stragiudiziale

        Vi ringrazio per la sollecita risposta. Non ho tuttavia ben capito il passaggio della Vostra risposta in cui affermate: "... il giudice delegato può egualmente dichiarare la compensazione ove il debito opposto in compensazione, seppur non liquido, sia di facile e pronta liquidazione; non ricorrendo questa condizione, della compensazione non può trattarsi nell'ambito della verifica del passivo, per cui il credito del creditore che si è insinuato va ammesso, ove documentato, e il fallimento dovrà agire a parte avanti al giudice ordinario per far valere proprio credito".
        Nel caso in esame il credito non è di facile e pronta liquidazione. Occorrerà un giudizio di cognizione avanti al Giudice ordinario per l'accertamento dei danni cagionati dal creditore istante, che sono di gran lunga superiori al credito del quale egli ha chiesto l'insinuazione al passivo fallimentare.
        Ma se in sede di verifica non può trattarsi della compensazione, ammettendo il credito insinuato non si forma un giudicato interno endofallimentare che preclude di agira in sede ordinaria per il risarcimento dei danni?
        • Zucchetti SG

          Vicenza
          05/03/2019 21:06

          RE: RE: RE: Esclusione dal passivo sulla base di contestazione stragiudiziale

          La parte che lei ha richiamato della nostra precedente risposta costituisce applicazione del secondo comma della'rt. 1243 c.c. che consente la compensazione giudiziale anche quando "il debito opposto in compensazione non è liquido, ma è di facile e pronta liquidazione".
          Quanto al secondo punto, l'ammissione del credito insinuato non preclude l'accertamento del credito del fallimento perché il giudicato endo fallimentare si forma su ciò che è stato oggetto (espresso o implicito) della decisione del giudice e non su ciò che a quella decisione è rimasto estraneo. Diverso sarebbe stato se il creditore, operata la compensazione con un suo minor debito, avesse insinuato il residuo; in questo caso, come precisato da Cass. Sez. Un., 14/10/2010, n. 16508, il provvedimento di ammissione del credito residuo nei termini richiesti avrebbe determinato una preclusione ad accertare l'esistenza, validità ed efficacia del titolo dal quale deriva il credito opposto in compensazione, proprio perché l'esame del giudice delegato, riconoscendo implicitamente la compensazione quale causa parzialmente estintiva della pretesa del creditore, aveva investito anche il titolo posto a fondamento della pretesa del fallimento, la sua validità, la sua efficacia e la sua consistenza.
          Qualora, come nel suo caso, il creditore non opera la compensazione, né la eccepisce il curatore- che non ha un obbligo di eccepire la compensazione essendo questa un'arma di difesa che rientra nella disponibilità della parte- oggetto dell'esame del giudice è il credito insinuato e non il controcredito del fallimento.
          Zucchetti SG srl