Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - CONCORDATO

Continuità indiretta e piano di concordato

  • Mattia Callegari

    Venezia
    20/11/2018 11:27

    Continuità indiretta e piano di concordato

    Buongiorno,
    un piano di concordato prevede la continuità indiretta mediante affitto di ramo d'azienda ad un'altra società. Il contratto di affitto è stato stipulato prima del deposito della domanda prenotativa di concordato. E' prevista poi la liquidazione di tutti gli altri beni che rimangono in capo all'affittante.
    L'art. 186-bis, comma 2, lett. a) prevede che il piano contenga l'analitica indicazione dei costi e ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura.
    Mi domando, tale "analitica indicazione" deve essere riferita alla società depositaria del piano/affittante l'azienda o all'affittuaria?
    Considerato che nella sostanza la società depositaria del piano/affittante verrà liquidata avrebbe più senso che fosse riferito all'affittuaria anche per valutare la capacità di questa di pagare i canoni di affitto ed eventualmente acquistare l'azienda stessa. Tuttavia quest'ultima è una società estranea al concordato, quindi non è nemmeno obbligata a vedere i propri dati prospettici inseriti nel piano.
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      21/11/2018 18:53

      RE: Continuità indiretta e piano di concordato

      Lei propone un tema tra i più dibattuti dal 2012, qaundo è stato introdotto il concordato in continuità diretta e indiretta con una norma che porta i segni di una certa improvvisazione e che, infatti, viene completamente rivisitata, proprio nei punti da lei affrontati, nel Codice della crisi e dell'insovenza già approvato dal Consiglio dei Ministri.
      Per ammettere che l'affitto di azienda rappresenti uno strumento funzionale al raggiungimento degli obiettivi sottesi alla continuità aziendale, bisogna accettare l'idea che il legislatore, con la norma di cui all'art. 186bis, abbia inteso tutelare l'oggettiva, e non la soggettiva, continuazione del complesso produttivo, sia direttamente da parte dell'imprenditore, che indirettamente da parte di un terzo (affittuario, cessionario, conferitario); in tal modo il presupposto necessario della forma di concordato con continuità diventa la "prosecuzione dell'attività" e per ciò stesso la concessione in affitto dell'azienda, sia che il contratto sia stipulato prima della presentazione della domanda di concordato che in corso di procedura concordataria, non è, ove vi sia la previsione di successiva cessione dell'azienda in esercizio, di ostacolo all'applicabilità della disciplina tipica del concordato in continuità.
      Questa idea si è abbastanza diffusa tra i giudici di merito (e un esempio è dato dal suo caso), ma il fatto è che con l'affitto di azienda, il rischio d'impresa si trasferisce dal debitore all'affittuario, di modo che i creditori verrebbero a sopportare l'alea riconducibile non più alla gestione condotta dall'imprenditore in concordato, ma dal terzo. Ed è nell'ottica che i creditori sopportino il rischio della gestione da parte del debitore che si spiegano le precauzioni di cui alle lettere a) e b) del secondo comma dell'art. 186bis, che non avrebbero senso laddove l'imprenditore concordatario percepisse soltanto un canone di affitto predeterminato in misura fissa. Invece, l'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività d'impresa, delle risorse necessarie e delle relative modalità di copertura, da esporre nel piano, seppur più consona alla continuità diretta, è utilmente riferibile a quella indiretta fino al momento in cui l'imprenditore concordatario esercita lui l'attività e può, nel piano, valutare i costi della gestione.
      Può tale analisi proiettarsi sull'affittuario estraneo alla procedura concordataria, il quale continua l'attività di impresa? Noi abbiamo non pochi dubbi. Non è possibile all'inizio per il debitore, né per il professionista che deve attestare che la prosecuzione dell'attività di impresa tramite l'affittuario è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori, perchè l'attestatore può solo verificare dall'esterno le caratteristiche dell'affittuario per stabilire se sia in grado di corrispondere il canone; egli si può spingere fino ad appurare se questi abbia le capacità tecniche, commerciali e finanziarie per il proficuo svolgimento dell'attività di impresa in modo da non danneggiare i creditori, ma non può certo svolgere quelle verifiche contabili, finanziarie, organizzative, ecc. presso l'affittuario, che gli possano permettere una verifica in merito allo svolgersi della sua gestione, indispensabile per rilasciare l'attestazione come quando l'impresa viene gestita dal debitore concordatario.
      E non solo mancherebbe la possibilità di una indagine al momento iniziale, ma, principalmente, non potrebbero, né l'attestatore né altri- ad esempio il commissario- espletare alcuna verifica sull'andamento dell'attività presso l'affittuario per verificare se la gestione è attiva e garantisce il pagamento del canone e poi del prezzo, che sono gli strumenti attraverso cui soddisfare i creditori, essendo l'azienda gestita da un terzo affittuario. Non a caso, per consentire al curatore che affitta l'azienda acquisita all'attivo fallimentare di procedere alla ispezione della stessa e di ottenere idonee garanzie per tutte le obbligazioni dell'affittuario derivanti dal contratto, l'art. 104bis- non richiamato in sede concordataria- ha dovuto espressamente prevederlo; per cui nel caso di un contratto di affitto di azienda stipulato dal debitore e non dall'organo pubblico concorsuale solo contrattualmente potrebbero essere previsti controlli sulla gestione dell'affittuario.
      Ovviamente questa è la nostra opinione, ma non abbiamo trovato alcun serio argomento che, allo stato attuale della legislazione, permetta di superare le precedenti e altre considerazioni che per brevità non facciamo.
      Zucchetti SG srln