Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - CHIUSURA PROCEDURA

REVOCA FALLIMENTO E RIMESIONE ATTI AL TRIBUNALE PERCHE' DICHIARI APERTA LA PROCEDURA DI CONCORDATO PREVENTIVO

  • Doriana Pescara

    TERMOLI (CB)
    28/11/2018 12:54

    REVOCA FALLIMENTO E RIMESIONE ATTI AL TRIBUNALE PERCHE' DICHIARI APERTA LA PROCEDURA DI CONCORDATO PREVENTIVO

    Una società cooperativa, dopo aver presentato n.4 domande di concordato preventivo, fallisce nel 2011 a seguito della decisione da parte del tribunale che non ravvisa nella certificazione del professionista incaricato, alcuna fattibilità del piano concordatario, entrando evidentemente nel merito della stessa.
    La società appellava la sentenza e dopo per n. 6 giudizi palleggiati fra corte d'appello e cassazione, a seguito dei reclami successivi presentati dalla fallita avverso le sentenza che confermavano la dichiarazione di fallimento, vedeva accogliere il proprio reclamo in sede di 4° giudizio in Corte D'Appello, con la cui sentenza, in accoglimento del reclamo veniva revocato il fallimento e disposta la rimessione degli atti al Tribunale perché dichiarasse aperta la procedura di concordato preventivo , provvedendo altresì ad ogni ulteriore adempimento.
    All'esito di tale sentenza, il curatore si è attivato per valutare gli estremi di un eventuale ricorso in Cassazione e, confezionata e depositata l'istanza con il parere anche del comitato dei creditori, il Giudice delegato emetteva ordinanza nella quale indicava esattamente la cronologia delle operazioni che il curatore avrebbe dovuto compiere dopo aver depositato il certificato di passaggio in giudicato della sentenza ex art. 1245 dis. att. c.p.c.e, fra queste, l'istazna di liquidazione del compenso dopo l'approvazione del conto di gestione, nella quale indicare il soggetto ritenuto onerato del pagamento ai sensi dell'art. 147 dpr 115/2002. Il g.sd., inoltre, nello stesso decreto, e prescindendo da chi fosse o meno il soggetto onero del pagamento che il curatore avrebbe indicato, disponeva che il curatore, sempre dopo l'approvazione del conto di gestione e la liquidazione del suo compenso, avrebbe dovuto formulare istanza al tribunale che, a sua volta, avrebbe dovuto impartire con decreto le disposizioni esecutive ai sensi dell'art. 119 co.5 l.f., finalizzate a dare attuazione alla sentenza di revoca del fallimento e fra queste, la "restituzione delle disponibilità liquide, al netto del compenso dovuto al curatore, al coadiutore ed ai professionisti o ausiliari nominati per il compimento delle attività proprie della procedura fallimentare ai sensi dell'art. 18 c.16 l,.f.
    Premesso che la sentenza della corte d'appello che ha revocato il fallimento e disposta l'apertura del concordato preventivo, nulla ha disposto in merito alla eventuale colpa del creditore istanze o della società fallita per cui, il curatore, ha ora il problema di stabilire chi deve pagare il suo compenso, da indicarsi nell'istanza di liquidazione ai sensi dell'art. 147 dpr 115/2002, anche alla luce di quanto il g.d. ha disposto nel suo decreto, lasciando intuire in qualche modo, che le somme da restituirsi alla società, avrebbero dovuto essere al netto del compenso da pagarsi al curatore ed ai legali.! Si chiede a questo punto quanto segue:
    1) il compenso può essere posto a carico della società ex fallita, anche in assenza di specifica disposizione in merito ad una responsabilità della società avvalendosi del principio che la società fallita, avrebbe dato causa alla dichiarazione di fallimento, sostenendo tale tesi in quanto, le ben n. 4 domande di concordato, sarebbero state ritenute in atti infondate ed inadeguate e che, lo stesso fallimento, ha accertato negli anni, uno stato passivo di oltre 32 milioni di euro, a fronte di un attivo ben lontano da tale valore ed altresì aleatorrio ed inquantificato, anche nelle plurime domande di concordato. come peraltro anche relazionato in atti dallo stesso curatore, allora commissario giudiziale!;
    2) il Tribunale onerato, in base al disposto della Corte d'appello, di dichiarare aperta la procedura di concordato preventivo e successivi adempimenti, in quale momento dovrebbe assolvere a tale onere visto che comunque, prima dell'approvazione del conto di gestione ed adempimenti conseguenti di cui sopra, posti a carico del curatore con ordinanza del gd, passerà un discreto lasso temporale che, visti anche i tempi tecnici ed il calendario di udienze, è prevedibile nella misura di non meno di un due/tre mesi? Come farebbe in fatti la società, aperto il concordato, ad avere la liquidita per versare il disponendo fondo spese, se il fallimento dovrà restituire le somme solo dopo il suddetto iter procedurale previsto dalla lege fallimentare?
    Grate per le risposte che si vorranno dare ad un caso urgente che sto gestendo come curatore fallimentare e che ha alimentato discussioni per ben sette anni nei diversi gradi di giudizio, resto in attesa e porgo distinti saluti saluti. Dott.ssa Doriana Pescara Tribunale di Larino
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      29/11/2018 17:17

      RE: REVOCA FALLIMENTO E RIMESIONE ATTI AL TRIBUNALE PERCHE' DICHIARI APERTA LA PROCEDURA DI CONCORDATO PREVENTIVO

      La questione, indubbiamente complessa visto l'iter giudiziario descritto, è comunque riconducibile alla fattispecie in cui viene revocata la sentenza dichiarativa di fallimento dalla Corte d'Appello senza alcuna affermazione di responsabilità né del creditore istante né del debitore, che aveva inizialmente chiesto l'ammissione al concordato. Inoltre in questa vicenda il provvedimento del giudice delegato segna le linee di comportamento che deve seguire il curatore, ma non ha alcun valore per la parte in cui dispone che il tribunale dovrà disporre la "restituzione delle disponibilità liquide, al netto del compenso dovuto al curatore, al coadiutore ed ai professionisti o ausiliari nominati per il compimento delle attività proprie della procedura fallimentare ai sensi dell'art. 18 c.16 l,.f.", in quanto il tribunale non può essere vincolata alle indicazioni del giudice delegato che anticipa sostanzialmente la soluzione di far gravare il compenso e le spese sul patrimonio dell'ex fallito.
      La liquidazione del compenso compete infatti al tribunale che ha dichiarato il fallimento giusto il disposto dell'ult. comma dell'art. 18, per il quale, appunto, le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal tribunale, su relazione del giudice delegato, con decreto reclamabile ai sensi dell'articolo 26.
      Questa norma, se è utile ai fini della individuazione dell'organo deputato alla liquidazione e del tipo di impugnazione possibile avverso il relativo provvedimento, è però del tutto irrilevante al fine di stabilire chi sia tenuto al pagamento di dette spese e del compenso.
      La norma di riferimento in materia è contenuta nel DPR n. 115 del 2002, che ha abrogato l'art. 21 legge fall., che in precedenza regolava la materia e che già era stato dichiarato incostituzionale dalla Corte Cost. 6.3.1975, n. 46 nella parte in cui, in caso di revoca della dichiarazione di fallimento, poneva le spese della procedura e il compenso del curatore a carico del debitore che l'aveva subita senza che ne ricorressero i presupposti e senza avervi dato causa con il suo comportamento. L'art. 147 del citato DPR, recependo l'insegnamento della Corte Costituzionale, ha disposto che "in caso di revoca della dichiarazione di fallimento, le spese della procedura fallimentare e il compenso del curatore sono a carico del creditore istante, se condannato ai danni per aver chiesto la dichiarazione di fallimento con colpa; sono a carico dl fallito persona fisica, se con il suo comportamento ha dato causa alla dichiarazione di fallimento".
      Come si vede la norma prende in considerazione l'ipotesi che la dichiarazione di fallimento poi revocata sia ascrivibile ad un comportamento colposo del creditore e l'ipotesi che tale dichiarazione sia ascrivibile al debitore che abbia tenuto un comportamento tale da indurre in errore il giudice circa la sussistenza dei presupposti per la dichiarazione del fallimento successivamente revocato, ma nulla dice nel caso in cui la dichiarazione di fallimento revocata non sia riconducibile né alla colpa del creditore né al comportamento del debitore, come pare sia nel caso da lei rappresentato. L'interpretazione più comune è che in questo caso, spese e compenso, non potendo gravare sul creditore del quale non è stata riconosciuta la colpa ne sul fallito, se non è stata accertata una sua responsabilità (altrimenti si cadrebbe nella violazione delle norme costituzionali già sancita dal giudice delle leggi, cui si è uniformato il legislatore) debbano essere a carico dell'Erario.
      In questa cornice la S.Corte ha inserito il principio che "in ipotesi di revoca della sentenza dichiarativa di fallimento ed in assenza di estremi di responsabilità a carico del creditore istante, il curatore che chieda la liquidazione del compenso ha l'onere di individuare, sin dall'atto introduttivo del procedimento, il soggetto che ritiene gravato del pagamento delle spese e del compenso della procedura, ed il Tribunale è tenuto a verificare, illustrandolo, quale sia stato il contributo causale di detto soggetto incidente sulla sua apertura, non essendo altrimenti possibile porre tale compenso a carico del patrimonio del fallito, atteso che, in una siffatta fattispecie, il compenso dovuto al curatore - stante il carattere di officiosità della procedura fallimentare - è sopportato dall'Amministrazione dello Stato" (Cass. 18541/2012; n. 10099/2008; Cass. n. 12411/2006; Cass. 18421/2005).
      Sembra di capire che la Cassazione apra anche alla possibilità che la eventuale responsabilità dell'ex fallito possa essere accertata in corso del giudizio per la liquidazione del compenso, per cui, ove nel decreto di revoca non sia stata riconosciuta una responsabilità del creditore e in quello di liquidazione del compenso non sia stata addossata al fallito la responsabilità della dichiarazione di fallimento, il compenso del curatore grava sull'Erario. Quanto al merito di una eventuale affermazione della responsabilità dell'ex fallito, ci pare abbastanza irrealistico addossare a lui una responsabilità per aver insistito nel proporre concordati inammissibili, dato che l'Appello ha revocato il fallimento che aveva evidentemente avallato questa tesi; comunque il tribunale potrebbe ritenere il contrario.
      L'ipotesi tuttavia che si discuta di responsabilità nel giudizio di liquidazione del compenso e che questo possa essere addossato all'Erario, apre problemi di carattere processuale non indifferenti perché si coinvolge un soggetto che non è stato parte dei giudizi in cui si è discusso della responsabilità degli altri soggetti, tanto che si è anche detto che al tribunale già preposto alla procedura spetta soltanto la liquidazione delle spese e del compenso, ma l'istanza con cui il curatore chiede porsi il predetto compenso a carico del creditore o del debitore o dell'Erario non può essere proposta al medesimo giudice mediante l'instaurazione di un procedimento camerale non contenzioso, ma, essendo stato indicato un soggetto controinteressato perché individuato come soggetto tenuto definitivamente al pagamento di tale compenso, deve essere proposta instaurando un giudizio contenzioso, nel rispetto del principio del contraddittorio (Trib. Salerno, 24/01/2013, n. 231).
      Rimane il problema degli altri collaboratori ed, in proposito, certamente è da escludere una legittimazione unitaria del curatore, il quale potrà sicuramente chiedere al tribunale fallimentare la liquidazione del compenso e delle spese da lui sostenute e nell'ambito fallimentare o in un giudizio ordinario, che queste siano addossate al creditore, al fallito o all'Erario, nel mentre i titolari dei singoli crediti dovranno azionare gli stessi con le forme ordinarie; così "l'avvocato che abbia svolto prestazioni professionali in favore della procedura stessa non può richiedere la liquidazione degli onorari agli organi preposti al fallimento, ma deve proporre un'azione ordinaria o avvalersi di rimedi procedimentali speciali previsti dall'ordinamento, per richiedere il pagamento delle proprie spettanze all'Amministrazione dello Stato, tenuta al rimborso (Cass.17/04/2008, n. 10099, cit.)".
      Zucchetti Sg srl