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spese in prededuzione art.2770 - ristrutturazione parti comuni a seguito di incendio

  • Mauro Baraldi

    Viterbo
    20/03/2019 19:28

    spese in prededuzione art.2770 - ristrutturazione parti comuni a seguito di incendio

    in qualità di custode in una procedura esecutiva immobiliare, mi sono trovato di fronte alla seguente situazione:
    - appartamenti pignorati dall'amministratore di condominio per quote non versate. tali immobili, ancora di proprietà della ditta costruttrice (debitore esecutato) sono all'interno di un edificio seriamente danneggiato da un incendio occorso nello stesso periodo di avvio della procedura esecutiva. gli stessi immobili sono stati, chi più chi meno, danneggiati. tutto il palazzo è stato evacuato e durante la procedura il condominio ha dovuto necessariamente sostenere spese per il ripristino delle parti comuni, anche al fine (importantissimo) di ottenere l'agibilità e permettere così ai condomini di rientrare nelle loro abitazioni. gli immobili pignorati invece sono liberi, essendo come già detto ancora in capo alla ditta costruttrice (debitore). la procedura esecutiva ha acquisito il risarcimento assicurativo ed ora il condominio chiede che gli sia corrisposta, come spesa della procedura da trattare in prededuzione (senza aspettare il riparto finale, dovendosi ancora porre in vendita gli immobili), la quota di competenza del debitore pignorato anticipata con grave sacrificio dagli altri condomini. io ritengo, al di là della opportunità morale, che tali spese possano essere "rimborsate", potendo essere trattate come spese di ristrutturazione e ripristino trattabili in prededuzione benchè, data l'urgenza, effettuate in assenza di autorizzazione del giudice delle esecuzioni. gradirei pertanto avere un vostro cortese parere. grazie
    • Zucchetti SG

      23/03/2019 07:27

      RE: spese in prededuzione art.2770 - ristrutturazione parti comuni a seguito di incendio

      Non ci sentiamo di condividere la soluzione prospettata, per le ragioni che ci accingiamo ad esporre.
      A differenza di quanto avviene in ambito fallimentare, dove l'art. 30 della legge 220/2012, prevede espressamente che «i contributi per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché per le innovazioni sono prededucibili ai sensi dell'art. 111 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, se divenute esigibili ai sensi dell'art. 63, primo comma, disp. att. c.c.», così recependosi un precedente arresto giurisprudenziale, (Cass. 20 agosto 1997, n. 7756) manca nell'esecuzione individuale una norma che rechi analoga disciplina.
      Nel silenzio del legislatore, la possibilità che le spese condominiali gravino sulla procedura è controversa, sebbene prevalga nettamente l'idea per cui la procedura non debba sostenerle.
      Da parte di taluni si osserva che il custode non è un sostituto del debitore, il quale continua ad essere titolare del suo patrimonio, non verificandosi con l'esecuzione immobiliare quel vero e proprio spossessamento tipico del fallimento. Egli, invero, subisce una limitazione delle facoltà di godimento ma non è certo privato della capacità di agire.
      Si sottolinea, inoltre, che permettere al custode di pagare gli oneri condominiali vorrebbe dire creare dei privilegi di fatto, di cui godrebbe il condominio a scapito degli altri creditori, il quale peraltro sarebbe anche dispensato dall'onere di spiegare rituale intervento.
      In questo senso sembrerebbe esprimersi la Corte di Cassazione, la quale ha escluso dalle spese che il creditore procedente è tenuto, su disposizione del giudice ex art. 8, d.P.R. 30.5.2002, n. 115, ad anticipare al custode, "quelle spese che non abbiano un'immediata funzione conservativa della stessa integrità del bene pignorato e, quindi, le spese dirette alla manutenzione ordinaria o straordinaria dell'immobile, così come gli oneri di gestione condominiale, non essendo neppure postulabile l'applicazione dell'art. 30 della legge 11 dicembre 2012, n. 220, dettato espressamente solo per il fallimento (in relazione al quale il condominio assume la posizione di creditore per le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché per le innovazioni, che sono prededucibili se divenute esigibili ai sensi dell'articolo 63, primo comma, cod. proc. civ. att.)" (Cass. civ. 22 giugno 2016, n. 12877).
      La decisione della Corte afferma la necessità che il creditore procedente faccia fronte alle esigenze della procedura al fine di evitare la sua antieconomicità. Tale esigenza si rinviene certamente nelle ipotesi di deperimento o distruzione del cespite pignorato, mentre, secondo la Corte, deve escludersi relativamente a quelle spese che non abbiano un'immediata funzione conservativa della stessa integrità del bene staggito e, quindi, relativamente alle spese dirette alla manutenzione ordinaria o straordinaria.
      In questo contesto le spese condominiali saranno dovute dal custode, e quindi soggette ad anticipazione da parte del creditore procedente, solo nei casi in cui esse costituiscano un contributo necessario ad evitare la distruzione del bene staggito (in questo senso, e quindi in funzione conservativa, si giustificherebbe tra l'altro la previsione di cui all'art. 3, comma secondo, lett. b), del d.m. 15 maggio 2009, n. 80, che include tra le attività del custode la partecipazione alle assemblee condominiali).
      Nella stessa direzione sembra muoversi quella giurisprudenza (Trib. Napoli, ord. 24.10.2014) che nel limitare la funzione della custodia ad una attività di tipo conservativo, sostiene che sarebbero chiedibili quali spese dell'esecuzione al creditore soltanto le spese funzionali a questo più limitato scopo.
      Più in generale, la Corte di Cassazione in altra pronuncia ha escluso che il pignoramento possa esimere il condomino dal pagamento delle spese condominiali, trattandosi di obbligazione propter rem (Cass. civ., 19 febbraio 2016, n. 3354), che non vengono meno per effetto della notifica del pignoramento (Tribunale Modena, Sent., 16 gennaio 2015).
      La soluzione che abbiamo sin qui esposto non è tuttavia unanimemente condivisa.
      Invero, taluni enfatizzano la funzione "gestoria" della custodia, intesa non solo con riferimento ad una attività di conservazione mera del bene ma funzionale a preservarne le potenzialità economiche (Trib. Reggio Emilia, ord. 15 giugno 2005) con la conseguenza che individuano in capo al creditore l'onere di anticipare tutte le spese che a questo fine la custodia, previa autorizzazione del Giudice, ritiene necessarie. Infine, altri ancora, muovendo dall'assunto per cui il bene pignorato diviene un patrimonio autonomo e separato che costituisce centro di imputazione di rapporti giuridici attivi e passivi, di cui il custode è rappresentante d'ufficio in ragione del munus publicum conferitogli ex art. 560 c.p.c., le spese di custodia dovrebbero gravare in "prededuzione" sul ricavato della vendita quale "massa passiva" del patrimonio separato, sicché andrebbe escluso l'onere della relativa anticipazione a carico del creditore.
      Così ricostruito il panorama delle opinioni che si confrontano sul tema, siamo dell'avviso che la soluzione praticata dalla Corte di Cassazione sia da preferirsi.
      In primo luogo va esclusa (come correttamente hanno inteso fare i giudici di legittimità) ogni assimilazione tra esecuzione individuale e fallimento, poiché in quest'ultimo si assiste, in relazione ai beni che costituiscono la massa attiva, una vera e propria perdita della capacità di agire del fallito (ed il dato si coglie plasticamente con riferimento ai rapporti processuali pendenti) che non si verifica nell'esecuzione, laddove l'esecutato continua ad essere proprietario del bene (tanto è vero che è soggetto passivo di tutte le obbligazioni tributarie che presuppongono la titolarità del diritto di proprietà). Del resto, la ratio sottesa al conio della disposizione che considera prededucibili nel fallimento le spese condominiali maturate dopo la dichiarazione di fallimento ha proprio il precipuo scopo di far subentrare la curatela al fallito nella titolarità delle obbligazioni condominiali al precipuo scopo di evitare che il fallimento medesimo si risolva in danno degli altri condomini onerandoli della necessità di sopportare le spese condominiali anche con riferimento alla quota parte gravante sul condomino fallito, per poi insinuarsi al passivo, laddove invece nell'esecuzione individuale l'applicazione del principio farebbe spostare il peso degli oneri condominiali insoluti dal condominio al creditore.
      In secondo luogo, anche a voler enfatizzare il concetto di amministrazione attiva della custodia, non deve dimenticarsi che questa non può avvenire, per così dire, "sulla pelle del creditore", il quale non può, nell'esercizio del suo diritto alla tutela esecutiva del credito rimasto insoddisfatto, essere esposto al divenire degli oneri finanziari cui va incontro il bene pignorato (di cui peraltro potrebbe conoscere la reale consistenza solo all'esito del deposito della relazione dell'esperto, non potendosi pretendere che acceda forzosamente al bene per valutarlo prima di decidere se pignorarlo o meno).
      In terzo luogo va inoltre scongiurato, poiché si tratterebbe di soluzione del tutto iniqua, che la procedura esecutiva si risolva, addirittura, a vantaggio del debitore, il quale dopo la notifica del pignoramento sarebbe dispensato dal pagamento delle spese condominiali.
      Venendo al caso prospettato nella domanda, allora, le spese condominiali non possono, secondo noi, essere rimborsate, per le ragioni che abbiamo sin qui esplicitate, e per l'ulteriore rilievo che qui non si tratta di dover anticipare delle spese (che ove necessarie alla conservazione della integrità fisica del bene potrebbero essere sostenute dalla procedura secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione nel 2016), ma di rimborsarle ad un creditore che peraltro è privo di titolo esecutivo e che dunque, allo stato, non essendo neppure intervenuto non potrebbe concorrere alla distribuzione.
      Si osservi, ancora, che il privilegio di cui all'art. 2770 viene riconosciuto ai "crediti per spese di giustizia fatte per atti conservativi", sicché deve trattarsi di crediti che il creditore è stato costretto a sostenere in funzione della tutela giurisdizionale del suo diritto, e tali nono sono le spese in parola, poiché nel caso di specie si tratta di spese che un terzo (il condominio) ha sostenuto non in funzione della tutela di un suo credito verso il condominio, ma nell'esercizio delle sue attribuzioni ed in funzione della conservazione delle parti comuni, e di cui oggi chiede il rimborso.