Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - ATTIVO E CONTABILITà

FALLIMENTO DEL CREDITORE E SUCCESSIVA OPPOSIZIONE AL DECRETO INGIUNTIVO DA PARTE DEL DEBITORE

  • Riccardo Stiavetti

    LIVORNO
    13/04/2019 17:10

    FALLIMENTO DEL CREDITORE E SUCCESSIVA OPPOSIZIONE AL DECRETO INGIUNTIVO DA PARTE DEL DEBITORE

    In qualità di curatore mi trovo a dover affrontare il seguente caso: Il legale della società A Srl aveva notificato un decreto ingiuntivo alla società B Srl. Quest'ultima aveva nei termini di legge instaurato un giudizio di opposizione al suddetto decreto ingiuntivo.
    Nel periodo che intercorre tra la notifica del decreto e la proposizione dell'opposizione la società A Srl viene dichiarata fallita e il giudizio di opposizione viene notificato (post fallimento) esclusivamente al legale della società A Srl e non anche al curatore. Si precisa che il legale della società A Srl, a seguito della notifica del giudizio di opposizione, ha comunicato a mezzo PEC alla società B Srl l'intervenuto fallimento della società A Srl.
    Avrei bisogno di un vostro parere in merito alla possibilità di non costituirsi in giudizio per l'udienza di opposizione in quanto il procedimento si deve ritenere interrotto automaticamente ex art. 43 L.F.
    In alternativa vi chiedo se sia più opportuno costituirsi in giudizio e far valere in primis l'interruzione ex art. 43, in secondo luogo il difetto di notifica e per ultimo la mancata riassunzione del procedimento entro tre mesi dalla PEC del legale che informava la società B Srl dell'intervenuto fallimento.
    Ringrazio anticipatamente per un vostra cordiale risposta.
    Cordiali Saluti
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      15/04/2019 23:10

      RE: FALLIMENTO DEL CREDITORE E SUCCESSIVA OPPOSIZIONE AL DECRETO INGIUNTIVO DA PARTE DEL DEBITORE

      La questione che lei pone è tra le più dibattute; i numerosi interventi giurisprudenziali, anche della Cassazione a sezioni unite, non sono stati sufficienti a risolverla, tanto che si parla in proposito di storia senza fine. La nostra risposta, quindi, inevitabilmente risente delle incertezze esistenti in materia.
      Orbene, ci sembra che il punto di partenza sia l'art. 328 cpc, per il quale, nel caso che taluno degli eventi interruttivi del processo previsti dall'art. 299 cpc (tra cui il fallimento) intervenga durante il decorso del termine breve per l'impugnazione, il termine rimane interrotto e riprende a decorrere dal giorno in cui la notificazione della sentenza venga rinnovata nei confronti di coloro ai quali competa stare in giudizio; nel caso, invece, detti eventi si verifichino nei sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, non si produce alcun effetto ed il termine di decadenza continua a rimanere quello ordinario (un anno per i giudizi promossi prima del 4 luglio 2009; sei mesi per quelli promossi successivamente a tale data); nel caso si verifichino dopo i primi sei mesi si produce un prolungamento di sei mesi, decorrente dal giorno dell'evento.
      E' applicabile tale norma quando comunque la notifica dell'impugnazione (o come nel caso dell'atto di opposizione a decreto ingiuntivo) è stata comunque effettuata al legale della parte deceduta? Sul punto vi sono state varie interpretazioni, anche delle Sezioni Unite, le ultime, a quanto ci consta, hanno aderito alla tesi della ultrattività del mandato per cui è ammissibile la notificazione dell'impugnazione presso il legale, ai sensi dell'art. 330, comma 1, senza che rilevi la conoscenza aliunde di uno degli eventi previsti dall'art. 299 da parte del notificante (Cass. s.u. 04/07/2014, n. 15295).
      Sempre a detta delle citate sez. unite., questa posizione di correttezza dell'atto compiuto, dovuta alla ultrattività del mandato, "è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale di quella divenuta incapace, ovvero se il suo procuratore, già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza, o notifichi alle altre parti, l'evento, o se, rimasta la medesima parte contumace, esso sia documentato dall'altra parte o notificato o certificato dall'ufficiale giudiziario ex art. 300, quarto comma, cod. proc. civ."
      Questo discorso vale anche nel caso del fallimento? Dubbio che deriva non certo dal fatto che il fallimento sia equiparabile processualmente alla morte o alla perdita di capacità a stare in giudizio del soggetto, quanto agli effetti sul processo dettati dall'art. 43 l.f.. E' pacifico, infatti, che l'ult. comma dell'art. 43 l.f. ha introdotto una ipotesi di interruzione di diritto dei processi riguardanti il soggetto dichiarato fallito (in tal senso giurisprudenza unanime, tra cui Cass. ss.uu. n. 7443 del 2008, Corte Cost. n. 17 del 2010), per cui l'interruzione si attua al momento del verificarsi dell'evento fallimento, e può essere dichiarata dal giudice appena questi ne viene a conoscenza, anche se non con un o degli atti formali di cui sopra.
      Questa situazione sembrerebbe rendere inapplicabile al fallimento il principio della ultrattività del mandato, posto che, sempre le sez. un. del 2014 cit. collegano tale principio alla indispensabile ed insostituibile comunicazione formale dell'evento interruttivo, da effettuarsi dal procuratore della parte deceduta o che ha perduto la capacità di stare in giudizio, per cui, "non avendo rilevanza la conoscenza che dell'evento le altre parti abbiano aliunde, l'effetto interruttivo del processo è prodotto da una fattispecie complessa costituita dal verificarsi dell'evento e dalla dichiarazione in udienza o dalla notificazione fattane dal procuratore alle altre parti".
      Ma conviene in questo momento in cui si deve ancora celebrare la prima udienza costituirsi per eccepire quanto appena detto? A nostro avviso, alla prima udienza sarebbe più utile far presente al giudice che è intervenuto il fallimento dell'ingiunto, anche con una comunicazione scritta o con partecipazione all'udienza del precedente legale che ha ricevuto la notifica al solo fine di dichiarare l'avvenuto fallimento del proprio assistito, o in altro modo, per cui il giudice dichiarerà l'interruzione del processo.
      A questo punto, si pone il problema della individuazione del dies a quo incomincia a decorrere il termine trimestrale per la riassunzione. Sul punto è intervenuta la Corte Costituzionale (Corte Cost. 21 gennaio 2010, n. 17) e poi la Cassazione creando una giurisprudenza uniforme in forza della quale "la dichiarazione di fallimento determina l'automatica interruzione del processo, con termine trimestrale per la riassunzione che decorre dalla data della conoscenza legale dell'evento, conoscenza cioè acquisita non in via di mero fatto, ma per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell'evento che determina l'interruzione del processo, assistita da fede privilegiata (da ult. Cass. 15/09/2017, n. 21375; conf. Cass. 07/03/2013, n. 5650; Cass. 13/03/2013, n. 6331; Cass. 28/12/2016, n. 27165, ecc.)..
      Quando la controparte effettuerà la riassunzione, la curatela si costituirà, per eccepire la irregolarità della notifica al legale e la intervenuta decadenza (sostenendo che quanto affermato dalle sezioni unite circa la ultrattività del mandato non vale nelle ipotesi di interruzione automatica, come previsto dall'art. 43) e in via subordinata, che la comunicazione fatta dal proprio legale alla controparte dell'intervenuto fallimento può essere considerato già una comunicazione rituale da cui incominciano a decorrere gli effetti della interruzione per la riassunzione, oltre a difendersi nel merito..
      Ovviamente questa potrebbe essere una linea difensiva, ma il nostro ruolo non è invadere il campo dei legali che, anche in relazione alla conoscenza concreta della situazione, potranno scegliere la strategia più adatta alla fattispecie.
      Zucchetti SG srl