Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - ATTIVO E CONTABILITà

liberazione casa del fallito ex art 47 lf.

  • STEFANO CARLI

    RIMINI
    26/04/2019 20:22

    liberazione casa del fallito ex art 47 lf.

    Dovendo effettuare quale referente la vendita della casa del fallito con procedura competitiva deformalizzata ex art 107 1 comma l.f. e rogito notarile per il trasferimento del'immobile (quindi senza utilizzo delle norme del cpc ) si chiede
    1) se il curatore anche in tale caso puo ottenere un provvedimento di liberazione delll'immobile ai sensi dell'art 560 del codice di procedura civile ;
    2) in caso positivo poiche l'art 47 2 comma lf dispone che "la casa di proprieta del fallito ...... non puo essere distratta da tale uso fino alla liquidazione delle attivita "
    poiche tale assunto risulta vago e si presta a varie interpretazioni,
    da quale momento il sottoscritto può chiedere l'emissione del suddetto provvedimento di liberazione dell'immobile ?
    1) dalla data del rogito notarile
    2) dalla data di aggiudicazione definitiva
    3) dalla data di pubblicaione sul pvp
    4) dalla data della autorizzazione alla vendita
    5) dalla data di approvazione del programma di liquidazione .
    Non avendo rilevato interpretazioni ne univoche ne numerose vi chiedo si segnalare gentilmente eventuale giurisprudenza a supporto della vostra interpretazione.
    Distinti saluti
    Carli Stefano
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      29/04/2019 19:54

      RE: liberazione casa del fallito ex art 47 lf.

      "L'ordine di liberazione, ex art. 560 c.p.c., può essere emesso dal giudice delegato in ambito fallimentare anche ove il curatore abbia scelto quale modalità di vendita dei beni immobili le procedure competitive ai sensi dell'art. 107, comma 1, L.F., risultando possibile ricorrere alle norme dell'espropriazione forzata per regolare fattispecie non espressamente previste dalla legge fallimentare" (Trib. Mantova, 13.10.2016); opzione condivisibile perché la scelta del curatore di attuare le vendite attraverso procedure competitive non incide sulla natura delle vendite medesime che rimangono vendite coattive, attuate contro la volontà del fallito, per cui "non pare eterodosso poter ricorrere, per le vendite fallimentari in genere, alle norme dell'espropriazione forzata per regolare fattispecie non espressamente previste dalla legge fallimentare". Conf. Trib. Benevento 13.12.2017; Trib. Pescara 03/06/2016; Trib. Reggio Emilia 26.10.2013)
      L'art. 560 cpc è stato completamente riscritto dal d.l. n. 59 del 2016 conv. in l. n. 118 del 2016, in senso molto più limitativo. L'attuale sesto comma prevede, infatti che "Il giudice ordina, sentiti il custode e il debitore, la liberazione dell'immobile pignorato per lui ed il suo nucleo familiare, qualora sia ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti, quando l'immobile non sia adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione, per colpa o dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare, quando il debitore viola gli altri obblighi che la legge pone a suo carico, o quando l'immobile non e' abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare" e all'ottavo comma aggiunge che " Fermo quanto previsto dal sesto comma, quando l'immobile pignorato e' abitato dal debitore e dai suoi familiari il giudice non può mai disporre il rilascio dell'immobile pignorato prima della pronuncia del decreto di trasferimento ai sensi dell'articolo 586". In sostanza ora la liberazione anticipata dell'immobile costituisce una mera eventualità circoscritta ai casi sopra riportati di cui al sesto comma e, se l'oggetto dell'esecuzione è costituito dall'abitazione principale dove vive con la famiglia, il debitore ha la garanzia di potervi permanere fino alla vendita.
      Riteniamo, tuttavia, che la recentissima normativa non sia applicabile al suo caso giacchè, ai sensi del comma 4 del citato art. 4 d.l. n. 135, "le disposizioni introdotte con il presente articolo non si applicano alle esecuzioni iniziate anteriormente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (data di entrata in vigore il 13 febbraio 2019); se, come detto, le disposizioni dell'art. 560 cpc valgono anche nel fallimento, bisogna ritenere che la nuova norma è applicabile ai fallimenti dichiarato successivamente al 13.2.2019, e presumiamo che il fallimento in questione sia stato dichiarato prima di tale data.
      Nel vigore dell'art. 560 c.p.c. anteriore alla l. n. 12 del 2019, la S. Corte aveva inequivocabilmente riconosciuto la facoltà di disporre la liberazione anche in un momento anteriore all'aggiudicazione ("e fatta salva comunque l'obbligatorietà dell'ordine di liberazione al momento dell'aggiudicazione"), trattandosi dell'"esercizio di un potere discrezionale da parte del giudice dell'esecuzione, che è espressione dei suoi compiti di gestione del processo ed è funzionale alla realizzazione dello scopo del processo, che è quello della soddisfazione dei crediti del procedente e degli intervenuti mediante la vendita del bene pignorato" (Cass., 3 aprile 2015, n. 6836.) Anzi, l'emanazione dell'ordine di rilascio prima dell'aggiudicazione era diventata normale, per facilitare le vendite, al punto che il Consiglio Superiore della Magistratura – nell'indicare le "Buone prassi nel settore delle esecuzioni immobiliari"– aveva stabilito che "La pratica del processo esecutivo, peraltro, dimostra che può sicuramente sortire effetti benefici l'anticipazione (dell'emissione e anche dell'attuazione) dell'ordine di liberazione, posto che un bene libero è certamente più appetibile sul mercato. È dunque buona prassi che il giudice dell'esecuzione emetta detto ordine di liberazione contestualmente all'ordinanza di delega quando non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare l'immobile ai sensi del 3° comma dell'art. 560 c.p.c." (CSM Delibera 11/10/2017, 12). In sostanza, si riteneva che le disposizioni del codice di procedura civile rendevano obbligatoria l'emissione dell'ordine di liberazione, lasciando al giudice solo un margine di discrezionalità sul momento in cui emanare tale provvedimento, fermo restando il termine finale dell'aggiudicazione, atto esecutivo comunque antecedente al decreto di trasferimento.
      In tal modo si era venuta a creare una apparente antinomia tra l'art. 560 comma 3, c.p.c. che, come visto prevedeva l'obbligatorietà dell'emissione dell'ordine di liberazione, al più tardi al momento dell'aggiudicazione dell'immobile e l'art. 47 comma 2, l.fall., per il quale "la casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria all'abitazione di lui e della sua famiglia, non può essere distratta da tale uso fino alla liquidazione delle attività". Antinomia apparente perché, in realtà la giurisprudenza aveva escluso che il riferimento alla "liquidazione delle attività" comportasse l'obbligo dell'alienazione della casa del fallito come ultimo atto della liquidazione (consentendo così il godimento sino a che non sono stati ceduti tutti gli altri cespiti dell'attivo) giacchè una simile interpretazione contrastava con le esigenze di efficienza e celerità che caratterizzano la procedura concorsuale riformata. Inoltre era stata messa in evidenza la irragionevole disparità di trattamento tra la disciplina della liquidazione fallimentare e quella dell'esecuzione individuale contro il fallito avente ad oggetto i medesimi beni posto che, nel caso di subentro del curatore ex art. 107 nella posizione del creditore esecutante come nel caso di esecuzione iniziata o continuata da un creditore fondiario, il fallito non potrebbe invocare l'art. 47 comma 2 l.fall. per ottenere un arresto del processo esecutivo o un suo rinvio, nel mentre potrebbe farlo ove la vendita venisse effettuata in sede fallimentare.
      In conclusione per questi e altri motivi ben illustrati nel citato provvedimento del Tr. Reggio Emilia, "non esiste una valida ragione per ritenere che il legislatore abbia voluto concedere al fallito la prosecuzione del godimento dell'abitazione sino al momento finale della liquidazione delle attività (decreto di trasferimento); anzi, le medesime ragioni di efficienza che hanno condotto alla ricezione delle "prassi virtuose" formatesi nelle esecuzioni individuali (motivazioni che non sono meno pregnanti nelle procedure concorsuali) suggeriscono l'opposta interpretazione: la dizione "fino alla liquidazione delle attività" può essere interpretata nel senso che "fino all'inizio della liquidazione delle attività" la casa del fallito non può essere distratta da tale uso"; ossia, in caso di liquidazione dell'immobile destinato ad abitazione del fallito, l'ordine di liberazione può essere emesso dal giudice delegato anche prima dell'aggiudicazione, purché sia iniziata la liquidazione di tale benee, come precisa Trib. Pescara 03/06/2016 cit., "L'immobile può essere liquidato nel momento in cui si realizzano le condizioni per il miglior soddisfacimento dei creditori e, a tal fine, il curatore può presentare istanza al GD per ottenere il rilascio dell'immobile laddove il fallito e la sua famiglia adottino un comportamento ostruzionistico che di fatto impedisca la definizione dall'acquisto da parte di terzi interessati". Ancor più chiaro è Trib. Velletri, 06/09/1991, per il quale "L'art. 47 comma 2 l. fall. sancisce soltanto il diritto soggettivo del fallito di abitare nella casa di sua proprietà sino alla vendita, ma non stabilisce anche un ordine nella liquidazione dell'attivo, potendo la vendita suddetta venire discrezionalmente disposta dagli organi fallimentari in qualunque momento della fase liquidativa, con l'effetto di far cessare il beneficio, indipendentemente dall'esistenza di altri beni non ancora realizzati".
      Il problema della antinomia tra norma procedurale ordinaria e fallimentare, quindi, nel suo caso non esiste, nel mentre si porrà in quei fallimenti nei quali sarà applicabile l'art. 560 cpc nuova versione che, come ricordato, fa divieto al giudice ("non può mai") di disporre il rilascio dell'immobile pignorato occupato dal debiore prima della pronuncia del decreto di trasferimento ai sensi dell'articolo 586.
      Zucchetti SG srl