Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - ATTIVO E CONTABILITà

Rinuncia acquisizione beni

  • Flavia Morazzi

    Pontelongo (PD)
    05/12/2013 17:24

    Rinuncia acquisizione beni

    Buonasera,
    nell'ambito di un fallimento il curatore acquisisce all'attivo dei beni immobili, trascrive la sentenza di fallimento, viene redatta la perizia di stima e dopo aver depositato il programma di liquidazione, viene fissata l'asta che va deserta.
    Il curatore relativamente ad uno degli immobili intenderebbe rinunciare all'acquisizione per anti economicità della liquidazione di detto bene. Su tale base verrebbe effettuato un supplemento al programma di liquidazione chiedendo l'autorizzazione al Comitato e al GD ad abbandonare detto bene e a non acquisirlo all'attivo. Successivamente all'autorizzazione verrebbe data comunicazione a tutti i creditori avvisandoli che in deroga alla regola generale possono iniziare azioni individuali su detto bene. E' corretta la procedura da seguire? In altre parole è possibile la rinuncia all'acquisizione di un bene in qualsiasi momento della procedura oppure era necessario rinunciare sin dall'inizio?
    In attesa di risposta porgo cordiali saluti
    Flavia Morazzi
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      05/12/2013 19:28

      RE: Rinuncia acquisizione beni

      Si, lo prevede espressamente il settimo comma dell'art. 107ter, per il quale "il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, puo' non acquisire all'attivo o rinunciare a liquidare uno o piu' beni, se l'attivita' di liquidazione appaia manifestamente non conveniente. In questo caso, il curatore ne da' comunicazione ai creditori i quali, in deroga a quanto previsto nell'art. 51, possono iniziare azioni esecutive o cautelari sui beni rimessi nella disponibilita' del debitore".
      Zucchetti Sg Srl

      • Adele D'Alonzo

        Roma
        04/04/2014 14:36

        RE: RE: Rinuncia acquisizione beni


        Salve,

        durante il fallimento chi sostiene i costi di deposito del bene che il Curatore non acquisisce all'attivo, autorizzato ai sensi dell'art. 104 ter, VII^ co. L.F.,?
        grazie
        • Zucchetti SG

          Vicenza
          08/04/2014 13:14

          RE: RE: RE: Rinuncia acquisizione beni

          Se i beni non sono acquisiti all'attivo fallimentare, la massa non risponde dei costi per il deposito; non risponde mai se non li ha inventariati, oppure, se li ha inventariati e poi dismessi seguendo la procedura di cui all'art. 104ter, ne risponde fino alla comunicazione della avvenuta dismissione.
          Essendo detti beni nella disponibilità del fallito (o perché mai passata al curatore o perché restituita) è questi che deve sopportare i relativi costi, anche se, ovviamente, è difficile pensare che possa provvedervi.
          Zucchetti Sg Srl
          • Maurizio Ascione Ciccarelli

            Verona
            07/05/2014 19:33

            RE: RE: RE: RE: Rinuncia acquisizione beni

            Buonasera!
            Pongo un quesito che si inserisce nella presente discussione.
            In qualità di Curatore ho inventariato numerosi beni mobili di proprietà del fallito.
            Tra detti beni c'è uno scooter ed un'autovettura, entrambi di nessun valore, su cui Equitalia ha iscritto per ciascun bene un provvedimento di fermo amministrativo.
            Ho ricevuto da un terzo una proposta di acquisto in blocco dei beni mobili che, per quanto concerne i veicoli, prevede il trasferimento della proprietà dello scooter, ma non dell'autovettura che è totalmente inservibile all'uso ed in pessimo stato conservativo.
            Prima di raccogliere il parere del Comitato dei Creditori in vista della possibile conclusione della transazione, mi sono posto due domande:
            1) è possibile in via transattiva (ipotizzando di aver ricevuto parere favorevole dalla maggioranza del Comitato) cedere un bene (lo scooter) in relazione un creditore, nella fattispecie Equitalia, ha iscritto un provvedimento di fermo amministrativo?
            2) ancora, è possibile rinunciare a liquidare ex art. 104ter L.F. un bene di nessun valore (l'autovettura) sebbene un creditore regolarmente insinuato (Equitalia) abbia iscritto un provvedimento di fermo amministrativo?
            Il mio dubbio sta, oltre che nella natura del provvedimento amministrativo di fermo, di certo ben diverso dalle garanzie reali (pegno, ipoteca, ecc.), nel fatto che non vorrei in futuro ricevere contestazioni da Equitalia per non aver provveduto a liquidare un bene su cui vantavano una prelazione.
            Mi chiedo, peraltro, se, pur in assenza di una norma positiva, in un caso quale quello sopra descritto possa farsi applicazione analogica dell'art. 107, terzo comma, L.F. e, dunque, in qualità di Curatore debba notiziare Equitalia della stipulanda transazione, ovvero della rinuncia ad acquisire l'autoveicolo su cui è iscritto il provvedimento di fermo.
            Attendo commenti e/o osservazioni da chi interessato.
            Grazie a tutti.

            Maurizio A.
            • Zucchetti SG

              Vicenza
              08/05/2014 19:53

              RE: RE: RE: RE: RE: Rinuncia acquisizione beni

              A seguito dell'iscrizione del fermo la disponibilità del veicolo è limitata fino a quando il debitore non saldi il proprio debito e provveda a cancellarne l'iscrizione dal PRA. In particolare, il veicolo: non può circolare e chi viene colto a circolare con un veicolo sottoposto a fermo amministrativo incorre in una multa compresa tra 714 euro e 2.859 euro, oltre alla confisca del mezzo; non può essere radiato dal PRA nè demolito od esportato; può essere venduto, ma l'acquirente è soggetto agli stessi vincoli, per cui non può circolare e non può far radiare l'auto dal PRA ecc.; fin quando ill debitore non paga, il concessionario della riscossione potrà agire forzatamente per la vendita del veicolo.
              In queste condizioni, quindi, ci sembra strano che abbia trovato un interessato all'acquisto dello scooter; in ogni caso deve far presente al cessionario che l'auto è soggetta a Fermo amministrativo ed è opportuno che risulti per iscritto in modo che non sorgano future contestazioni se non si provvede a far cancellare il Fermo.
              Per quanto riguarda la non acquisizione o la dismissione dell'auto l'art. 104 ter co.7, non pone limitazioni particolari se non la condizione della manifesta non convenienza; con essa il curatore rinuncia ad apprendere al fallimento o a liquidare un bene, che rimane o torna nella disponibilità del fallito e quindi la curatela non risponde degli oneri relativi a quel bene, scaricandoli, come la legge consente, sul fallito. Tanto non impedisce , sia in questo caso come in quello della vednita, di fare ad Equitalia la comunicazione di cui al terzo comma dell'art. 107, che comuqnue non è prevista né è obbligatoria nella fattispecie.
              Zucchetti SG Srl

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          • Andrea Cester

            San Vendemiano (TV)
            14/02/2016 12:28

            RE: RE: RE: RE: Rinuncia acquisizione beni

            Buon giorno,
            in merito alla problematica concernente la rinuncia all'acquisizione di un bene immobile, mi chiedo come vadano gestiti i relativi adempimenti fiscali, quali TASI ed IMU. In considerazione della Vostra risposta, ritengo gravino in capo al Curatore fino alla comunicazione di dismissione e successivamente spettino al soggetto fallito; materialmente mi chiedo poi come quest'ultimo possa provvedervi nel caso si tratti di persona giuridica, il cui legale rappresentante è nel mentre lo stesso curatore, oppure una persona fisica, alla quale è sottratta la disponibilità del patrimonio. Ritengo che i Comuni, ad esempio, continueranno a "rivolgersi" al curatore.
            Alla chiusura della procedura, poi, quale sarà il destino del bene dismesso? In caso di società, ad esempio, il curatore è tenuto alla cancellazione della stessa dal Registro Imprese, ma ciò non potrebbe avvenire in presenza di beni da liquidare e/o assegnare.
            In attesa di conoscere la Vostra opinione, porgo i migliori saluti.
            • Zucchetti SG

              Vicenza
              15/02/2016 20:05

              RE: RE: RE: RE: RE: Rinuncia acquisizione beni

              Lei mette il dito su un problema che esiste e di cui il legislatore non ha tenuto conto nel momento in cui ha previsto, pur di accelerare la chiusura del fallimento, la dismissione dei beni antieconomici. Allo stato si può dire che una volta che il bene è stato dismesso, lo stesso ritorna nella disponibilità del fallito e su esso possono agire i creditori, anche se insinuati al passivo fallimentare e possono agire anche in via esecutiva in quanto non vale il divieto di cui all'art. 51 non facendo più parte il bene del patrimonio fallimentare.
              Tutto il resto è da costruire cercando di adattare la normativa vigente alla specie. E' probabile che i Comuni si rivolgeranno ai curatori anche dopo la dismissione, ma è altrettanto sicuro che il fallimento non è più tenuto al pagamento di oneri che gravano sul bene dismesso; come poi farà il fallito o la società fallita (della quale, detto per inciso il curatore non è il legale rappresentante) a pagare le imposte è problema che non interessa il curatore. Alla chiusura della procedura fallimentare di un società abbiamo già altre volte suggerito di chiedere comunque la cancellazione, perché lo impone il primo periodo del secondo comma dell'art. 118 l.f. per i casi ivi previsti, facendo però presente che nella disponibilità della stessa vi sono ancora beni non liquidati.
              Zucchetti Sg srl
              • Andrea Cester

                San Vendemiano (TV)
                16/02/2016 08:41

                RE: RE: RE: RE: RE: RE: Rinuncia acquisizione beni

                Grazie
              • Piero Ducci

                Arezzo
                16/12/2016 11:31

                RE: RE: RE: RE: RE: RE: Rinuncia acquisizione beni

                Sino al 31 dicembre 2011, con riferimento all'ICI, l'art. 10, comma 6, D.Lgs. n. 504/1992, indicava chiaramente il comportamento che il curatore fallimentare doveva assumere, in caso di cessione di immobili compresi nella procedura, per il rispetto della normativa. Era stabilito che per essi l'imposta fosse dovuta per ciascun anno di possesso rientrante nel periodo di durata del procedimento e fosse prelevata, nel complessivo ammontare, sul prezzo ricavato dalla vendita. Continuava la norma
                specificando che il versamento dell'imposta doveva essere effettuato entro il termine di tre mesi dalla data in cui il prezzo era stato incassato e che entro lo stesso termine doveva essere presentata la relativa dichiarazione.
                Successivamente il comma 7 dell'art. 9, D.Lgs. n. 23/2011 (che ha introdotto l'IMU in sostituzione dell'ICI) ha operato un preciso richiamo all'art. 10 comma 6 del D. Lgs 504/92 prevedendone la sua applicazione anche in materia di IMU.
                Stante il tenore letterale della norma l'imposta deve essere "prelevata, nel complessivo ammontare, sul prezzo ricavato dalla vendita" e il versamento da parte del Curatore deve essere effettuato "entro il termine di tre mesi dalla data in cui il prezzo è stato incassato".
                Ne consegue, a mio avviso, che in ipotesi di rinuncia alla liquidazione di un immobile per manifesta antieconomicità l'imposta (ICI O IMU) è dovuta, fin dall'inizio della procedura, dal fallito o dalla società fallita, non essendo ammissibile che il fallimento sia gravato di un'imposta che deve essere prelevata sul ricavato della vendita.
                • Zucchetti SG

                  Vicenza
                  19/12/2016 10:31

                  RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: Rinuncia acquisizione beni

                  Come abbiamo detto in una delle risposte che precedono, la regolamentazione della dismissione dei beni è tutta da costruire perché il legislatore ha solo abbozzato l'istituto, senza probabilmente rendersi completamente conto delle innumerevoli ricadute. Uno dei tanti problemi è quello del coordinamento della norma di cui all'ottavo comma dell'art. 104ter l.f. con la normativa fiscale di cui all'art. 10, co. 6 del D.lgs n. 504 del 1992, richiamato dal settimo comma dell'art. 9 del D.lgs n. 23 del 2011. Per intanto va ricordato che la norma fiscale, nella versione attuale dovuta alla legge 27/12/2006, n. 296, art. 1, co. 173, stabilisce quanto segue: "Per gli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa il curatore o il commissario liquidatore, entro novanta giorni dalla data della loro nomina, devono presentare al comune di ubicazione degli immobili una dichiarazione attestante l'avvio della procedura. Detti soggetti sono, altresì, tenuti al versamento dell'imposta dovuta per il periodo di durata dell'intera procedura concorsuale entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili".
                  Un modo di risolvere il problema potrebbe essere quello da lei proposto di scaricare sul fallito l'obbligo del pagamento dell'imposta in caso di dismissione dell'immobile ex art. 104ter l.f. da parte del fallimento che non avrebbe alcun obbligo contributivo; questa soluzione, peraltro, troverebbe un forte sostegno in Cass. 15/02/2013, n. 3845, per la quale "ove il fallimento o la liquidazione coatta vengano chiusi senza farsi luogo alla vendita e con il ritorno "in bonis" dell'ex fallito o del soggetto sottoposto alla liquidazione, la predetta obbligazione tributaria (ICI), quale progressivamente maturata, è posta a carico dei medesimi, tenuti da quel momento sia alla denuncia che al pagamento dei ratei annuali di imposta relativa al periodo concorsuale, senza che nell'ammontare complessivo finale siano compresi gli interessi, di cui non fa menzione la legge (cfr. anche Cass. n. 15478 del 2010; Cass. n. 24670 del 2007).
                  Nonostante questi autorevoli precedenti noi nutriamo più di qualche dubbio su questa soluzione. In primo luogo, le decisioni richiamate riguardavano la chiusura del fallimento senza che si fosse attuata la vendita di un bene, per cui il fallito che riprendeva la disponibilità di detto bene era tornato in bonis, cosa che non accade nel caso di dismissione ex art. 104ter l.f.; ma, principalmente, dette decisioni erano giustificate dalla normativa all'epoca vigente, ossia dal testo dell'art. 10, co. 6 del D.lgs n. 504 del 1992, antecedente alla riforma dovuta alla legge n. 296 del 2006. Infatti nella motivazione della più recente decisione richiamata si legge "com'è noto, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), nell'ipotesi in cui il cespite sia compreso nel fallimento, o nella liquidazione coatta amministrativa, il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 10, comma 6, nel testo "ratione temporis" vigente, stabilisce che l'imposta - dovuta per ciascun anno di possesso rientrante nel periodo di durata del procedimento - è prelevata direttamente sul prezzo ricavato dalla vendita, con soddisfacimento in prededuzione dei soggetto attivo (non tenuto ad insinuarsi al passivo), e che il termine per il versamento e la presentazione della dichiarazione, nel frattempo sospeso, è di tre mesi dalla data di incasso del prezzo; testo che, come si vede è significativamente diverso da quello attuale in precedenza riportato.
                  Vi è da aggiungere che la soluzione proposta dalla Corte, applicata alla fattispecie di cui all'ottavo comma dell'art. 104ter l.f., presuppone che il provvedimento di dismissione abbia effetti retroattivi alla data del fallimento, il che contrasta con il sistema. L'ottavo comma dell'art. 104 ter prevede, infatti, due ipotesi per il caso che l'attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente, e cioè che il curatore non acquisisca all'attivo uno o più beni- nel qual caso questi non entrano nell'attivo fallimentare e non sorge alcun obbligo a carico del curatore per eventuali imposte relative- oppure che rinunci a liquidare uno o più beni acquisiti all'attivo fallimentare. In questo caso la dismissione non può avere effetto retroattivo, come se il bene non avesse mai fatto parte dell'attivo fallimentare, perché la disponibilità del bene in capo al fallimento è dato di fatto incontestabile e non eliminabile; fino alla dismissione la conservazione e gestione del bene sono state del curatore, questi potrebbe addirittura aver fatto dei tentativi di vendita risultati infruttuosi, all'esito dei quali si appuri che la ulteriore liquidazione non è conveniente, lo stato di inconvenienza potrebbe essere stata determinata da un vento fortuito (ad esempio a causa di un incendio), e così via.
                  A nostro avviso, pur tra tanti dubbi che aleggiano sulla materia, sembra più ragionevole ritenere che il fallimento paghi l'imposta per il periodo per il quale ha avuto la disponibilità dell'immobile. Operazione possibile perché la legge fiscale, come ricordato, parla di versamento dell'imposta dovuta per il periodo di durata dell'intera procedura concorsuale entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili; con una interpretazione estensiva si può comprendere nel concetto di trasferimento anche quello della dismissione, considerato che la norma fiscale chiaramente non prende in considerazione l'istituto della derelictio di cui all'ottavo comma dell'art. 104ter; essa quindi si riferisce alla vendita come sbocco unico dell'attività liquidatoria, ma ora che non è più così, il trasferimento può essere inteso come l'atto che determina la perdita della disponibilità giuridica del bene da parte della curatela o, per meglio dire, come l'atto che determinala fuoriuscita del bene dall'attivo fallimentare, anche senza alcun corrispettivo. Del resto, poiché il bene ritorna nella disponibilità del fallito, che ha conservato la proprietà, il trasferimento al fallito non può che essere appunto il ritorno della disponibilità del bene nelle sue mani. Ovviamente in questo caso la provvista per il pagamento dell'imposta non può essere ottenuta dal prezzo della vendita, ma dovrà essere reperita altrove; del resto anche l'art. 10, comma sesto del D.lgs n. 504 del 1992 nella sua attuale versione sopra riportata non fa più riferimento al fatto che l'imposta deve essere "prelevata, nel complessivo ammontare, sul prezzo ricavato dalla vendita".
                  Noi, come riteniamo doveroso in una discussione su temi ancora da ricostruire, le abbiamo esposto le tesi che possono essere formulate e le relative argomentazioni, esprimendo la nostra preferenza, pur tra tanti dubbi; tocca a lei la scelta della strada da preferire.
                  Zucchetti SG srl

              • Lorena Galuzzi

                Urbino (PU)
                13/04/2019 14:31

                RE: RE: RE: RE: RE: RE: Rinuncia acquisizione beni

                Il Creditore ipotecario si oppone alla vendita ritenendo il prezzo eccessivamente basso e propone istanza ai sensi dell'art. 108 L.F.. Supponendo che il fallimento, con il parere del comitato dei creditori, rinunci alla liquidazione del bene (già acquisito all'attivo) ai sensi dell'art. 104 ter, il creditore ipotecario può essere chiamato a rispondere, in qualche modo, del bene stesso? (ad esempio per le pendenze fiscali o per presenza di amianto, ecc.)
                • Zucchetti SG

                  Vicenza
                  15/04/2019 09:57

                  RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: Rinuncia acquisizione beni

                  A quanto capiamo, il creditore ipotecario sostiene che il prezzo offerto, tenuto conto delle condizioni di mercato, risulta notevolmente inferiore a quello giusto, per vorrebbe che il giudice delegato, a norma del primo comma dell'art. 108, impedisse il perfezionamento della vendita. In tal modo il creditore ipotecario esercita un suo diritto (la notifica agli ipotecari di cui al terzo comma dell'art. 107 viene fatta proprio a questo fine) che non è immediatamente produttivo di effetti perché poi è il giudice che deve decidere se accogliere l'istanza o rigettarla.
                  Qualora a seguito dell'intervento del giudice la vendita non andasse più in porto e la curatela, in mancanza di altri interessati, ritenesse di abbandonare il bene ai senso del comma ottavo dell'art. 104ter, (crediamo che questa sia l'ipotesi che intende prospettare) egualmente non vediamo responsabilità del creditore ipotecario (salvo ipotizzare manovre occulte per pervenire alla restituzione del bene al debitore o altre forme di dolo) appunto perché egli ha esercitato un suo diritto.
                  Zucchetti Sg srl
      • Maria Cristina Bongiorno

        Milano
        12/05/2014 23:02

        RE: RE: Rinuncia acquisizione beni

        Prima della tascrizione della sentenza di fallimento, il perito da me incaricato mi ha informato che gli immobili del fallito (socio illimitatamente responsabile di snc fallita) sono costituiti da quote minime - 2/42 di un villino e 3/63 di un appartamento - e già ipotecati da Equitalia, maggior creditore insinuatosi al passivo che otterebbe in pratica l'intero ricavato della vendita mentre la procedura si sobbarcherebbe soli i costi di trascrizione e pubblicità.
        Riterrei quindi di chiedere al GD l'autorizzazione sia a non trascrivere la sentenza che a non liquidare gli immobili,ai sensi dell'art. 107 ter, e comunicare a Equitalia che può iniziare l'esecuzione.
        Concordate sul punto?
        Grazie.
        • Zucchetti SG

          Vicenza
          14/05/2014 12:09

          RE: RE: RE: Rinuncia acquisizione beni

          Si la strada indicata e' fattibile; segua però rigidamente la previsione del settimo comma dell'art. 104 tre, che tra l'altro richiede l'autorizzazione del comitato dèi crederò e non del giudice delegato.
          Zuccheti Sg Srl
          • Raffaella Santinelli

            SAN SEVERINO MARCHE (MC)
            15/05/2014 18:30

            RE: RE: RE: RE: Rinuncia acquisizione beni

            La richiesta di autorizzazione all'abbandono del bene, a norma dell'art. 104 ter 7° comma L.F., va effettuata al Comitato dei creditori, ma mi viene di pensare che tale richiesta debba essere anche considerata un supplemento al piano ex art. 104 ter 5° comma L.F. e, perciò, come tale, vada comunicato al G.D. che ne autorizzerà l'esecuzione degli atti in esso contenuti. Che ne pensate? Ringraziando, aspetto Vs risposta e invio i migliori saluti.
            • Zucchetti SG

              Vicenza
              15/05/2014 20:25

              RE: RE: RE: RE: RE: Rinuncia acquisizione beni

              Non crediamo perché la fattispecie di cui al comma 7 è autonoma e rispettio alle altre e, anzi, contraria alle altre che attengono alla liquidazione, nel mentre quella in esame contempla la non liquidazione; per questa è stato dettato un procedimento che è quello di cui al comma settimo. peraltro tale comma prevede addirittura che il bene non venga acquisito all'attivo al momento dell'inventario e, quindi in un miomento necessariamente antecedente alla formazione del programma di liquidazione.
              Zucchetti Sg srl
              • Francesco Costa Angeli

                milano
                17/12/2016 19:13

                RE: RE: RE: RE: RE: RE: Rinuncia acquisizione beni


                BUONASERA,
                MI INSERISCO NELLA DISCUSSIONE, IN ORDINE ALL' ABBANDONO NELLA VENDITA DI UN IMMOBILE,
                CASETTA RURALE IN LOCALITÀ' SPERDUTA DI CAMPAGNA NEL SUD.
                VALORE PERIZIATO EURO 5.000 CIRCA.
                NULLO MERCATO.
                COSTI DI MESSA IN VENDITA ELEVATI E MANCANZA DI FONDI.

                TUTTAVIA OCCUPATA DA ANZIANA MADRE DEL FALLITO.
                I SUOI PARENTI DESIDERANO CHE LA PROCEDURA NON METTA IN VENDITA
                IL BENE IMMOBILE PER MOTIVI SOPRATTUTTO PSICOLOGICI
                DELLA ANZIANA LORO MADRE ABITANTE IN LOCO ED È' COMPRENSIBILE.

                SONO DISPOSTI AD OFFRIRE IN LOCUM REI UN SORTE DI PRETIUM
                PER ABBANDONO DELLA VENDITA.

                RITENGO CHE NEL PIÙ' E' CONTENUTO IL MENO

                E CIOÈ' SE IL FALLIMENTO PUÒ' RINUNCIARVI SENZA
                CORRISPETTIVO A MAGGIOR RAGIONE PUÒ' FARE SE TALE RINUZIA
                VENGA SINALLAGMATICAMENTE COLLEGATA AL CORRISPETTIVO
                SICCOME TRANSAZIONE.

                MA QUID IURIS ? SAREBBE UNA TRANSAZIONE ALEATORIA
                QUALE CORISPETTIVO DI UN FACERE
                SENZA GARANZIA DI ALCUNCHE' POSTO CHE I CREDITORI
                POTREBBERO UGUALMENTE AGGREDIRE
                IL BENE.
                VI SEMBRA ATTUABILE ?

                IN CONCRETO I PROPONENTI CONFIDANO CHE NESSUNO
                SI METTA A VENDERE IL BENE PERCHÉ' ANTIECONOMICO SICCHE'
                CORRONO IL RISCHIO.

                D' ALTRA PARTE NON VEDO SOLUZIONE
                IL FALLIMENTO SI OBBLIGA AL RILASCIO DEL BENE
                OSSIA ALL' ABBANDONO AI CREDITORI E NULLA DI ALTRO.

                LA VENDITA È' IMPOSSIBILE NON SI RIESCONO A COPRIRE I COSTI.

                IL BENE È' PURE IPOTECATO. E TALE RIMARREBBE ..
                ABBANDONATO DALLA PROCEDURA FALLIMENTARE
                PER IL FALLIMENTO È' CONVENIENTE..IN UN COLPO SOLO
                SI INACASSEREBBE IL RICAVO DI UNA VENDITA IMPOSSIBILE
                ED ANTIECONOMICA.

                NON CREDO SIA NEGOZIO PRIVO DI CAUSA.

                COSA NE PENSATE ?
                GRAZIE
              • Francesco Costa Angeli

                milano
                17/12/2016 19:24

                RE: RE: RE: RE: RE: RE: Rinuncia acquisizione beni


                BUONASERA,
                MI INSERISCO NELLA DISCUSSIONE, IN ORDINE ALL' ABBANDONO NELLA VENDITA DI UN IMMOBILE,
                CASETTA RURALE IN LOCALITÀ' SPERDUTA DI CAMPAGNA NEL SUD.
                VALORE PERIZIATO EURO 5.000 CIRCA.
                NULLO MERCATO.
                COSTI DI MESSA IN VENDITA ELEVATI E MANCANZA DI FONDI.

                TUTTAVIA OCCUPATA DA ANZIANA MADRE DEL FALLITO.
                I SUOI PARENTI DESIDERANO CHE LA PROCEDURA NON METTA IN VENDITA
                IL BENE IMMOBILE PER MOTIVI SOPRATTUTTO PSICOLOGICI
                DELLA ANZIANA LORO MADRE ABITANTE IN LOCO ED È' COMPRENSIBILE.

                SONO DISPOSTI AD OFFRIRE IN LOCUM REI UN SORTE DI PRETIUM
                PER ABBANDONO DELLA VENDITA.

                RITENGO CHE NEL PIÙ' E' CONTENUTO IL MENO

                E CIOÈ' SE IL FALLIMENTO PUÒ' RINUNCIARVI SENZA
                CORRISPETTIVO A MAGGIOR RAGIONE PUÒ' FARE SE TALE RINUZIA
                VENGA SINALLAGMATICAMENTE COLLEGATA AL CORRISPETTIVO
                SICCOME TRANSAZIONE.

                MA QUID IURIS ? SAREBBE UNA TRANSAZIONE ALEATORIA
                QUALE CORISPETTIVO DI UN FACERE
                SENZA GARANZIA DI ALCUNCHE' POSTO CHE I CREDITORI
                POTREBBERO UGUALMENTE AGGREDIRE
                IL BENE.
                VI SEMBRA ATTUABILE ?

                IN CONCRETO I PROPONENTI CONFIDANO CHE NESSUNO
                SI METTA A VENDERE IL BENE PERCHÉ' ANTIECONOMICO SICCHE'
                CORRONO IL RISCHIO.

                D' ALTRA PARTE NON VEDO SOLUZIONE
                IL FALLIMENTO SI OBBLIGA AL RILASCIO DEL BENE
                OSSIA ALL' ABBANDONO AI CREDITORI E NULLA DI ALTRO.

                LA VENDITA È' IMPOSSIBILE NON SI RIESCONO A COPRIRE I COSTI.

                IL BENE È' PURE IPOTECATO. E TALE RIMARREBBE ..
                ABBANDONATO DALLA PROCEDURA FALLIMENTARE
                PER IL FALLIMENTO È' CONVENIENTE..IN UN COLPO SOLO
                SI INACASSEREBBE IL RICAVO DI UNA VENDITA IMPOSSIBILE
                ED ANTIECONOMICA.

                NON CREDO SIA NEGOZIO PRIVO DI CAUSA.

                COSA NE PENSATE ?
                GRAZIE
                • Zucchetti SG

                  Vicenza
                  19/12/2016 10:43

                  RE: RE: RE: RE: RE: RE: RE: Rinuncia acquisizione beni

                  L'idea che ove c'è il più c'è anche il meno è profondamente errata. Il curatore deve muoversi secondo le linee che la legge segna e la via maestra è quella della liquidazione dei beni acquisiti all'attivo fallimentare. Prima della riforma del 2006 non esistevano alternative a questa soluzione per i beni immobili, non potendo il curatore chiudere il fallimento senza liquidare tali beni; con la riforma è stata introdotto l'attuale ottavo comma dell'art. 104ter, per il quale , seguendo una determinata procedura, il curatore può rinunciare a liquidare uno o più beni (mobili o immobili), "se l'attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente". Queste sono le alternative che la legge lascia al curatore: o dismette i beni la cui liquidazione non è chiaramente conveniente o liquida detti beni con le forme competitive disposte dall'art. 107 l.f..
                  In questo schema abbastanza ristretto vi può essere spazio per una transazione traslativa, ma per arrivare a questa è necessario che ne ricorrano i presupposti e cioè l'esistenza di una controversia per risolvere la quale le parti si facciano reciproche concessioni. Inoltre, come la Cassazione ha di recente ribadito proprio con riferimento ad una transazione stipulata da un fallimento "la transazione può avere funzione traslativa soltanto con riguardo a rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti, essendo inconcepibile il trasferimento (tra le parti in lite), mediante transazione, di un diritto la cui appartenenza sia incerta perchè oggetto di contestazione" (Cass. 15/07/2016, n. 14432; Cass., 17 settembre 2004, n. 18737).
                  Se nel suo caso ricorre una situazione tale da giustificare una transazione (e questo deve valutarlo lei), è possibile stipulare un contratto transattivo che consenta anche una entrata per il fallimento.
                  Zucchetti SG srl
    • Fabiola Fregola

      Palermo
      19/12/2018 16:24

      RE: Rinuncia acquisizione beni

      Buonasera, mi inserisco anche io nella discussione per sottoporVi questo caso.
      Ho rinunziato alla liquidazione di un bene immobile nell'ambito di una mia procedura fallimentare (già stimato dal perito) a causa di diversi danni strutturali del bene che rendevano rischioso averne la custodia.
      Dopo avere reimmesso nel possesso il legale rappresentante della società fallita questi ha avviato una trattativa privata con terzi all'esito della quale un promissario acquirente ha formulato offerta di acquisto del bene al prezzo di stima.
      Il legale rappresentante ha, quindi, informato la Curatela di tale prossima vendita dichiarandosi disponibile a versare il ricavato della vendita direttamente alla procedura fallimentare.
      Ora, è chiaro che una siffatta possibilità costituirebbe un vantaggio per la curatela fallimentare, tuttavia mi chiedo: qualora effettivamente la Curatela incassasse il prezzo della vendita gli adempimenti fiscali successivi (versamento iva, ici/imu ...) a carico di chi andrebbero? Chi emetterebbe la fattura? Certamente il legale rappresentante della società fallita non potrebbe provvedervi non incassando il ricavato della vendita.
      Considerato che non ho ancora proceduto alla cancellazione della trascrizione della sentenza di fallimento sul bene in questione, secondo Voi posso partecipare all'atto, incassarne il prezzo e dare seguito a tutti gli adempimenti fiscali susseguenti? Grazie
      • Zucchetti SG

        Vicenza
        19/12/2018 19:44

        RE: RE: Rinuncia acquisizione beni

        Con il procedimento di cui all'ottavo comma dell'art. 104ter l.f. si attua una operazione diretta a neutralizzare gli effetti che il primo comma dell'art. 42 collega alla dichiarazione di fallimento; ossia, la sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento, e con la procedura di cui all'art. 104ter non si acquista la disponibilità dei beni non convenienti o, se già acquisita, si dismette la stessa, con la conseguenza che i beni non acquisiti o dismessi non sono mai usciti (nel primo caso) o ritornano (nel secondo) nella disponibilità piena del fallito, tant'è che la norma citata prevede che sia data comunicazione della rinuncia o della dismissione ai creditori, i quali possono iniziare azioni esecutive o cautelari sui beni rimessi nella disponibilità del debitore; cosa che non avrebbero potuto fare ove detti beni fossero rimasti nell'attivo fallimentare per il divieto di cui all'art. 51.
        Ritornati detti beni nella disponibilità del fallito, questi può venderli, come sta accadendo nel caso, con le problematiche da lei elencate, per superare le quali si potrebbe pensare ad una ripresa dei beni da parte della curatela.
        Per quanto manchino precedenti specifici sul punto, a nostro avviso il riacquisto della disponibilità del bene che il fallimento aveva rinuncia ad acquisire all'attivo o aveva restituito al fallito è possibile in quanto crediamo che la rinuncia come la dismissione non abbiano carattere definitivo in quanto basate sulla valutazione del momento; ossia il curatore ha ritenuto, con l'avallo del comitato dei creditori che, nel momento in cui prendeva la decisione di rinunciare o di abbandonare il bene, la conservazione e liquidazione dello stesso non era conveniente per la massa.
        Se si muove da questo principio della non definitività del provvedimento di rinuncia o dismissione, nulla osta per la curatela a ritornare sui propri passi ove muti la situazione sulla convenienza, fermo restando il rispetto dei diritti nel frattempo legittimamente acquisiti nei limiti della normativa fallimentare nuovamente applicabile ai beni ripresi all'attivo. Così, ad esempio, va salvaguardato il diritto del terzo che abbia acquistato il bene direttamente dal fallito che ne aveva la disponibilità, nel mentre il terzo che nel frattempo aveva pignorato il bene in questione deve sottostare al divieto di cui all'art. 51
        ovviamente si tratta di ricostruire il tutto in mancanza di norme, ma l'iter dovrebbe essere quello di riacquisire la disponibilità del bene alla massa prendendo un provvedimento, con il parare del comitato, che annulla quello precedente e poi, dopo aver comunicato ai creditori la retromarcia, la curatela vende il bene secondo le regole del fallimento.
        Zucchetti Sg srl