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Creditore revocante in presenza di addizioni/migliorie eseguite successivamente alla compravendita revocata per una quot...

  • Simone Ventura

    Roma
    07/05/2018 10:43

    Creditore revocante in presenza di addizioni/migliorie eseguite successivamente alla compravendita revocata per una quota indivisa del 50%

    Successivamente alla trascrizione dell'acquisto di quota del 50% di proprietà immobiliare indivisa, il cessionario ha eseguito miglioramenti/addizioni sulla res. Quindi tali spese incrementative sono state apportate da soggetto diverso dal debitore cedente esecutato e sono autonomamente apprezzabili e tali da incrementare il valore della res, indipendentemente dallo stato soggettivo di buona o mala fede di chi li abbia realizzati. Ciò perché il dato dell'incremento valoriale è meramente oggettivo: o c'è o non c'è.
    La sent. Cass. Civ. II Civ., 5 aprile 2016, n. 6542, in tema di migliorie eseguite da cessionario su immobile ipotecato per debito del cedente, ammette il diritto alla separazione del prezzo, altrimenti si realizzerebbe una locupletazione ingiustificata a favore del creditore ipotecario in presenza di un incremento di valore oggettivo.
    Si ritiene pertanto che nell'attribuzione delle quote in sede divisionale al servizio dell'espropriazione azionata dal creditore revocante, le migliorie/addizioni non andrebbero imputate ai fini dell'individuazione e determinazione della quota ideale spettante al debitore esecutato.
    Tale quota andrebbe infatti determinata con riferimento al valore dell'immobile che aveva all'epoca della compravendita revocata, quindi al netto del valore incrementativo da attribuire alle migliorie/addizioni, valore che dovrebbe essere ricompreso esclusivamente nella quota spettante al cessionario terzo non debitore che subisce l'espropriazione da revocatoria, non nella qualità di condividente del debitore esecutato, bensì come proprietario esclusivo del bene.
    La sentenza di revocatoria ha infatti una mera funzione conservativa e di garanzia per il bene come definito ed identificato nell'atto di disposizione dichiarato inefficace nei soli confronti del creditore revocante, senza che ciò comporti alcun effetto restitutorio del bene al debitore.
    Si ritiene infatti che ove le migliorie/addizioni effettuate dopo la compravendita revocata, fossero attribuite alla quota da espropriare, si creerebbe un indebito arricchimento ex art. 2041 c.c. a favore del creditore revocante.
    Ove la tesi qui esposta fosse condivisa, il riproporzionamento divisionale deve avvenire sulle quote oppure si determina un credito del cessionario verso la massa nella procedura esecutiva?
    Poiché non si è in presenza di una situazione di comunione giuridica in quanto la proprietà è del solo cessionario, si ritiene errata la tesi secondo cui il credito del cessionario per le migliorie/addizioni andrebbe esperita esclusivamente nei confronti del debitore esecutato, oppure lo scioglimento della comunione da revocatoria per finzione giuridica, fa sì che il valore incrementale per le migliorie/addizioni venga comunque regolamentato tra cessionario e debitore esecutato?
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      08/05/2018 08:41

      RE: Creditore revocante in presenza di addizioni/migliorie eseguite successivamente alla compravendita revocata per una quota indivisa del 50%

      A nostro avviso il terzo che abbia apportato alla cosa oggetto dell'atto revocato miglioramenti o effettuato addizioni può vantare un credito per le relative indennità nei limiti di cui all'art. 1150 c.c., ed in questa ottica gioca la buona o mala fede del possessore dato che queste condizioni soggettive sono prese in considerazione da detta norma ai fini della determinazione del credito. Nella specie la buona fede del possessore- ossia del cessionario dell'immobile oggetto della vendita poi revocata- sembra indubbia data la indiscutibile natura costitutiva dell'azione revocatoria, che, per un verso, esclude che il possesso nel frattempo avuto dall'acquirente possa essere considerato illecito o in mala fede e, per altro verso, retroagendo gli effetti della revocatoria alla data della trascrizione della domanda, rende leciti e giustificabili i comportamenti del cessionario che ha effettuato miglioramenti o addizioni fino a tale data.
      Questa soluzione riesce più agevolmente comprensibile se riferita alla revocatoria fallimentare perché la revoca pronunziata a favore del curatore fallimentare genera in capo al terzo soccombente in revocatoria un vero e proprio obbligo di restituire alla procedura il bene oggetto del negozio revocato, a differenza della revoca ordinaria la quale esige solamente che il bene sia messo a disposizione dell'azione esecutiva del creditore o dei creditori vittoriosi; tuttavia, la restituzione del bene alla curatela, conseguente al vittorioso esperimento dell'azione, non realizza una vicenda traslativa rappresentata dal suo riacquisto al patrimonio dei fallito, ma piuttosto una funzione ripristinatoria della garanzia generica prevista dall'art. 2740 c.c., con il recupero dei bene al patrimonio fallimentare dovendo su questo esercitarsi l'azione esecutiva non soltanto di un creditore ma della massa dei creditori.
      Orbene, se lì dove c'è la materiale restituzione del bene non può dubitarsi del diritto di chi ha apportato miglioramento o addizioni in buona fede ad ottenerne l'indennità di cui all'art. 1150 c.c., crediamo, vista l'accennata natura della restituzione nel fallimento, che anche nell'ipotesi in cui il bene oggetto della revocatoria venga solo assoggettato ad esecuzione permanga il diritto del possessore che ha eseguito i miglioramenti e effettuato le addizioni
      ad ottenere la reintegra del proprio patrimonio.
      Nella specie la situazione si complica ulteriormente perchè oggetto della revocatoria è una quota ideale di un bene, ma riteniamo che anche in questo caso il possessore abbia il diritto di ottenere la indennità di cui all'art. 1150 c.c., da realizzare in relazioni alle varie situazioni che possono determinarsi nell'esecuzione, separazione, divisione o vendita. In tutti questi casi dovrebbe operare il criterio secondo cui le addizioni e i miglioramenti che investono il bene incidono in proporzione anche sulla quota espropriata, visto che si tratta di una quota ideale astratta indivisa, per cui, a nostro avviso, dovrebbero essere calcolate le spese e le indennità dovute al possessore secondo l'art. 1150 c.c. per gli incrementi di valore apportati all'intero immobile e rimborsata al possessore la quota del 50%.
      Lei cita Cass. 5 aprile 2016, n. 6542 che, pur non essendo direttamente applicabile alla fattispecie in quanto essa parla della separazione del valore delle migliorie e addizioni effettuate dall'acquirente di un bene ipotecato nell'esecuzione promossa dal creditore ipotecario e non della separazione della quota di cui qui si discute, pone un principio che va nel senso sopra esposto; ossia che nel conflitto tra il diritto del creditore ipotecario, che vede estesa la garanzia anche ai miglioramenti, addizioni e costruzioni, ancorchè separabili, e il diritto del terzo acquirente di separare il relativo valore dal prezzo di vendita prevale, a norma dell'art. 2864 c.c., quest'ultimo allo scopo di evitare un ingiustificato arricchimento a favore del creditore ipotecario derivante da una condotta del terzo, con ulteriore danno per quest'ultimo, che si aggiungerebbe alla perdita del bene ipotecato.
      Prevalenza dei diritti del terzo- nella fattispecie, rispetto al rivendicante esecutante- che dovrebbe costituire il principio di fondo regolatrice di tutte le ipotesi in cui un soggetto nella sua qualità di proprietario effettui migliorie o addizioni sul bene di cui dispone, che poi per una ragione qualunque, può diventare oggetto di una espropriazione da parte di creditori non propri. Abbiamo usato volutamente il condizionale perché le conclusioni cui siamo pervenuti sono frutto di una nostra elaborazione, sintetizzata nei passaggi esposti, ma, in mancanza di precedenti specifici (che non ci risultano) rimane una opinione.
      Zucchetti Sg Srl