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creditore revocante e frazionamento ipotecario

  • Simone Ventura

    Roma
    03/05/2018 09:44

    creditore revocante e frazionamento ipotecario

    Un immobile è stato acquistato per due quote indivise al 50% ciascuna in due tempi diversi.
    La prima con mutuo ipotecario contratto dall'acquirente; la seconda con accollo del mutuo precedentemente sottoscritto dal cedente e accollato al cessionario.
    Per entrambi i mutui il proprietario della quota mutuatario ha goduto della dazione d'ipoteca a proprio favore dall'altro quotista.
    La banca mutuante voleva infatti garantirsi sull'intero anche nel caso in cui uno solo dei due mutuatari risultasse insolvente.
    La seconda compravendita è stata revocata ed il creditore vittorioso in revocatoria ha chiesto la divisione dell'immobile per poter aggredire la quota pignorata del 50%.
    Il cessionario mutuatario interrompe il pagamento delle rate dei due mutui per non favorire il creditore revocante liberando l'immobile dalla garanzia ipotecaria.
    La quota del 50% oggetto dell'aggressione del creditore revocante copre l'intero debito residuo dei due mutui in linea capitale e interessi.
    Stante l'indivisibilità dell'ipoteca, la banca mutuante non ha interesse a pignorare a sua volta l'intera proprietà per l'insolvenza del mutuatario cessionario ora debitore di entrambi i mutui, in quanto riesce a soddisfarsi per l'intero suo credito dalla sola esecuzione del 50% della quota aggredita dal revocante intervenendo in prelazione ipotecaria.
    Può il creditore revocante pretendere il frazionamento ipotecario e far concorrere il creditore ipotecario con la prelazione solo per il proprio credito attribuibile alla quota del 50% pignorata dal revocante e non per l'intero suo credito?
    Non dovrebbe applicarsi l'art. 2825 c.c. in quanto non sussiste allo stato una situazione di comunione sul bene immobile tra cessionario e cedente, in quanto la revocatoria rende inefficace la compravendita per il creditore revocante solo ai fini del mantenimento della garanzia patrimoniale. Non interviene infatti alcun effetto restitutorio della proprietà dell'immobile al debitore del creditore revocante.
    La compravendita è pienamente efficace erga omnes per quanto concerne la titolarità della proprietà piena in capo al solo cessionario.
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      03/05/2018 18:20

      RE: creditore revocante e frazionamento ipotecario

      Nel momento in cui A e B acquistano l'immobile X per la quota del 50% ciascuno e sottoscrivono due mutui, ognuno dei comproprietari concede ipoteca alla banca a garanzia del proprio debito per il finanziamento ricevuto e a garanzia anche del debito dell'altro comproprietario per il finanziamento a questi effettuato, per cui la banca, fin dall'inizio, ha un credito nei confronti di A e altro nei confronti di B, entrambi assistiti da ipoteca che grava su tutte e due le quote acquistate e, quindi sull'intero immobile tesa a garantire non solo il debito di A o di B, ma il debito complessivo di entrambi. Quando, successivamente A ha acquistato la quota del 50% di B, si è accollato il mutuo di B, di modo che l'attuale proprietario A è debitore non solo del debito originario da lui contratto (per la parte ovviamente ancora da pagare) ma anche del debito originariamente contratto da B, assistito dall'ipoteca data da B e da A sulla propria quota; ora, pertanto, esiste un debito unico di A verso la banca, che è garantita da una ipoteca che colpisce l'intero immobile.
      In questa situazione, complessa ma decifrabile, interviene un fatto nuovo e cioè la revoca dell'atto di vendita della quota del 50% dell'immobile da B ad A, promossa evidentemente da un creditore di B, il che, come lei ben dice, non determina il ritorno del bene nella sfera giuridico economica di B, ma comporta solo che il bene oggetto dell'atto di disposizione posto in essere dal debitore, pur restando nel patrimonio del terzo acquirente A, può essere aggredito dal creditore che ha esperito vittoriosamente l'azione revocatoria a tutela del proprio credito. Costui, tuttavia, avendo ottenuto la revoca della vendita della quota del 50% della proprietà, può agire in via esecutiva soltanto su questa quota, pignorando, cioè, la quota del 50% dell'immobile.
      A questo punto sorge il problema abbastanza anomalo di come possa il rivendicante agire esecutivamente su una quota di un bene non in comproprietà. Invero gli artt. 599,600 e 601 cpc. dettano una procedura per i casi in cui oggetto dell'esecuzione sia non il bene indiviso ma solo una quota ideale di tale bene, ma sempre con riferimento a beni indivisi, tanto che prevedono la notifica dell'avvenuto pignoramento anche ai comproprietari, l'audizione di questi ecc.. In linea di principio verrebbe da dire che tale procedura non è applicabile alla fattispecie perché qui non esiste una situazione di comproprietà appartenendo l'intero immobile ad un unico proprietario; tuttavia, poiché il rivendicante non può essere privato del diritto di procedere ad esecuzione per recuperare il suo credito cui è finalizzata la revocatoria, riteniamo che questi possa egualmente ricorrere a tale normativa, che prevede, in primo luogo la possibilità di separazione in natura della quota da parte del giudice, che poi dispone la vendita o l'assegnazione. Qualora la separazione in natura della quota non sia possibile (oppure non venga richiesta, "il giudice dispone che si proceda alla divisione a norma del codice civile, salvo che ritenga probabile la vendita della quota indivisa ad un prezzo pari o superiore al valore della stessa, determinato a norma dell'art. 568 cpc" (comma secondo art. 600). Ossia, se la separazione naturale della quota del debitore non è richiesta o non è possibile, il giudice è tenuto, indipendentemente dalla richiesta di parte, a disporre la divisione (per cui si instaura un ordinario giudizio di divisione con la conseguenziale sospensione del processo esecutivo), a meno che non ritenga probabile che possa essere venduta direttamente la quota indivisa ad un prezzo pari o superiore al valore di stima della quota medesima,
      Ad ogni modo, al di là di questa problematica, su cui non abbiamo trovato alcun precedente specifico, non vediamo in base a quale norma il creditore in esecuzione possa chiedere il frazionamento dell'ipoteca, posto che, a norma dell'art. 2809 c.c., l'ipoteca è indivisibile e sussiste per intero sopra tutti i beni vincolati e sopra ciascuno di essi e sopra ogni loro parte. Muovendo da questa premessa il frazionamento si sostanzia in un diritto del debitore ad ottenere, in determinate situazioni (ad esempio, nel caso di mutuo fondiario stipulato da un costruttore e garantito da ipoteca avente ad oggetto dapprima il terreno e successivamente, per il principio di estensione dell'ipoteca sulle sopraelevazioni, il fabbricato realizzato) che l'importo del mutuo originario venga ripartito in tante porzioni quante sono le unità immobiliari, con conseguente ripartizione dell'ipoteca in tanti "lotti" quante sono le porzioni del finanziamento createsi.
      Si potrebbe configurare l'ipotesi della riduzione dell'ipoteca, ma a parte che bisognerebbe verificare se ricorre una delle ipotesi previste dagli artt. 2782 e segg c.c., crediamo non possa essere a ciò legittimato il terzo pignorante. E' noto, infatti, che il legislatore introduce la riduzione e restrizione dell'ipoteca come il rimedio che l'ordinamento attribuisce al proprietario del bene per contenere gli abusi eventualmente compiuti dal creditore il quale, pur effettivamente titolare di un diritto all'ipoteca, ne realizzi il vincolo o su un complesso sovrabbondante di beni (restrizione) o per una somma esageratamente maggiore rispetto al diritto cautelando (riduzione).
      Dando per scontato, quindi che il creditore rivendicante possa agire in via esecutiva sulla quota compromessa con le regole di cui agli artt. 599 e segg. cpc, riteniamo che la banca che interviene nell'esecuzione possa far valere il proprio credito per intero anche sulla quota espropriata.
      Zucchetti Sg srl
      • Simone Ventura

        Roma
        07/05/2018 10:40

        RE: RE: creditore revocante e frazionamento ipotecario

        Ringrazio per la puntuale e circostanziata risposta ricevuta in cui mi si conferma che l'intervento accessorio del creditore ipotecario per l'intero proprio credito a valere sul procedimento esecutivo incardinato solo su una quota di proprietà immobiliare da parte del creditore revocante, può essere soddisfatto per l'intero credito ipotecario anche solo sulla quota espropriata ove capiente.
        Mi domando, a questo punto, se la scelta tutelante adottata dal cessionario terzo espropriato della quota espropriata attribuita al debitore esecutato cedente, che ha interrotto il pagamento delle rate dei mutui ipotecari pur potendovi assolvere, proprio per non liberare la garanzia ipotecaria a beneficio del creditore revocante, possa dare titolo a quest'ultimo di chiedere e chiamare in giudizio il cessionario per il risarcimento ex art. 2043 c.c. per fatto illecito.
        In sintesi, può raffigurarsi in capo al cessionario che ha interrotto il pagamento delle rate, una qualsiasi ipotesi di fatto colposo cagionante al creditore revocante un danno igiusto?
        Riterrei di no in quanto la res, oggetto dell'espropriazione esecutiva, non è stata danneggiata o svilita nel proprio valore dal cessionario terzo proprietario.
        La decisione del terzo cesionario di divenire per così dire debitore "strumentalmente" insolvente proprio per non favorire l'espropriazione della quota da parte del creditore revocante con liberazione parziale o totale del debito ipotecario in proprio danno, ritengo non possa qualificarsi nella fattispecie di cui all' art. 2043 c.c., citato.
        Con i migliori saluti

        Simone Ventura
        • Zucchetti SG

          Vicenza
          08/05/2018 08:40

          RE: RE: RE: creditore revocante e frazionamento ipotecario

          Condividiamo, in primo luogo, il corretto richiamo della responsabilità extracontrattuale di cui all'art. 2043 c.c., dato che il comportamento omissivo di A che non paga il mutuo alla banca viene in considerazione non nel rapporto debitore A creditore banca, ma quale fatto generatore di un danno al terzo che non riuscirà a soddisfarsi del suo credito verso B sul bene oggetto del contratto di vendita da B ad A revocato, per la presenza prioritaria dell'ipoteca della banca. Invero, nella precedente risposta avevamo sintetizzato la fattispecie come segue: revoca dell'atto di vendita della quota del 50% dell'immobile da B ad A, promossa evidentemente da un creditore di B; azione esecutiva del rivendicante vittorioso sulla quota del 50% oggetto della compravendita revocata; presenza sull'intero immobile interessato di iscrizione ipotecaria a garanzia dei debiti di A verso una banca, che ha smesso di pagare.
          Così definiti i contorni della fattispecie, condividiamo anche la sua conclusione che l'interrotto pagamento delle rate del debito verso la banca non comporta un danno risarcibile in favore del terzo creditore che ha ottenuto la revoca della compravendita; invero, non ogni fatto o atto che rechi o possa recare danno ad altri genera l'obbligo del risarcimento del danno posto che, a norma dell'art. 2043 c.c. deve trattarsi di atti o fatti in contrasto con un dovere giuridico, nel che consiste la antigiuridicità che la norma citata sintetizza nel "danno ingiusto".
          Pur essendo passato il tempo in cui si riteneva che la antigiuridicità consistesse soltanto nella violazione di una norma primaria che riconosceva diritti soggettivi assoluti che si assumevano lesi, la lesione del diritto di credito non ha raggiunto una generalizzata tutela, ma è limitata a casi che si sono via via imposti attraverso interpretazioni giurisprudenziali, a partire dalla famosa sentenza nel caso del calciatore Meroni del 1971; nel fattispecie il terzo revocante dovrebbe lamentare una lesione del suo diritto a soddisfarsi del credito vantato verso B, per il fatto che A (cessionario della vendita revocata) non ha pagato un suo creditore che risulterà prioritario rispetto al rivendicante nell'esecuzione da questi promossa. Non ci risultano precedenti assimilabili a questa ipotesi e comunque non vediamo la violazione di un diritto giuridicamente protetto da una norma di legge; a parte il fatto che tutto ciò presupporrebbe la prova, da parte del terzo revocante, che A non ha pagato le rate di mutuo alla banca allo scopo di non consentirgli l'esercizio del suo diritto a soddisfarsi sulla quota dell'immobile.
          Ad ogni modo, quand'anche il terzo riuscisse a fornire una prova del genere, al più si potrebbe ipotizzare la sussistenza dell'abuso del diritto, categoria anche questa non agevolmente adattabile alla fattispecie.
          Zucchetti Sg srl