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CONTRIBUTO DI PUBBLICAZIONE

  • Paola Troiano

    Serracapriola (FG)
    31/08/2018 12:04

    CONTRIBUTO DI PUBBLICAZIONE

    Buongiorno,
    volevo chiederle, a proposito del contributo di pubblicazione, quali sono i casi in cui esso è dovuto. Mi riferisco, in particolare, ai beni mobili registrati di valore inferiore ai 25 mila euro, di cui all'art. 490, comma secondo, c.p.c., ai beni mobili registrati che non siano ancora stati iscritti nei pubblici registri ed alle partecipazioni societarie.
    Grazie
    • Zucchetti SG

      01/09/2018 09:31

      RE: CONTRIBUTO DI PUBBLICAZIONE

      Le domande poste sono più d'una, e ruotano attorno alla previsione di cui all'art. 18-bis del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, (Testo Unico Spese di Giustizia) inserito dall'art. 15, comma 1, D.L. 27/6/2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6/8/2015, n. 132, secondo il quale la pubblicazione dell'avviso di vendita sul Portale sconta il contributo di pubblicazione quando ha ad oggetto beni immobili e "mobili registrati".
      Il tenore letterale della norma, nel riferirsi genericamente ai beni mobili registrati (con espressione per la verità estranea al lessico del codice civile, laddove si parla sempre di "beni mobili iscritti in pubblici registri"), non consente quella distinzione che invece si ricava dalla lettura del secondo comma dell'art. 490 c.p.c., (il quale regola esclusivamente il regime pubblicitario sui siti internet dei beni mobili registrati di valore superiore ad €. 25.000,00 e dei beni immobili) con la conseguenza per cui:
      da un lato, il pagamento del contributo di pubblicazione non è dovuto per le vendite che abbiano ad
      oggetto i beni mobili non registrati, indipendentemente dal loro valore;
      dall'altro, esso è sempre dovuto per i beni mobili registrati, indipendentemente dal loro valore.
      Con riferimento ai beni mobili "registrabili" cioè quei beni mobili non iscritti nei pubblici registri ma suscettibili di iscrizione, osserviamo che il dato normativo di riferimento deve essere ricercato nell'art. 815 c.c, il quale a proposito dei beni mobili "iscritti in pubblici registri" prevede che essi sono soggetti alle disposizioni che li riguardano, ed in mancanza alle disposizioni relative ai beni mobili.
      Se così è, riteniamo che il bene mobile non (ancora) iscritto nei pubblici registi (o non più iscritto) non sconti il pagamento del contributo di pubblicazione poiché non si è verificato ancora il presupposto normativo in forza del quale il legislatore prescrive, per esso, un particolare regime giuridico.
      Più articolata e la risposta relativa alla necessità che sia versato il contributo di pubblicazione allorquando la vendita abbia ad oggetto partecipazioni societarie.
      La risposta a questa domanda costituisce infatti il precipitato di un tema più ampio che attiene alla natura della partecipazione ed alla conseguente forma del relativo pignoramento, noto essendo che per oltre un ventennio intorno ad esso si è sviluppato un acceso dibattito che vedeva sostanzialmente schierati due fronti contrapposti: il primo riteneva che la quota societaria si atteggiasse quale diritto di credito del titolare nei confronti della società medesima, e da questo ricavava il corollario per cui il pignoramento della quota dovesse dipanarsi nelle forme del pignoramento presso terzi; il secondo considerava invece la quota societaria come bene mobile immateriale, che dunque poteva essere sottoposta ad esecuzione secondo le regole processuali di cui all'art. 513 e ss c.p.c. (non sono mancate le posizioni più sfumate di coloro i quali, preso atto dell'assenza di previsioni normative ad hoc, hanno proceduto per esclusione, ricercando il modello che, nella sostanza, fosse meno incompatibile con l'oggetto del pignoramento, e desse luogo ai minori inconvenienti pratici)
      L'art. 2471, comma primo, c.c., nel testo elaborato dal d.lgs n 6/2003 dispone che il pignoramento della partecipazione si esegue mediante notificazione al debitore e alla società e successiva iscrizione nel registro delle imprese, dal che la prevalente dottrina ha tratto spunto per affermare che il nuovo modello di pignoramento diretto della quota vale a connotarla quale bene mobile immateriale.
      In dottrina, sebbene sembri prevalere l'idea per cui la partecipazione societaria vada qualificata come bene mobile, si tende ad escludere la possibilità che la stessa possa essere ascritta alla sub specie dei beni mobili registrati.
      Si afferma infatti che il sistema pubblicitario proprio del Registro delle Imprese ha funzione informativa e non può essere assimilato al regime circolatorio proprio dei beni immobili e dei beni mobili registrati, poiché mentre per questi in caso di conflitto tra più acquirenti prevale colui che ha provveduto per primo alla trascrizione, per le quote sociali il terzo comma dell'art. 2740 richiede l'ulteriore requisito della buona fede.
      Anche la giurisprudenza prevalente nega che le partecipazioni societarie possano ricomprendersi nel novero dei beni mobili registrati, osservandosi che "la quota di partecipazione in una s.r.l. esprime una posizione contrattuale obiettivata, che va considerata come un bene immateriale equiparato al bene mobile non iscritto in pubblico registro … La quota, quindi, se non può considerarsi come un bene materiale al pari dell'azione, tuttavia ha un valore patrimoniale oggettivo, che è dato dalla frazione del patrimonio che rappresenta; ed è trattata dalla legge come oggetto unitario di diritti, oltre che di obblighi …. Conferma dell'equiparazione della quota al bene mobile non registrato si ricava anche dall'art. 2482 c.c., comma 2 e art. 2483 c.c., dai quali risulta che la quota di s.r.l. è oggetto del diritto di proprietà e può essere acquistata, con trasferimento dello stesso diritto da un soggetto all'altro" (Cass. civ. 21.10.09, n. 22361; nello stesso senso, Cass. civ. 18.6.14, n. 13903) sebbene (per la verità con riferimento ad una fattispecie anteriore all'entrata in vigore del d.lgs 6/2003) vada registrato un contrario arresto della Corte di cassazione, a giudizio della quale è problematica, ed è utilizzabile e utilizzata solo in senso improprio, la stessa qualificazione della quota come un bene mobile (Cass. civ., 16.5.14, n. 10826).
      Non mancano tuttavia arresti di segno contrario. Tra essi, il più recente è rappresentato dalla sentenza del 22.12.2017 pronunciata dal Tribunale di Milano, il quale ha dedotto il proprio convincimento dal fatto che il registro delle imprese è consultabile non solo da parte dei soci, ma da chiunque lo voglia. Nella medesima direzione si registrano Trib. Ferrara, 9.5.2005, Trib. Alessandria 27 gennaio 2010. Anche Cass. 18.8.2017, n. 20170 ha rilevato incidentalmente come non sia "corretto inferire la natura del bene … dagli effetti della sua pubblicità, piuttosto che prendere atto della previsione di un apposito regime pubblicitario che, di per sé, è idoneo a differenziare la partecipazione sociale dai beni mobili immateriali nonché dai beni mobili suscettibili di "possesso"…".
      Così succintamente ricostruito il panorama dottrinario e giurisprudenziale di riferimento, riteniamo che, quanto meno sotto il profilo del pagamento del contributo di pubblicazione, le partecipazioni societarie vadano qualificate come beni mobili registrati.
      A questo proposito appare decisivo il rilievo per cui, se è certamente vero che il regime pubblicitario dei beni mobili registrati individua, quale criterio regolatore dei conflitti tra una pluralità di aventi causa, il solo requisito della trascrizione, laddove invece nelle partecipazioni societarie il legislatore della riforma del 2003 introduce l'ulteriore canone della buona fede, è altrettanto innegabile che, quale che sia la valenza della iscrizione, essa è comunque prevista espressamente dal legislatore con l'art. 2470, comma secondo, c.c. laddove è previsto che "l'atto di trasferimento … deve essere depositato … presso l'ufficio del registro delle imprese", il che basta ad affermare che le partecipazioni societarie sono beni iscritti in pubblici registri, secondo quanto prescritto dall'art. 815 c.c.
      Insomma, non ci sembra che la parziale divergenza di effetti cui soggiace l'iscrizione nel registro delle imprese dei trasferimenti societari rispetto alla disciplina circolatoria tipica degli altri beni mobili registrati sia argomento sufficiente per espungere i primi dalla categoria, in presenza di un dato normativo che sul punto costituisce l'espressione di una chiara voluntas legis.
      Del resto, non essendo possibile rinvenire un tertium genus rispetto alle due categorie dei beni mobili registrati e dei beni mobili non registrati, non v'è chi non veda come il dato che complessivamente emerge dal combinato disposto degli artt. 2470, 2471 e 2193 c.c. consente di assimilare le quote societarie ai beni mobili registrati piuttosto che a quelli non registrati.