Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - PASSIVO E RIVENDICHE

ammissione al passivo dipendente

  • Roberto Marcianesi

    Cuggiono (MI)
    05/06/2019 11:27

    ammissione al passivo dipendente

    Spettabile Fallco,
    con la presente vorrei sottoporre alla Vostra attenzione il seguente quesito.
    Un dipendente di una società dichiarata fallita il 28.02.2019, ha presentato domanda di ammissione al privilegio, fornendo come prova del credito (oltre ai cedolini) una sentenza divenuta esecutiva in data successiva alla dichiarazione di fallimento (notificandola sulla pec della procedura il 12.03.2019).
    Successivamente ha presentato istanza di ammissione anche il legale del dipendente, chiedendo di venire ammessa al chirografo in base a quanto liquidato nella suddetta sentenza.
    A mio giudizio il dipendente deve essere ammesso per il minor importo derivante dalle buste paga fornite e dal conteggio del TFR, mentre l'asserito credito del legale non può essere opposto al fallimento, essendo la sentenza - come detto - divenuta esecutiva in data successiva al fallimento. In caso contrario infatti detto credito avrebbe anch'esso natura privilegiata.
    Vorrei sapere se il mio ragionamento è corretto e se vi sono delle sentenze in merito.
    Nel ringraziarVi anticipatamente, porgo i miei più cordiali saluti.
    • Zucchetti Software Giuridico srl

      Vicenza
      05/06/2019 20:20

      RE: ammissione al passivo dipendente

      Ai fini della anteriorità o meno al fallimento, viene in considerazione la data del deposito della sentenza deliberata e pubblicata appunto con il deposito in cancelleria. Se la sentenza è emessa prima della dichiarazione di fallimento, la stessa è opponibile al fallimento, ma gli effetti sono diversi a seconda che: a- alla data del fallimento la sentenza sia passata in giudicato, nel qual caso, la stessa, oltre che opponibile al fallimento, è vincolante per il giudice fallimentare, che ad essa deve attenersi; b-alla data del fallimento la sentenza, depositata prima di questo evento, non sia ancora passata in giudicato, nel qual caso trova applicazione l'art. 96, co. 2, n. 3, l.fall., che impone l'ammissione con riserva dei crediti accertati con sentenza del giudice ordinario o speciale non passata in giudicato, pronunziata prima della dichiarazione di fallimento, sempre che il curatore proponga o prosegua il giudizio di impugnazione. Se, invece, la sentenza è emessa e depositata successivamente alla data del fallimento, la stessa non è opponibile al fallimento.
      Quando da questo sintetico quadro di carattere generale, si passa alle sentenze in materia di lavoro, bisogna tenere conto che qui il giudice legge in udienza il dispositivo e poi stende la sentenza, nel termine massimo di sessanta giorni, e la deposita in cancelleria, per cui in questa materia si pone il problema se quanto detto in precedenza con riferimento al deposito della sentenza va riferito al deposito del dispositivo o della sentenza completa; questione che crediamo nel caso da lei rappresentato abbia rilievo dati tempi ristretti in cui la vicenda si è consumata e al fatto che lei parla di sentenza divenuta esecutiva in data successiva alla dichiarazione di fallimento, senza altra precisazione.
      Orbene , nei giudizi di lavoro è sufficiente che sia stato letto il dispositivo, perché nel rito del lavoro, sebbene la sentenza venga ad esistenza con la pubblicazione mediante il deposito in cancelleria, il dispositivo letto in udienza, con il comando giudiziale in esso espresso, ha una autonoma efficacia esterna essendo consentita l'esecuzione già in forza dello stesso. Anche recentissimamente, infatti, la S. Corte (Cass. 11/04/2019, n.10238) ha statuito che "In tema di processo del lavoro, il dispositivo letto in udienza e depositato in cancelleria ha una rilevanza autonoma poiché racchiude gli elementi del comando giudiziale che non possono essere mutati in sede di redazione della motivazione e non è suscettibile di interpretazione per mezzo della motivazione medesima, sicché le proposizioni contenute in quest'ultima e contrastanti col dispositivo devono considerarsi come non apposte e non sono suscettibili di passare in giudicato od arrecare un pregiudizio giuridicamente apprezzabile" (Conf. Cass. 20/08/2018, n.20796; Cass. 07/06/2018, n.14724, per la quale il termine lungo per impugnare decorre dalla lettura del dispositivo; e per vari fini Cass. 29/05/ 2012, n. 8529; Cass. 23/02/2007, n. 4208; Cass. 12/05/2005, n. 9968; ecc.).
      Alla luce di quanto detto, le conclusioni può trarle lei. Sinteticamente così le riassumiamo:
      a- se il dispositivo è stato emesso dopo la dichiarazione di fallimento, esso e l'intera sentenza del giudice del lavoro non sono opponibili al fallimento;
      b- se il dispositivo è stato emesso prima del fallimento e la sentenza del giudice di lavoro è passata in giudicato prima sempre del fallimento, la stessa non può essere modificata;
      c- se il dispositivo è stato emesso prima del fallimento ma la sentenza non è passata in giudicato a quella data (ipotesi la più probabile a quanto deduciamo), se non si è d'accordo su quanto stabilito nella sentenza, il curatore deve impugnare la stessa e il credito insinuato va ammesso al passivo con riserva dell'esito della decisione.
      Questa varietà di ipotesi si riflette anche sul credito del legale, tenendo conto, ulteriormente, che il legale può chiedere in proprio il rimborso delle spese liquidate in sentenza solo se antistatario (ossia se è stato riconosciuto che lui ha anticipato le spese e non riscossi gli onorari). In ogni caso il relativo credito non gode di alcun privilegio trattandosi del rimborso spese di un giudizio di cognizione, per le quali la legge non attribuisce alcun privilegio (gli artt. 2755 2770 c.c. si riferiscono alle spese dei giudizi esecutivi e cautelari soltanto); né è applicabile l'art. 2751 bis n. 2 c.c., perché questo privilegio assiste i crediti del professionista nel rapporto con il proprio cliente e non le spese del giudizio di cognizione poste a carico della controparte.
      .Zucchetti Sg srl