Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - PASSIVO E RIVENDICHE

Insinuazione al passivo di un dipendente ultratardiva dopo 6 anni dalla dichiarazione di fallimento

  • Sabrina Condemi

    Reggio Calabria (RC)
    16/10/2024 01:47

    Insinuazione al passivo di un dipendente ultratardiva dopo 6 anni dalla dichiarazione di fallimento

    Premessa
    - dichiarazione di fallimento di srl sentenza aprile 2019
    - stato attuale della procedura: approvazione rendiconto finale e compenso curatore liquidato. In attesa di riparto finale.
    - verbale di inventario negativo assenza di sede legale/operativa, unica massa attiva appresa per subentro in una procedura esecutiva del 2001 (al tempo ancora pendente) ex art. 107 lf (piu liquidità rinvenuta in una carta di debito).
    - la società non ha mai depositato bilanci per oltre un decennio precedente alla dichiarazione di fallimento, assenza di impianto contabile per lo stesso periodo.
    -domanda di insinuazione di un dipendente ultratardiva del 10/10/24 motivando la mancata ricezione della comunicazione ex art 92.
    - la domanda é corredata da una diffida accertativa dell'ispettorato del lavoro notificata nel 2017
    - un altro ex dipendente si e' invece insinuato tempestivamente (circostanza rilevante?)
    - la comunicazione ex art 92 é stata mandata ai creditori conosciuti e potenziali (enti banche etc..) non avendo alcuna possibilita' di ricostruire i rapporti di lavoro (probabilmente tutti risalenti a prima del 2008) in totale assenza di libri contabili e qualsiasi altra documentazione.
    Domanda:
    1) puo' ritenersi non imputabile a negligenza la circostanza che in dipendente in possesso di una diffida accertativa non ha mai dato impulso ad oggi é stato ad un precetto ovvero tentato di acquisire informazioni sullo stato della società tenuto conto che l'inadempienza datoriale è risalente ad un credito maturato nel 2008, la diffida accertativa é risalente al 2017 e la società é fallita nel 2019?
    2) se si al punto 1, e quindi puo definirsi Non imputabile al creditore, il curatore deve fare istanza al GD per fissare udienza ultratardiva, non potendosi ritenere orescritto il credito in quanto vale la prescrizione decennale dell'efficacia del titolo esecutivo anche nel caso della diffida accertativa?
    3) come parteciperanno al riparto i creditori tempestivi, tardivi e ultardivi tenuto conto che la mole di debiti é neanche minimamente soddisfatta dall'attivo liquidato e non é stato mai fatto un riparto parziale? É corretto predisporre il riparto pagando la prededuzione prima e poi, in base alla graduazione, una percentuale uguale a tutti i creditori privilegiati fino a concorrenza delle somme all'attivo che certamente nel caso specifico risulteranno insufficienti?
    4) sarebbero prescritti i crediti da lavoro per l'inps del dipendente ultratardivo rispetto al diritto di accedere al fondo di garanzia tenuto conto che il rapporto é cessato nel 2008? Se fosse prescritto il diritto di accedere al fondo di garanzia la procedura potrebbe chiudersi o si deve attendere l'eventuale rigetto/accoglimento della richiesta di accesso al fondo dell'Inps nell'eventualità accolga e pretenda la surroga?
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      16/10/2024 20:18

      RE: Insinuazione al passivo di un dipendente ultratardiva dopo 6 anni dalla dichiarazione di fallimento

      La prima questione che si pone è se la domanda debba essere esaminata o possa il curatore proseguire con il riparto finale e chiudere il fallimento. Da quanto espone abbiamo desunto che , benchè l'attivo non sia consistente, una quota dei crediti dei dipendenti potrà essere soddisfatta, per cui l'eventuale ammissione della domanda in questione potrebbe trovare una utile collocazione. Ne deriva che la domanda va esaminata per stabilire in primo luogo l'ammissibilità e, superato positivamente questo vaglio esaminarla nel merito.
      Per esaminare la domanda deve chiedere al giudice la fissazione di una apposita udienza di verifica, predisporre il progetto di verifica ecc.
      Per quanto attiene l'ammissibilità, va ricordato che la comunicazione di cui all'art. 92 l. fall. ha una funzione integrativa della pubblicità data alla sentenza di fallimento, richiesta dalla legge in quanto ritenuta necessaria per mettere i creditori in condizione di conoscere l'intervenuta dichiarazione di fallimento del loro debitore e le modalità per la partecipazione al passivo. Ne segue che la mancata comunicazione- indipendentemente dalla causa da cui è determinata, sia essa negligenza del curatore sia essa impossibilità di conoscere i creditori per mancanza di documentazione- legittima il creditore omesso a poter sostenere di non aver avuto conoscenza del fallimento e di non aver, quindi, potuto presentare domanda di insinuazione tempestiva o tardiva ordinaria. A questo punto si ha un capovolgimento dell'onere probatorio, nel senso che, essendo il ritardo del creditore giustificato dalla mancata comunicazione, è il curatore che deve dimostrare che, nonostante l'omesso invio dell'avviso di cui all'art. 92 l. fall., il creditore era a conoscenza del fallimento; si badi bene a conoscenza non di una situazione di crisi o di difficoltà nel pagamento, ma che il debitore sia stato dichiarato fallito. Nel caso, a quanto ci racconta, questa prova manca in quanto la diffida accertativa evidenzia un inadempimento nel pagamento delle retribuzioni, ma non l'intervenuto fallimento; né si può imputare al creditore di non essersi adoperato per verificare se il suo debitore era stato dichiarato fallito, in quanto questa prova gli deriva dalla comunicazione di cui all'art. 92 l. fall, la cui mancanza può, come detto, indurlo a ritenere che il suo debitore sia ancora in bonis.
      Questo discorso giustifica il ritardo come non imputabile al creditore super tardivo, per cui la sua domanda è ammissibile e quindi va valutata nel merito.
      Passando all'esame del merito (se si condivide quanto in precedenza detto) riteniamo che il curatore possa eccepire l'intervenuta prescrizione dei diritti del lavoratore dipendente. Invero, al di là del valore interruttivo che può avere sulla prescrizione del diritto di credito del lavoratore la diffida accertativa- sta di fatto che questa è stata notificata al datore di lavoro nel 2017, prima della dichiarazione di fallimento, intervenuta nel 2019, per cui il suo eventuale effetto interruttivo è stato istantaneo e non duraturo, nel senso che dalla notifica è iniziato a decorrere un nuovo periodo prescrizionale quinquennale sia per le somme dovute al prestatore con periodicità annuale o infrannuale, ai sensi dell'art. 2948, n. 4, c.c., sia per le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro, ai sensi dell'art. 2948, n. 5 c.c. (è pacifico che la più lunga prescrizione ordinaria decennale prevista dall'art. 2946
      c.c. assume nella materia lavoristica, rilievo soltanto residuale). Orbene dalla notifica della diffida accertativa del 2017 alla data della presentazione della domanda di insinuazione ultra tardiva del 10.10.2024, sono passati più di cinque anni, per cui l'eccezione di prescrizione, in mancanza di altri atti interruttivi, deve ritenersi maturata.
      Tanto dovrebbe chiudere il discorso; ad ogni modo, qualora per una qualsiasi ragione il credito fosse ammesso, lo stesso godrebbe del privilegio di cui all'art. 2751 bis n. 1 c.c. e si troverebbe nella medesima posizione degli altri lavoratori dipendenti che si sono insinuati tempestivamente, in quanto l'ammissione tradiva o ultra tardiva non rileva ai fini della graduazione ma solo se vi sono stati precedenti riparti, che nel caso non sono stati effettuati, come lei giustamente sottolinea. Pertanto lei distribuirà l'attivo a disposizione prima ai creditori prededucibili e poi passerà ai privilegiati seguendo l'ordine dei privilegi e tra privilegiati dello stesso grado provvederà alla distribuzione proporzionale, giusto il disposto dell'art. 2782 c.c..
      Zucchetti SG srl
      • Sabrina Condemi

        Reggio Calabria (RC)
        22/10/2024 12:12

        RE: RE: Insinuazione al passivo di un dipendente ultratardiva dopo 6 anni dalla dichiarazione di fallimento

        Richiamando quanto da Voi risposto: "al di là del valore interruttivo che può avere sulla prescrizione del diritto di credito del lavoratore la diffida accertativa- sta di fatto che questa è stata notificata al datore di lavoro nel 2017, prima della dichiarazione di fallimento, intervenuta nel 2019, per cui il suo eventuale effetto interruttivo è stato istantaneo e non duraturo, nel senso che dalla notifica è iniziato a decorrere un nuovo periodo prescrizionale quinquennale sia per le somme dovute al prestatore con periodicità annuale o infrannuale, ai sensi dell'art. 2948, n. 4, c.c., sia per le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro, ai sensi dell'art. 2948, n. 5 c.c. (è pacifico che la più lunga prescrizione ordinaria decennale prevista dall'art. 2946 c.c. assume nella materia lavoristica, rilievo soltanto residuale)" ,
        1)Vi chiedo di chiarire se nella Vostra analisi avete considerato la prescrizione decennale della diffida accertativa. Avendo, infatti, l' atto di diffida dell'ITL valore di titolo esecutivo, in quanto tale, a prescindere dalla natura del credito sottostante, può legittimare il creditore a presentare domanda di insinuazione ammissibile all'udienza di verifica non essendo trascorsi, nel caso specifico, dieci anni dal 2017?
        2) Vi aggiungo inoltre che ho presentato istanza per la fissazione dell'udienza di verifica e, nell'analizzare gli allegati a supporto della domanda del creditore, ho rilevato che non è stata fornita la relata di notifica della diffida accertativa che provi la notifica all'azienda datrice (debitore oggi fallito), ma soltanto la prova della notifica al lavoratore.
        In tale caso il curatore dovrà chiedere integrazione documentale al creditore affinchè possa considerare perfezionata la diffida accertativa e i suoi effetti?
        3) Se si alla domanda 2, qualora il creditore non fornisca la prova della notifica il curatore - che non ha modo di reperirla per i motivi sopra addotti (grave carenza documentale) - può ritenere non provato il perfezionamento del titolo esecutivo e quindi non ammettere il credito di lavoro per intervenuta prescrizione e nullità del titolo esecutivo, stante la diffida accertativa senza prova di notifica alla società fallita)?
        4) Esiste una norma che impone al Curatore di creare una pec dedicata alla procedura o in assenza di un'indirizzo dedicato il creditore può/deve inviare tutto all'indirizzo pec del curatore?
        Grazie
        • Zucchetti SG

          Vicenza
          22/10/2024 18:12

          RE: RE: RE: Insinuazione al passivo di un dipendente ultratardiva dopo 6 anni dalla dichiarazione di fallimento

          Quanto al primo quesito, la diffida accertativa è un provvedimento amministrativo che emette l'Ispettorato del Lavoro "qualora nell'ambito dell'attività di vigilanza emergano inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro"; in tal caso il personale ispettivo delle Direzioni del lavoro diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti, ma la diffida non muta la causa del credito oggetto della stessa (art. 12 d.lgs n. 124 del 2004). Essa , tanto per intenderci, si può equiparare ad un decreto ingiuntivo emesso dall'autorità amministrativa, peraltro senza l'iniziativa del debitore, contro cui l'ingiunto diffidato può promuovere tentativo di conciliazione e, qualora non riesca o il termine fissato dalla legge decorra inutilmente, il provvedimento di diffida acquista efficacia di titolo esecutivo, contro il quale il debitore ha ulteriori mezzi di impugnazione. La diffida accertativa quindi vale quale mezzo di interruzione della prescrizione, ed anche su questo effetto è lecito qualche dubbio visto che la diffida non proviene dal creditore né su sua istanza, ma su cui abbiamo preferito sorvolare, dato che comunque si è realizzata la prescrizione.
          Se, infatti la diffida è solo un atto che impone il pagamento dei crediti dei dipedenti, l'effetto interruttivo è collegato alla notifica del provvedimento e, poiché la notifica è intervenuta prima dell'apertura della procedura concorsuale l'effetto interruttivo è istantaneo, per cui una volta prodotta l'interruzione della prescrizione, ricominciano a decorrere i termini prescrizionali di legge dettati in ragione della causa del credito. Del resto, lo stesso l'Ispettorato nazionale del lavoro, su conforme parere del Ministero del lavoro, con la nota n. 595 del 23 gennaio 2020, nel chiarire alcuni dubbi sollevati dagli uffici periferici in ordine alla corretta interpretazione delle disposizioni inerenti alla prescrizione dei crediti da lavoro, ha in via preliminare, evidenziato che le somme corrisposte dal datore i lavoro al prestatore con periodicità annuale o infrannuale e le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro si prescrivono nel termine quinquennale, aggiungendo che la più lunga prescrizione ordinaria decennale prevista dall'art. 2946 c.c. assume, nella materia lavoristica, rilievo soltanto residuale.
          Se si segue questa interpretazione, le questioni agitate nei punti 2 e 3 sono assorbite in quanto indipendentemente dalla notifica della diffida, è maturata la prescrizione quinquennale. Ad ogni modo, qualora si voglia seguire la sua tesi della prescrizione decennale, la mancata prova della notifica della diffida accertativa al datore di lavoro, elimina l'effetto interruttivo della stessa, per cui il termine decennale incomincerebbe a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro, ossia dal 2008, per cui comunque sarebbe decorso. Da ribadire che il debitore può eccepire la prescrizione, ma è il creditore che intende sostenere l'intervenuta interruzione del termine prescrizionale che deve fornire la prova dell'evento interruttivo e, quindi, ritornando al caso, la prova dell'avvenuta notifica della diffida accertativa. In mancanza di tale prova, il curatore non ammette il credito perché prescritto il relativo diritto sia in forza di prescrizione quinquennale che decennale.
          Quanto al punto 4, l'obbligo per il curatore di creare un indirizzo di posta elettronica pe rla procedura è stato introdotto con il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179. convertito nella legge 17 dicembre 2012 n. 221 e successivamente integrato dalla legge 24 dicembre 2012 n. 228, ripreso dal nuovo codice con una importante variante, eliminata dal correttivo del 2024.
          Zucchetti SG srl