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Liquidazione controllata ex art 268 CCII e Fondo Patrimoniale Art 170 cc

  • Salvatore Ara

    ALGHERO (SS)
    01/12/2024 12:48

    Liquidazione controllata ex art 268 CCII e Fondo Patrimoniale Art 170 cc

    Nel 2024 si deposita un ricorso per liquidazione controllata ex art 268 CCII.
    Il debitore, ora persona fisica, nell'anno 2011 aveva costituito un fondo patrimoniale accludendovi diversi immobili.
    La maggior parte dell'indebitamento del ricorrente deriva dai debiti fiscali per Iva 2007/2008 e dalla revoca di alcuni contributi anni 2007/2009 per una attività imprenditoriale agricola (per investimenti/miglioramento fondo,) unica attività ad essere esercitata al tempo dal ricorrente, cessata nel 2012 (più specificatamente conferita in una cooperativa di cui il ricorrente è ora socio).
    Non risultano proposte nel tempo dai creditori azioni di revocatorie ex art 2901 cc nei confronti del fondo patrimoniale ed il termine per tale azione revocatoria è ora evidentemente perenta.
    L'art 268 com 4 let c CCII in riferimento al fondo patrimoniale fa salvo quanto disposto ex art 170 codice civile per il quale l'esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia
    La giurisprudenza, per quanto consta, ha elaborato e continua ad elaborare il concetto di bisogni della famiglia in modo ampio e non vi è indirizzo unanime quanto ai debiti connessi alle attività imprenditoriali e/o professionali nei quali potrebbero, per quanto di interesse, far rientrare i debiti fiscali e quelli della revoca del contributo agricolo, peraltro, come osservato, sorti anche in data antecedente la costituzione del fondo.

    Chiedo, cortesemente, la Vostra opinione in relazione al problema se ed in che termini i beni del fondo possano essere acclusi alla procedura della liquidazione controllata.
    Il Liquidatore/Tribunale potrebbe nel caso pretenderne l'escussione del fondo in base alle citate ampie accezioni dei bisogni della famiglia e in ragione della sussistenza di debiti sorti antecedentemente la sua costituzione.
    Ovvero, essendo decorso il termine per la revocatoria, e non essendo tale azione stata avviata in precedenza dai creditori, sarebbe ora preclusa ogni possibilità di apprensione dei beni del fondo alla procedura liquidatoria; in tale ultimo caso, cioè di non apprensione del fondo alla procedura, a vostro parere i creditori possono procedere in executivis su beni ricompresi nel fondo patrimoniale anche in pendenza della procedura di liquidazione controllata.
    Ringrazio anticipatamente per il consueto e utile supporto.
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      02/12/2024 20:53

      RE: Liquidazione controllata ex art 268 CCII e Fondo Patrimoniale Art 170 cc

      L'art. 268 comma 4, lett. c) del codice della crisi, come già l'art. 146, comma 1, lett. c9 con riferimento alla liquidazione giudiziale, esprimono in modo più articolato e completo, rispetto all'art. 46 legge fall., il concetto che il fondo patrimoniale non può essere acquisito alla procedura , sia essa di liquidazione giudiziale che controllata in quanto il fondo realizza un patrimonio separato costituito da un complesso di beni determinati, assoggettati ad una speciale disciplina di amministrazione ed a limiti di alienabilità ed espropriabilità. Entrambe le nuove norme nell'escludere l'acquisizione alla procedura dei beni costituendi il fondo patrimoniale e dei frutti di essi, fanno salvo quanto disposto dall'art. 170 c.c., secondo il quale i creditori concorsuali possono autonomamente agire in via esecutiva sui medesimi beni se il debito è stato contratto per i bisogni della famiglia o se ignoravano che era stato contratto per esigenze estranee a tali bisogni. Possibilità quest'ultima che, per l'espressa salvezza contenuta nei citati articoli, comporta che, in caso di apertura di liquidazione giudiziale o controllata, il curatore come il liquidatore possono esercitare l'azione esecutiva sui beni costituenti il fondo negli stessi termini in cui potrebbero esercitarla i creditori, con la sola differenza che, essendo tali soggetti organi di una procedura concorsuale collettiva, possono ottenere la consegna del bene per attuarne la liquidazione in sed concorsuale nell'interesse di tutti i creditori; in sostanza gli art. 146 e 268 nei commi richiamati, hanno la stessa funzione dell'art. 165 e 274 c.c.i.i. (e in precedenza dell'art. 66 l. fall.) che consentono al curatore e al liquidatore di esercitare, iniziando o continuando, l'azione revocatoria ordinaria che compete ai creditori a norma dell'art. 2901 c.c..
      Le due questioni della revocabilità e della esecuzione, del resto, si intrecciano ma operano su piani diversi. La revocatoria riguarda la possibilità di ottenere la declaratoria della inefficacia dell'atto costituivo del fondo patrimoniale, la cui creazione, anche se effettuata da entrambi i coniugi, costituisce un atto a titolo gratuito che, rendendo i beni conferiti aggredibili solo a determinate condizioni (nei limiti accennati di cui all' art. 170 c.c. ), riduce la garanzia generale spettante ai creditori.
      Nella specie l'azione revocatoria è ampiamente prescritta per cui questo filone può essere abbandonato e si può concentrare l'attenzione sull'art. 170 c.c,, che non riguarda più l'atto costitutivo del fondo bensì, come già accennato, la possibilità per i creditori di rivalersi sui beni costituenti il fondo per la soddisfazione dei loro crediti, di modo che questo fine presuppone la validità ed efficacia del fondo patrimoniale, sia esso non ancora impugnato sia esso non più impugnabile per intervenuta prescrizione dell'azione revocatoria.
      Prima però di passare all'art. 170 c.c., va anche ricordato, per completezza che nella fattispecie non sembrano ricorrere le condizioni per l'applicazione dell'art. 2929-bis c.c. (introdotto dal d.l. n. 83 del 2015 , convertito dalla legge n. 132 del 2015 , allo scopo di rafforzare la tutela del creditore pregiudicato da un atto del suo debitore che costituisca su beni immobili o mobili registrati vincoli di indisponibilità a titolo gratuito, come appunto la costituzione di un fondo patrimoniale), che offre al creditore la possibilità di procedere direttamente ad esecuzione forzata senza necessità di ottenere, come invece necessario in precedenza, la declaratoria di inefficacia dell'atto pregiudizievole, se l'atto di indisponibilità è successivo al sorgere del credito, e richiede che il creditore sia munito di titolo esecutivo, e che entro un anno dalla data di trascrizione dell'atto pregiudizievole trascriva il pignoramento o intervenga nell'esecuzione promossa da altri. Non ci sembra dalla sua descrizione che qualche creditore abbia seguito questa strada e questo, come affermato da Cass. 12/12/2023 , n. 34757, non modifica la disciplina di legge di cui all'art. 170 c.c., in quanto tale facoltà ulteriore concessa creditore si aggiunge alla normale disciplina di legge.
      Venendo all'art. 170 c.c., va ribadito che l'azione esecutiva sui beni costituenti il fondo è legittima solo se l'obbligazione sia strumentale ai bisogni della famiglia e se il creditore non ne conosceva l'estraneità rispetto a tali bisogni, spettando al debitore esecutato che invochi l'impignorabilità dei beni stessi l'onere di provare la non ricorrenza delle suddette circostanze, che, come lei giustamente ricorda, non possono ritenersi dimostrate, né escluse, per il solo fatto dell'insorgenza del debito nell'esercizio dell'impresa, ed occorrendo procedere ad una valutazione caso per caso, mediante prudente apprezzamento degli elementi istruttori. La giurisprudenza più recente è tutta in tal senso; ricordiamo l'ultima decisione rinvenuta (Cass. 13/12/2023, n.34872) molto dettagliata in proposito, secondo la quale "Qualora sorga controversia sulla assoggettabilità dei beni ad esecuzione forzata deve, pertanto, accertarsi in fatto se il debito si possa dire contratto per soddisfare i bisogni della famiglia (o se il titolare del credito non ne conosceva l'estraneità a tali bisogni). Con la importante precisazione che, se è vero che tale finalità non si può dire sussistente per il solo fatto che il debito sia sorto nell'esercizio dell'impresa, è vero altresì che tale circostanza non è nemmeno idonea ad escludere, in via di principio, che il debito si possa dire contratto, appunto, per soddisfare tali bisogni. Per contestare il diritto del creditore ad agire esecutivamente, ed anche il diritto di iscrivere ipoteca giudiziale, il debitore opponente deve sempre dimostrare la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore procedente, e pure che il suo debito verso quest'ultimo venne contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia; la rispondenza o meno dell'atto ai bisogni della famiglia richiede una verifica estesa al riscontro di compatibilità con le più ampie esigenze dirette al pieno mantenimento e all'armonico sviluppo familiare, cosicché l'estraneità non può considerarsi desumibile soltanto dalla tipologia di atto (ad esempio, la fideiussione prestata in favore di una società) in sé e per sé considerata".
      Alla luce di questo ormai consolidato indirizzo, diventa impossibile dire in astratto se un determinato debito sia stato o non contratto per i bisogni della famiglia, essendo, come dice la giurisprudenza, sempre necessario una indagine e valutazione di fatto. Da tale qualificazione si possono trarre le indicate conseguenze sulla pignorabilità da parte dei creditori e, quindi, da parte del commissario.
      Zucchetti SG srl