Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - VARIE

Quota dello stipendio del fallito da ricomprendere nel fallimento art. 46 comma 2 L.F.

  • Bruno Franceschi

    Viareggio (LU)
    16/04/2013 09:56

    Quota dello stipendio del fallito da ricomprendere nel fallimento art. 46 comma 2 L.F.

    Buongiorno,

    in riferimento al fallimento di una Società in nome collettivo con due soci A e B falliti in proprio si chiede quanto segue.

    Al socio A viene ogni mese pagata l'indennità di disoccupazione, si chiede se quest'ultima può essere acquisita al fallimento ai sensi dell'art. 46 comma 2 L.F. con apposita istanza da presentare al G.D. ovvero non possa essere acquisita.

    Si resta a disposizione per ulteriori chiarimenti e con l'occasione si inviano cordiali saluti.

    p. Dott. Bruno Franceschi
    ap
    • Zucchetti Software Giuridico srl

      Vicenza
      16/04/2013 20:05

      RE: Quota dello stipendio del fallito da ricomprendere nel fallimento art. 46 comma 2 L.F.

      A norma del n. 2 del primo comma dell'art. 46 possono essere acquisiti al fallimento gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività quando però tali introiti superino i limiti- che compete al giudice fissare- di quanto occorre per il mantenimento del fallito e della famiglia. Orbene ci sembra difficile pensare che una indennità di disoccupazione possa superare i limiti detti posto che l'entità della stessa è normalmente a stento sufficiente a consentire la sopravvivenza.
      Zucchetti SG Srl
      • Fabrizio Tagliabracci

        Mestre (VE)
        12/04/2016 10:25

        RE: RE: Quota dello stipendio del fallito da ricomprendere nel fallimento art. 46 comma 2 L.F.

        In un caso analogo ho i due falliti che lavorano come dipendenti. Ho chiesto al G.D. la quota di retribuzione da lasciare nella loro disponbilità ed è stato emesso un provvedimento che lascia una certa somma ai falliti e dispone il versamento della differenza alla Procedura. Tuttavia, nell'istanza avevo specificato che una parte abbastanza consistente delle retribuzioni è costituita da indennità di trasferta che non sono propriamente "retribuzione" ma importi che concorrono al mantenimento del lavoratore fuori sede. Nel provvedimento non si dice nulla al proposito. A vostro avviso dette indennità di trasferta sono da corrispondere alla Procedura o vanno detratte prima di calcolare l'importo mensile da versare? Altro problema: la tredicesima: la considero una mensilità separata? Esempio: il GD stabilisce di lasciare 1.000 euro al mese al fallito. In dicembre riceve 1.200 di stipendio e 1.200 di tredicesima. Deve corrispondere 200+200 o 1.400? Vi ringrazio. Sull'argomento non sono riuscito a trovare nulla.
        • Zucchetti Software Giuridico srl

          Vicenza
          12/04/2016 19:36

          RE: RE: RE: Quota dello stipendio del fallito da ricomprendere nel fallimento art. 46 comma 2 L.F.

          E' obbiettivamente difficile trovare precedenti specifici data la peculiarità delle questioni poste.
          Quando alla indennità di trasferta, questa è un'indennità giornaliera riconosciuta al lavoratore o collaboratore che viene inviato temporaneamente in un luogo diverso dalla sede contrattuale di lavoro per effettuare la propria prestazione di lavoro. Non è regolata dalla legge, ma dai contratti collettivi, che attribuiscono a tale emolumento in alcuni casi natura retributiva, in altri risarcitoria (o di rimborso spese), o, infine, natura "mista"; il che comporta che è necessario valutare, caso per caso, ciò che le disposizioni dei singoli contratti collettivi prevedono a riguardo, prestando particolare attenzione ai principi elaborati dalla giurisprudenza. Va in proposito segnato che, secondo Trib. Genova (Trib. Genova 16 ottobre 2001, in D&L, 2002, 172) "allorquando con il termine trasferta si intenda indicare il corrispettivo della maggiore onerosità delle prestazioni rese fuori sede, il relativo emolumento ha natura esclusivamente retributiva", potendo ciò essere dedotto anche attraverso la presenza di "indizi, quali la determinazione a forfait o il pagamento a cadenza fissa pur in presenza di trasferte variabili ecc…; qualora, diversamente, vi siano elementi che indichino una natura parzialmente retributiva, la distinzione delle quote retributiva e risarcitoria deve essere effettuata in via equitativa, assumendo come riferimento la quota del 50%". Qualora, invece il datore di lavoro intenda solo indennizzare il lavoratore delle spese sostenute, l'indennità avrà semplice natura di rimborso spese e null'altro sarà dovuto al lavoratore se non il ristoro di quanto speso.
          La differenza tra la natura retributiva o risarcitoria dell'indennità di trasferta è rilevante sotto vari profili (si al diverso trattamento fiscale e contributivo da applicare, a seconda che si tratti di compensi o rimborsi spese) ed è determinante anche per la soluzione del primo quesito da lei posto, dato che il giudice ha potuto fissare solo i limiti dello stipendio o del salario che competono al fallito. Se, infatti alla indennità in questione si attribuisce natura retributiva, al lavoratore va lasciata la disponibilità della sola quota (se fissata una percentuale) stabilita calcolata sull'intero o comunque la somma fissa determinata dal giudice (le 1.000, per restare all'esempio da lei fatto). Se, invece l'indennità è configurabile quale rimborso spese, queste vanno detratte dall'importo complessivo su cui calcolare la percentuale e comunque la eventuale quota fissa va presa solo dalla retribuzione.
          Quanto alla tredicesima, questa sicuramente rientra nella retribuzione, per cui qui si tratta di capire come è formulato il provvedimento del giudice, se cioè esso sia tale da includere anche la tredicesima o escluderla. Se, come lei dice, il giudice ha disposto di lasciare 1.000 euro al mese al fallito, questo è l'importo massimo che mensimente il lavoratore può pretendere, anche se in un mese guadagna il doppio o il triplo per le più svariate ragioni. Di conseguenza il datore di lavoro deve corrispondere al fallimento, le 200 di retribuzione superiori alle mille e le 1.200 della tredicesima. Tutto ciò è abbastanza ingiusto, ma anche il fallito potrebbe attivarsi per ottenere una modifica del provvedimento del giudice.
          Zucchetti SG srl
    • Alessandro Civati

      Milano
      01/07/2025 17:39

      RE: Quota dello stipendio del fallito da ricomprendere nel fallimento art. 46 comma 2 L.F.

      Buonasera.
      Mi ricollego al post per sottoporvi il seguente dubbio.
      In una liquidazione giudiziale personale, relativa a socio di s.n.c., si viene a conoscenza del fatto che il socio lavora come dipendente e, ovviamente, percepisce uno stipendio.
      Cosa deve fare il curatore? ricorrere al GD per far fissare la quota di stipendio che non rientra nella liquidazione giudiziale e, una volta ottenuto il provvedimento, rivolgersi al datore di lavoro invitandolo a versare mensilmente, nelle casse della Procedura, la differenza?
      oppure deve essere il debitore a ricorrere al GD ex art. 146 lett. b), potendo il curatore, nelle more, acquisire l'intero emolumento?
      Dalle lettura di alcuni manuali di diritto fallimentare parrebbe che sino alla daterminazione del GD il curatore nulla possa apprendere, poiché la regola dell'art. 43 LF (oggi art. 146 CCII) è quella dell'esclusione e non dell'acquisizione, sicché, ove si ritenesse che il ricorso al GD possa essere depositato solo dal debitore, di fatto quest'ultimo potrebbe impedire alla curatela di acquisire la quota di stipendio "pignorabile".
      D'altra parte, il curatore, normalmente, non ha a disposizione molti dati per consentire al Giudice di stabilire quale frazione dello stipendio debba essere esclusa dalla liquidazione giudiziale, mentre il debitore è certamente in grado di descrivere accuratamente la propria situazione finanziaria.
      Immagino poi che per la determinazione della quota di stipendio "non pignorabile" si debbano considerare anche le condizioni economico-finanziarie della famiglia del debitore (si pensi ad un debitore coniugato, con figli, il cui coniuge percepisce a sua volta uno stipendio).
      IN definitiva sono a chedere come si debba comportare il curatore in una situazione di questo genere e se a vostro parere sia legittimato a presentare ricorso al GD ai sensi dell'art. 146 CCII.
      Ringrazio e porgo cordiali saluti.
      • Zucchetti Software Giuridico srl

        Vicenza
        03/07/2025 12:37

        RE: RE: Quota dello stipendio del fallito da ricomprendere nel fallimento art. 46 comma 2 L.F.

        L'articolo 46 legge fallinica quali beni non sono compresi nel fallimento e, in particolare, stabilisce che non rientrano nel fallimento gli stipendi, le pensioni, i salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività professionale, entro i limiti che saranno fissati con decreto motivato dal giudice delegato, tenendo conto della condizione personale del fallito e di quella della sua famiglia .L'art. 146 CCIIripropone la stessa norma, per cui faremo riferimento alla legge fallimentare in quanto nel suo vigore si è formata una significativa giurisprudenza, che vale anche per l'attuale norma del codice della crisi.
        Questa disposizione, pur nella diversità di alcune interpretazioni, è stata letta dalla Cassazione nel senso che il diritto del fallito di percepire e trattenere gli emolumenti necessari al mantenimento suo e della sua famiglia sussiste già prima che intervenga il decreto del giudice delegato che ne fissi la misura ed indipendentemente da esso, sicché, da un lato, l'acquisizione della pensione o dello stipendio all'attivo fallimentare non può essere totale neppure per il periodo precedente l'emissione di tale decreto, e, dall'altro, il decreto in questione ha natura dichiarativa ed efficacia retroattiva, comportando l'inefficacia ex art. 44 l.f., per la parte eccedente il limite fissato, dei pagamenti – relativi a stipendi e pensioni maturati dopo la dichiarazione di fallimento – già effettuati direttamente al fallito dal datore di lavoro o dall'Ente previdenziale (v. Cass. 6999/2015, Cass. 18598/2014, Cass. 18843/2012, Cass. 17751/09 e Cass. 20325/07).
        Riportiamo le massime di Cass.08.04.2015, n.6999per la quale, infatti: "Il pagamento degli stipendi, pensioni, salari e degli altri emolumenti di cui all'art. 46, comma 1 della L.F., effettuato direttamente al fallito, prima dell'emanazione del decreto con cui il G.D.
        fissi i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della sua famiglia,
        resta inefficace soltanto per gli importi eccedenti tali limiti, come determinati dal Giudice Delegato. con riferimento al periodo anteriore al suo decreto. Il diritto del fallito a percepire e trattenere gli emolumenti necessari per il mantenimento suo e della sua
        famiglia, sussiste prima ed a prescindere dal decreto del Giudice Delegato che
        ne fissi la misura, per cui ha natura dichiarativa ed efficacia retroattiva ed
        il curatore ha l'onere di richiederne la preventiva emissione al fine di poter
        documentare, in giudizio, l'eventuale eccedenza di quanto pagato direttamente
        al fallito rispetto ai limiti fissati dal Giudice Delegato".

        In sostanza il decreto del giudice delegato stabilisce i limiti entro i quali le somme per stipendi ecc. non sono comprese nel fallimento, ovvero la quota necessaria per il mantenimento del fallito e della sua famiglia; e da questa condivisibile interpretazione emerge ancor più, come anticipato anche nella massima richiamata, il potere del curatore di chiedere, con la massima tempestività al giudice delegato la determinazione di questo limite sia per definire il passato chiedendo al datore di lavoro che ha pagato male in modo inefficace ex art.44 la ripetizione della quota eccedente il limite fissato dal giudice di competenza del fallito sia per il futuro per organizzare con il datore di lavoro i pagamenti alla procedura e al fallito. Del resto tale potere del curatore, organo della procedura al quale passa la disponibilità dei beni, non è mai stato posto in dubbio anche perché, se lo escludesse il debitore fallito o in liquidazione giudiziale potrebbe, come lei stesso ha anticipato, non chiedere mai l'intervento del giudice e sottrare così beni all'attivo.
        Zucchetti SG Srl