Forum ESECUZIONI - IL PIGNORAMENTO

giudizio di divisione endosecutiva

  • Debora Campagna

    Garbagnate Mil.se (MI)
    19/06/2024 15:08

    giudizio di divisione endosecutiva

    Il comproprietario non debitore per ottenere la possibilità di chiedere ed ottenere l'assegnazione della quota pignorata deve versare la meta del prezzo base, ovvero valore della quota indicato in perizia, o è sufficiente versare la metà del valore indicato come offerta minima?
    se l'offerta è fatta correttamente il creditore può richiedere che si vada comunque alla vendita?
    • Zucchetti SG

      22/06/2024 09:23

      RE: giudizio di divisione endosecutiva

      A nostro avviso il comproprietario non può limitarsi a versare la così detta offerta minima ma deve corrispondere la metà del prezzo base più le spese del giudizio di divisione in proporzione al valore della sua quota.
      Ma andiamo con ordine.
      L'art. 599 c.p.c. consente l'espropriazione forzata e la vendita di beni mobili e immobili appartenenti pro quota al debitore. Si tratta di una novità rispetto al codice di procedura civile del 1865, che pur consentendo il pignoramento della quota, ne vietava la vendita in attesa della conclusione del giudizio di scioglimento della comunione.
      Tuttavia la prima applicazione di questa possibilità non diede affatto risultati incoraggianti poiché il mercato era scarsamente interessato all'acquisto di una quota indivisa.
      Fu così che con il d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni in l. 14 maggio 2005, n. 80, il legislatore corresse il tiro, disponendo che al pignoramento della quota segue, normalmente, non la liquidazione della stessa ma la vendita dell'intero attraverso un giudizio di scioglimento della comunione.
      Nel pignoramento di quota il vincolo colpisce la sola quota del debitore, ed i comproprietari subiscono effetti riflessi dalla espropriazione: il divieto di lasciar separare dal debitore la sua parte delle cose comuni (art. 599, comma secondo, c.p.c.); l'onere di chiamare a partecipare alla divisione i creditori iscritti e gli opponenti (art. 1113 c.c.); l'eventuale vendita forzata dell'intero bene in comunione o la sua assegnazione ad un quotista richiedente (art. 720 c.c.).
      Dal pignoramento di quota deve distinguersi l'ipotesi in cui le quote di tutti i comproprietari siano pignorate da un solo creditore, nel qual caso l'esecuzione segue le regole ordinarie (Cass., sez. I, 17 ottobre 2014, n. 22043).
      Quando si parla di espropriazione della quota si fa riferimento alla parte ideale di comproprietà o contitolarità del partecipe, sicché il pignoramento colpisce non già una parte del bene, ma tutto il bene, pro quota.
      L'art. 599, comma secondo, c.p. prevede che del pignoramento della quota è notificato avviso, a cura del creditore pignorante, anche agli altri comproprietari, ai quali è fatto divieto di lasciare separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine del giudice. Questo avviso (sottoscritto dal creditore pignorante o dal creditore intervenuto se il primo dovesse rimanere inerte) deve contenere l'indicazione del creditore pignorante, del bene pignorato, della data dell'atto di pignoramento e della trascrizione di esso (art. 180, comma primo, disp. att. c.p.c.).
      Diverso dall'avviso ai comproprietari è l'invito che ad essi deve essere rivolto ai sensi dell'art. 180, comma secondo, disp. att. c.p.c., il quale prevede che "gli interessati debbono essere invitati a comparire davanti al giudice dell'esecuzione per sentire dare i provvedimenti indicati nell'art. 600 del codice". Normalmente l'invito a comparire è contenuto medesimo avviso ai comproprietari, il che può generare qualche confusione.
      Destinatari dell'avviso sono i comproprietari, i creditori intervenuti, i creditori del comproprietario esecutato, i creditori dei comproprietari non esecutati, i creditori dei comproprietari non esecutati oppostisi alla divisione, gli aventi causa e coloro che hanno acquistato diritti, sia dal comproprietario esecutato che dai comproprietari non esecutati, per atto trascritto prima della trascrizione del pignoramento, i titolari dei diritti reali minori di cui all'art. 2812, comma primo., c.c.
      Si tratta, in sostanza, di tutti coloro che possono essere vulnerati dalla procedura esecutiva.
      All'udienza di cui all'artt. 600 c.p.c. e 180, comma secondo, disp. att. c.p.c. possono verificarsi tre possibilità: la separazione della quota in natura; la vendita forzata della quota indivisa; l'assegnazione di un termine per introdurre il giudizio divisorio incidentale.
      Con la separazione della quota in natura una porzione materiale del bene indiviso, corrispondente per valore alla quota pignorata, viene trasferita all'esecutato in proprietà esclusiva, destinandola così alla vendita forzata.
      In questo modo la parte residuale del bene, liberata dalle iscrizioni ipotecarie trascritte contro l'esecutato e dal pignoramento, rimane in capo agli altri comproprietari, e l'esecuzione prosegue nelle forme ordinarie sulla porzione separata.
      Dalla lettera dell'art. 600 c.p.c. emerge chiaramente il fatto che la separazione della quota sia l'opzione preferita dal legislatore (Cass., sez. III, 17 maggio 2005, n. 10334).
      La così detta "divisione endoesecutiva" è l'epilogo "obbligato" dell'udienza di comparizione delle parti quando sia stata verificata l'impossibilità giuridico economica di procedere alla separazione della quota o di venderla ad un prezzo almeno pari al valore di stima, nonché l'indisponibilità degli altri quotisti a liquidare l'esecutato.
      Attraverso questo giudizio si procede allo scioglimento della comunione, similmente a quanto accadrebbe in un ordinario giudizio divisorio, con attribuzione all'esecutato di una porzione del ricavato dalla vendita di valore uguale al valore della quota di proprietà di cui era titolare, e sulla quale è stato trascritto il pignoramento.
      Nell'ambito del giudizio di divisione uno o più comproprietari possono chiedere l'assegnazione del bene ai sensi dall'art. 720 c.c. (è discusso se possano farlo già davanti al giudice dell'esecuzione). Quello contemplato dall'art. 720 c.c. è un vero e proprio diritto potestativo del comproprietario, rispetto al quale le altre parti del giudizio versano in una condizione di mera soggezione, tale per cui, disposta la vendita dell'intero, questa andrebbe revocata ove vi fosse domanda di assegnazione di uno dei comproprietari (Cass., sez. II, 14 maggio 2008, n. 12119).
      In ordine al prezzo di assegnazione, come dicevamo all'inizio, il comproprietario non può limitarsi a versare la così detta offerta minima di cui agli artt. 569, 571 e 572 c.p.c., ma deve versare la metà del prezzo base più le spese del giudizio di divisione in proporzione al valore della sua quota.
      Invero, dal combinato disposto di queste disposizioni si ricava che quello è un prezzo al quale può avvenire l'aggiudicazione in presenza di una sola offerta valida (ed in assenza di istanze di assegnazione), il che presuppone l'apertura della fase della vendita competitiva rivolta al mercato dei potenziali acquirenti.
      Al contrario, l'istanza di assegnazione della quota formulata a norma dell'art. 720 c.c. si pone al difuori del subprocedimento di vendita, riconoscendo al comproprietario il diritto di ottenere l'assegnazione del bene sottraendolo alla competizione del mercato. Proprio per questo, l'istituto della offerta minima non ha spazio operativo.
      Egli, comunque, tenuto al versamento delle spese del giudizio di divisione in proporzione alla sua quota. In questi termini si esprime la giurisprudenza, la quale ha affermato che " Nei procedimenti di divisione giudiziale, le spese occorrenti allo scioglimento della comunione vanno poste a carico della massa, in quanto effettuate nel comune interesse dei condividenti, trovando, invece, applicazione il principio della soccombenza e la facoltà di disporre la compensazione soltanto con riferimento alle spese che siano conseguite ad eccessive pretese o inutili resistenze alla divisione" (Cass., sez. II, 8 ottobre 2013, n. 22903).