Forum ESECUZIONI - IL PIGNORAMENTO

creditore del socio di Sas, diritti sugli utili spettanti al debitore, approvazione rendiconto

  • Michele Neri

    Rimini
    30/07/2019 11:29

    creditore del socio di Sas, diritti sugli utili spettanti al debitore, approvazione rendiconto

    Buongiorno, una società di persone ha subito il pignoramento della quota di utili sociali da parte del creditore del socio accomandante.
    La società e la socia presentano una dichiarazione (datata 02/2016 precedente al pignoramento) dove attestano: la prima di non avere alcun debito nei confronti della socia avendo già distribuito l'utile relativo all'esercizio 2015, la seconda di non vantare alcun credito nei confronti della società avendo già ricevuto in pagamento la sua quota di utile relativo all'esercizio 2015.

    Ora, nelle società di persone (art.2262 cc): "ciascun socio ha diritto a percepire la sua quota di utii solo dopo l'approvazione del rendiconto",
    art.2261: "i soci che non partecipano all'amministrazione... hanno diritto di avere il rendiconto dell'amministrazione al termine di ogni anno",

    ma nelle società di persone, quando si intende approvato il rendiconto (situazione equiparabile a quella di un bilancio)? considerato che prima dell'approvazione dello stesso il socio non ha alcun diritto all'utile?

    In sostanza in una società di persone in contabilità semplificata, come è posibile dimostrare la riscossione dell'utile in mancanza di documentazione circa l'approvazione del rendiconto, la sua comunicazione ai soci, la mancanza di movimentazione bancaria ?
    grazie Michele Neri
    • Zucchetti SG

      02/08/2019 19:48

      RE: creditore del socio di Sas, diritti sugli utili spettanti al debitore, approvazione rendiconto

      Rispondiamo alla domanda sulla scorta di alcune necessarie preliminari osservazioni.
      L'amministrazione delle società di persone è disciplinata dagli artt. 2257 e 2258 c.c.; dette disposizioni, sebbene coniate per la società semplice, regolano anche la società in nome collettivo e quella in accomandita semplice (con la specificazione, per quest'ultima, che a norma dell'art. 2318 l'amministrazione può essere affidata solo ai soci accomandatari o ad alcuni di essi).
      L'art. 2261, c.c., prevede poi che i soci che non partecipano all'amministrazione della società hanno (tra l'altro) il diritto di avere dagli amministratori il rendiconto degli affari compiuti (che equivale quanto ai criteri di valutazione ad un bilancio; così, da ultimo, Cass., sez. I, ordinanza 4 aprile 2018, n. 17489), e se questi durano oltre l'anno, il diritto al rendiconto matura ogni anno, salvo che lo statuto stabilisca un termine diverso.
      Quello ad ottenere il rendiconto è un vero e proprio diritto del socio (cui corrisponde, secondo Cass. 9 luglio 1994, n. 6524, un obbligo per l'amministratore) il quale può anche agire in giudizio per ottenere la condanna degli amministratore a presentarlo (così Cass. 8 settembre 1986, n. 5479), ricorrendo alla procedura per il rendimento dei conti di cui agli artt. 263 s. c.p.c.. Taluni in dottrina riconoscono anche la possibilità di chiedere ed ottenere il sequestro delle scritture contabili. In giurisprudenza, inoltre, è stata altresì riconosciuta la possibilità di giungere alla determinazione degli utili spettanti attraverso l'esperimento di una consulenza tecnica d'ufficio (Cass. 15 aprile 1992, n. 4568)
      All'approvazione del rendiconto l'art. 2262 subordina la nascita del diritto di ciascun socio a percepire gli utili, al quale peraltro, a mente dell'art. 2320, comma secondo, c.c., deve essere inoltrata comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite; egli, inoltre, è legittimato a controllarne l'esattezza consultando i libri e gli altri documenti della società.
      Si è altresì affermato in dottrina che l'obbligo di rendiconto resterebbe assorbito da quello di redigere il bilancio nelle società che devono redigere quest'ultimo (s.n.c. e s.a.s.) considerando che «un bilancio veritiero e corretto possiede una valenza informativa "completa"».
      Inoltre, a mente dell'art. 2770 c.c. il creditore particolare del socio, finché dura la società, può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore e compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest'ultimo nella liquidazione.
      Ciò detto, e venendo alla domanda prospettata, rileviamo che in materia contrattuale vige un principio generale per cui spetta al debitore la prova dell'avvenuto adempimento dell'obbligazione, mentre per il creditore è sufficiente allegare l'inadempimento (cfr, ex multis, Cass., sez. U, 30 ottobre 2001, n. 13533).
      Sulla scorta di questi dati, allora, dovrà essere la società terza pignorata (ed eventualmente il debitore esecutato) a fornire la prova della dichiarazione resa dimostrando di aver adempiuto alla obbligazione pecuniaria avente ad oggetto il trasferimento degli utili (il cui quantum si ricava dal conto della gestione, la cui veridicità è riscontrabile attraverso l'esame delle scritture contabili).
      Questi principi sono ricavabili dalla costante giurisprudenza, secondo la quale "In sede di accertamento dell'obbligo del terzo pignorato (sia nel giudizio a cognizione piena previsto dall'art. 548 c.p.c. fino al 31 dicembre 2012, sia in quello a cognizione sommaria oggi regolato dall'art. 549 c. p. c.), il creditore procedente, che non agisce in nome e per conto del proprio debitore bensì "iure proprio", è terzo rispetto ai rapporti intercorsi fra il debitore esecutato e il "debitor debitoris". Ne consegue che la quietanza di pagamento rilasciata dal debitore al terzo pignorato può essergli opposta solamente a condizione che abbia, ai sensi dell'art. 2704 c.c., data certa anteriore alla notificazione dell'atto di pignoramento. E comunque, quand'anche gli sia opponibile, trattandosi di "res inter alios acta", la quietanza non gode del valore probatorio privilegiato di cui all'art. 2702 c.c. ma, avendo il valore probatorio meramente indiziario di una prova atipica, può essere liberamente contestata dal creditore procedente e contribuisce a fondare il convincimento del giudice unitamente agli altri dati probatori acquisiti al processo" (Cass., Sez. 6 - 3, Ordinanza 9 ottobre 2018, n. 24867).
      Altrettanto esplicita Cass., sez. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 6760 del 21 marzo 2014, n. 6760, la quale ha affermato che "In tema di esecuzione presso terzi, il creditore procedente non agisce in nome e per conto del proprio debitore ma "iure proprio" e nei limiti del proprio interesse; ne deriva che nel giudizio di cognizione per accertamento dell'obbligo del terzo, conseguente alla mancata dichiarazione o alla sua contestazione, il creditore pignorante ha la qualità di terzo ed è tenuto a provare l'esistenza del credito del proprio debitore o l'appartenenza a questi della cosa pignorata, mentre il terzo pignorato, che eccepisca di avere soddisfatto le ragioni creditorie del debitore esecutato, dovrà provare non solo il fatto estintivo dedotto, ma anche l'anteriorità di esso al pignoramento, con i limiti di opponibilità, rispetto al creditore, della data delle scritture sottoscritte dal debitore".