ALTRO - Revocatorie

Revocazione credito ammesso

  • Walter Bossa

    Foggia
    18/05/2017 16:35

    Revocazione credito ammesso

    Buonasera,

    Un'agenzia interinale si insinua al passivo per un credito derivante da contratti di somministrazione di lavoro a termine stipulati con la fallita in data anteriore al fallimento. A fronte della predetta somministrazione, l'agenzia ha provveduto alla regolare retribuzione dei lavoratori e al versamento degli oneri contributivi e previdenziali inerenti le prestazioni lavorative. In seguito all'esecuzione dei contratti è stata emessa fattura rimasta insoluta.
    L'agenzia viene ammessa al passivo per una parte del credito assistito da privilegio ex. art. 2751 bis c.5-ter c.c. e, per la restante parte affernete la presazione resa, come chirografario.
    Successivamente, oltre i termini per l'opposizione allo stato passivo, viene notificato alla curatela un verbale di accertamento inps a conclusione del quale si evince il totale disconoscimento delle summenzionate assunzioni considerate "fittizie" dall'ente, e per questo motivo annullate (lasciando presumete una truffa ai danni dell'agenzia interinale).
    Da premettere che la curatela non era in possesso di documenti contabili della fallita per irreperibilità del rappresentante legale.


    Art. 98 c. 4 L.F.
    "Con la revocazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili, decorsi i termini per la opposizione della opposizione o della impugnazione, possono chiedere che il provvedimento di accoglimento o di rigetto vengano revocati se si scopre che essi sono stati determinati da falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa non imputabile. La revocazione è proposta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta, ovvero nei confronti del curatore quando la domanda è stata respinta. Nel primo caso,
    al procedimento partecipa il curatore".

    La curatela dovrebbe procedere con la revocazione per la mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa non imputabile.
    Il dubbio è relativo ai termini per la revocazione. Si può procedere oltre il termine dei 30 giorni dalla conoscenza dei fatti summenzionati??
    Non riesco a trovare giurisprudenza utile nella fattispecie considerato anche il dolo e la falsità.


    • Zucchetti SG

      Vicenza
      19/05/2017 12:02

      RE: Revocazione credito ammesso

      Alla sua domanda pensiamo che debba essere data risposta negativa, data la chiara disposizione del primo comma dell'art. 99, per il quale "Le impugnazioni di cui all'articolo precedente si propongono con ricorso depositato presso la cancelleria del tribunale entro trenta giorni dalla comunicazione di cui all'articolo 97 ovvero in caso di revocazione dalla scoperta del fatto o del documento".
      La natura perentoria di detto termine, benchè manchi una esplicita disposizione, è pacifica in quanto connaturato alla funzione impugnatoria dello strumento revocatorio, per cui il ricorso per revocazione proposto oltre i trenta giorni dalla scoperta del documento decisivo sconosciuto al momento della formazione dello stato passivo sarebbe inammissibile, salva la eventuale sospensione feriale, ove il termine di scadenza sia a cavallo del periodo estivo.
      La pacificità della questione spiega la mancanza di giurisprudenza sul punto.
      Zucchetti Sg srl
    • Alfredo Caputi

      ROMA
      07/11/2019 21:25

      RE: Revocazione credito ammesso

      Buona sera, ho un quesito del tutto simile
      Una società XXX SRL chiede di essere ammessa al passivo asserendo di essere creditrice della fallita per costi sostenuti in luogo della fallita: in particolare l'istante asserisce che il credito di cui chiede il riconoscimento è rappresentato dal riaddebito (non ancora svolto) del costo dei due lavoratori dipendenti della XXX SRL che erano distaccati presso la società fallita.
      A supporto dell'istanza allega copia delle lettere di distacco recapitate sia al singolo lavoratore che alla fallita in bonis, copia delle buste paga, copia di taluni prospetti contabili da cui si ricava il costo complessivo del singolo lavoratore rimasto a carico della XXX SRL.
      Non vengono allegate le fatture poiché non emesse benché asseritamente rilevate come "fatture da emettere" nei bilanci della XXX SRL (2015 e 2017).
      L'istante chiede l'eventuale "compensazione" del proprio debito di € AAAAA,AA nei confronti della fallita con il credito fatto valere, così da (eventualmente) essere ammessa per la differenza pari ad € BBBBB,BB.
      La fallita svolgeva l'attività di outsourcing del personale mentre la XXX SRL ancora gestisce un albergo.
      Nel corso dell'udienza svolgendo puntuali osservazioni la curatela ha evidenziato come il distacco del personale presenta caratteri di legalità solo a certe condizioni che nel caso di specie non parevano realizzate – distacco presso sé stessi sic et simpliciter – per questo si è opposta all'ammissione.
      Si premette ancora che il contratto di appalto in essere tra la fallita e la XXX SRL – di cui si dirà appresso - non aveva ad oggetto alcun distacco di personale.
      Il GD ritenuto che il credito del quale è chiesta ammissione ha ad oggetto i costi che il creditore istante ha sopportato per la remunerazione di due dipendenti oggetto di distacco per l'esecuzione di prestazioni relativa all'adempimento di contratto di appalto che vedeva quale appaltante la società fallita; ritenuto che tale pretesa ha trovato documentale riscontro nella documentazione prodotta in allegato all'istanza di ammissione; ritenuto, infine, che dalla originaria cifra di euro SSSSSS, SS va detratto l'importo di euro AAAAA,AA relativo a debito della società istante verso la fallita e di cui la curatela ha attestato l'esistenza; ammette con collocazione in chirografo credito di euro $$$$$,$$ previa emissione da parte del creditore istante delle relative fatture con riferimento all'originario importo insinuato di cui la curatela ha affermato il mancato rilascio.

      Il credito del fallimento portato da D.I. è stato frattanto neutralizzato e ad oggi le fatture non sono state ancora emesse e quindi non ricevute.
      Che rimedio ho disponibile contro questo stato passivo esecutivo, considerato che non mi pare esistano iu requisiti di falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa non imputabile.
      Ringrazio e saluto cordialmente
      • Zucchetti SG

        Vicenza
        08/11/2019 18:51

        RE: RE: Revocazione credito ammesso

        Presumiamo che lei parli come curatore del fallimento della società fallita e riteniamo che non abbia alcun mezzo di tutela se non attendere. Ossia, dichiarato esecutivo lo stato passivo e decorso il termine per l'impugnazione dell'ammissione del credito (ammesso che ne avesse motivo), rimarrebbe solo la revocazione, che lei giustamente esclude non ricorrendo una ipotesi rapportabile alla fattispecie di cui al comma quarto dell'art. 98.
        Abbiamo detto che non può fare altro che attendere perché si può interpretare l'ammissione disposta dal giudice (contro la sua opinione, a quanto capiamo) del credito residuo dopo la compensazione, "previa emissione da parte del creditore istante delle relative fatture con riferimento all'originario importo insinuato di cui la curatela ha affermato il mancato rilascio" come una ammissione con riserva di presentazione di documenti. Se è così, il creditore, a norma dell'art. 113bis l.fall. ha tempo finchè è aperta la procedura per sciogliere la riserva presentando la documentazione richiesta e condizionante l'ammissione. Posto che la norma di cui all'art. 113bis ha una valenza generale, applicabile a tutte le ipotesi di riserva (lo si capisce fin dalla rubrica, nonchè dal fatto che la norma, che è l'unica appositamente dettata per lo scioglimento delle riserve, non distingue tra i vari tipi di riserve), se il creditore scioglie la riserva, il giudice, su istanza del curatore o della parte interessata, modifica lo stato passivo, con decreto, disponendo che la domanda deve intendersi accolta definitivamente; se il creditore non scioglie la riserva (peraltro la norma citata nulla prevede per il caso contrario che, per usare la stessa terminologia legislativa, non si sia verificato l'evento in corso di procedura) è da ritenere che il giudice, su istanza del curatore debba egualmente provvedere alla modifica dello stato passivo con le stesse modalità, allo scopo di escludere il credito dal passivo e liberare gli accantonamenti in precedenza eventualmente fatti..
        Zucchetti Sg srl