Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE

istanza di autofallimento

  • Massimo Lazzari

    Ravenna
    13/05/2010 18:02

    istanza di autofallimento

    l'amministratore unico o il presidente del consiglio di amministrazione di una società di capitali che richiede il fallimento della società in proprio deve essere autorizzato dall'assemblea ordinaria o straordinaria?
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      13/05/2010 19:04

      RE: istanza di autofallimento

      Secondo Cass. 16/09/2009 n. 19983 "Il ricorso per la dichiarazione di fallimento del debitore, nel caso in cui si tratti di una società, deve essere presentato dall'amministratore, dotato del potere di rappresentanza legale, senza necessità della preventiva autorizzazione dell'assemblea o dei soci, non trattandosi di un atto negoziale né di un atto di straordinaria amministrazione, ma di una dichiarazione di scienza, peraltro doverosa, in quanto l'omissione risulta penalmente sanzionata".

      Questa decisione, benché emessa con riferimento ad un fallimento del 2008, ci lascia alquanto perplessi lì dove qualifica la domanda di fallimento come atto di scienza, giacchè nel nuovo rito, abrogato il potere del tribunale di dichiarare il fallimento d'ufficio, una dichiarazione di scienza non avrebbe alcun valore. Abbiamo letto la sentenza per esteso e sul punto non dice nulla più di quanto riportato nella massima; probabilmente la Corte ha ritenuto che nel procedimento prefalllimentare, sebbene ulteriormente procedimentalizzato, non viga il principio dell'onere della prova e sia, quindi, ancora improntato al principio inquisitorio che consente al giudice lo svolgimento delle indagini e l'acquisizione di prove che ritiene utili, per cui la domanda potrebbe ancora considerarsi quale stimolo per consentire al giudice la decisone, previa l'attività istruttoria ritenuta necessaria.
      Secondo noi il ricorso per la dichiarazione di fallimento in proprio contiene un atto di straordinaria amministrazione in quanto propedeutico alla liquidazione dell'attivo e eventuale cancellazione della società, che richiede una delibera dell'assemblea straordinaria.
      Zucchetti Sg Srl
      • Andrea Dal Pozzolo

        BELLUNO
        06/12/2019 17:11

        RE: RE: istanza di autofallimento

        Buon giorno, mi ricollego alla discussione in oggetto - ormai piuttosto datata e mi scuso sin d'ora se me ne sono perse altre sul punto - per chiedere quale sia in attualità la corretta qualifica da attribuire al ricorso per fallimento in proprio (atto di straordinaria amministrazione o dichiarazione di scienza).
        Il dubbio nasce dal fatto che la sentenza n. 19983 del 16.9.2009 sopra menzionata è richiamata anche dalla più recente sentenza n. 20187 del 18/08/2017 che continua ad equiparare il ricorso ex art. 14 LF ad "una dichiarazione di scienza (pur diversa da una confessione), ma doverosa per le conseguenze penali, in difetto, gravanti sul legittimato".
        Più nello specifico, il problema che mi trovo ad affrontare è un po' più delicato perchè riguarda una SNC in cui mi il fallimento coinvolgerebbe necessariamente anche i soci personalmente. Fatto sta che due soci (che rappresentano il 75% del capitale sociale e di cui uno è anche amministratore) sono convinti dell'opportonità di presentare ricorso ex art. 14 LF, mentre il terzo socio (coamministratore) rifiuta di sottoscrivere il ricorso unitamente agli altri.
        A questo punto, delle due l'una:
        - si convoca un'assemblea che, in base allo Statuto, può deliberare a maggioranza e può contare appunto sul 75%, considerando il ricorso atto di straodinaria amminstrazione;
        - oppure il socio amministratore (siamo nell'ambito dell'amministrazione disgiunta) convinto della necessità di presentare il ricorso può procedere direttamente, senza nemmeno dover passare per l'Assemblea, considerando il ricorso una dichiarazione di scienza (atto dovuto)?
        Grazie
        • Zucchetti SG

          Vicenza
          06/12/2019 20:20

          RE: RE: RE: istanza di autofallimento

          Lei tocca un problema ancora dibattuto e giustamente cita Cass. 16/09/2009, n.19983 perché è l'unica in termini, che accenna anche alle società di persone, in quanto afferma testualmente che "Il ricorso fallimentare del debitore in proprio (definito "richiesta" nel testo previgente della L. Fall., art. 6), nel caso in cui questi sia una società deve essere presentato dall'amministratore dotato del potere di rappresentanza legale. Esso non necessita di alcuna autorizzazione assembleare - o dei soci, nell'ipotesi di società di persone o anche di società a responsabilità limitata mediante manifestazioni di volontà separate (c.d. metodo per referendum: art. 2479 c.c., comma 3) - giacchè non ha natura negoziale, nè tanto meno si configura come atto di straordinaria amministrazione. In realtà, consiste in una dichiarazione di scienza (pur non assurgendo a confessione in senso tecnico, quale prova legale dello stato di decozione), doverosa per l'amministratore; la cui omissione è penalmente sanzionata e che non determina, di per sè, alcun effetto diretto sulla società e sui diritti dei soci, eventualmente ricollegabile solo alla successiva sentenza dichiarativa di fallimento". La più recente Cass. 18/08/2017, n.20187 contiene un accenno al citato precedente del 2009, al fine di sostenere che per presentare il ricorso di auto fallimento non è necessario il ministero del difensore; inoltre Cass. 03/02/2017, n. 2957 è vero che ha affermato che, in presenza di una situazione di insolvenza, "il nuovo A.U. di ….. era non solo pienamente legittimato alla presentazione della c.d. domanda di autofallimento, ma era tenuto a presentarla, al fine di evitare di rispondere dell'eventuale aggravamento del passivo cagionato dal ritardo nella dichiarazione del fallimento"; tuttavia, dal contesto dell'intera motivazione, si rileva che nel caso vi era stata una delibera assembleare che aveva autorizzato l'A.U. a presentare domanda di fallimento.
          per questo dicevamo che l'unico precedente specifico ci risulta essere quello del 2009 che, però, si riferiva ad una srl e non ad una snc. E' convincente questa sentenza?
          Poco, a nostro avviso, perché pur riferita ad una vicenda regolata dalla legge post riforma, utilizza argomentazioni che avevano una validità in un sistema in cui la "richiesta"- come allora veniva chiamata- di autofallimento non aveva neppure natura giuridica di domanda giudiziale nè vincolava l'accertamento del tribunale, che all'epoca poteva dichiarare il fallimento anche ex officio; eliminato il fallimento d'ufficio l'istanza diretta ad ottenere il proprio fallimento- non a caso ridisegnata come ricorso- non può essere qualificata soltanto come segnalazione che non determina, di per sè, alcun effetto diretto sulla società e sui diritti dei soci; al contrario, ancorchè gli effetti del fallimento siano pur sempre ricollegabili solo alla successiva sentenza dichiarativa di fallimento, il ricorso del debitore è diventato uno dei motori essenziali del procedimento prefallimentare, ossia uno dei modi attraverso cui si estrinseca l'iniziativa per pervenire alla dichiarazione di fallimento, per cui è difficile considerare la domanda di auto fallimento come atto non di straordinaria amministrazione, se si pensa che tale iniziativa è destinata ad influire sulla continuazione dell'attività societaria, anzi sulla vita della società stessa, che alla chiusura della procedura fallimentare va cancellata dal registro delle imprese.
          Alla luce di questa considerazione qualche Autore (De Santis, in Commentario Jorio Fabiani 2010, pag. 37) sostiene che debbano essere applicate la disciplina civilistica sullo scioglimento della società; e, pertanto, la domanda di autofallimento, presentata dal legale rappresentante dell'ente, deve essere supportata, nelle società di persone, dal consenso di tutti i soci e, nelle società di capotali, dalla delibera dell'assemblea con il quorum e le maggioranze richieste dalle singole norme. E' anche vero, però che nelle società di persone, l'eventuale ritardo e aggravamento dell'insolvenza nella dichiarazione di fallimento si riflette su ciascuno dei soci illimitatamente responsabili, a ciascuno dei quali fa capo la responsabilità, sia civile che penale, per la colpevole omissione del deposito del relativo ricorso. Pertanto o si attribuisce la legittimazione alla società con voto unanime o a ciascun socio, con evidenti conseguenze deleterie sia nell'uno (paralisi della situazione) che nell'altro caso (potere ad un socio, anche minoritario, di determinare il fallimento che si reversa su tutti gli altri)..
          Probabilmente un giusto equilibrio tra i vari interessi in gioco potrebbe essere l'applicazione alla fattispecie del sistema indicato dall'art. 152 l.fall. che attribuisce agli amministratori delle società di capitali la legittimazione a presentare il ricorso per concordato e alla maggioranza dell'assemblea dei soci quella delle società di persona; ovviamente questa trasposizione non è agevole data la diversità delle fattispecie di base, ma è anche vero che un tale sforzo è possibile ove sia diretto ad evitare le conseguenze accennate.
          Zucchetti Sg srl