Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE

Risoluzione contratto di affitto di ramo d'azienda ex art. 79 e problematica licenziamento dipendenti

  • Andrea Gianfrancia

    Parma
    28/10/2020 11:45

    Risoluzione contratto di affitto di ramo d'azienda ex art. 79 e problematica licenziamento dipendenti

    Buongiorno,
    ho ricevuto il mio primo incarico di curatore fallimentare di una ditta individuale (A) in data 19.10.2020.
    Il soggetto A, all'epoca in bonis, in data 01.12.2015 ha stipulato un contratto di affitto di ramo d'azienda con una cooperativa concedente (B).
    Il contratto prevedeva al suo interno che il concedente mettesse a disposizione di A i mobili, gli arredi e le attrezzature necessarie per l'esercizio dell'attività, oltre alla ditta, all'avviamento e ai contratti in essere.
    Dall'analisi della documentazione non risultavano esservi dipendenti al momento della stipula.
    Successivamente, in data 10.12.2015, A ha stipulato alcuni contratti da lavoro dipendente. Al momento del fallimento risultavano esservi in forza 4 dipendenti, tutti assunti successivamente al contratto di affitto di ramo d'azienda.
    Al momento so già vi è un interessato (C) a prendere in affitto il ramo d'azienda una volta che sarà tornata in capo alla concedente B.

    Il mio dubbio è questo:
    - posso procedere al licenziamento dei dipendenti vista l'assenza di esercizio provvisorio e poi recedere dal contratto di affitto di azienda? Originariamente ho pensato fosse la cosa più corretta in quanto i contratti da lavoro dipendente sono stati tutti stipulati dopo il contratto di affitto di ramo d'azienda e quindi ritenevo fossero a carico esclusivo della ditta individuale fallita.

    - oppure sciogliendomi dal contratto di affitto d'azienda troverebbe applicazione l'art. 2112 c.c. e quindi i dipendenti licenziati potrebbero fare ricorso contro il licenziamento per farsi riassumere a carico della cooperativa (B)? In tal caso la scelta più opportuna sarebbe sciogliersi dall'affitto di azienda e fare le comunicazioni del caso per mettere i dipendenti in capo alla cooperativa (B)? In quest'ultimo caso dovrei prima avvisare la cooperativa (B) della situazione e procedere anche qualora fossero contrari?
    Posso procedere allo scioglimento dal contratto ed all'intestazione dei dipendenti in capo alla cooperativa (B) prima di ricevere l'autorizzazione del giudice e chiedere in seguito una ratifica?

    In ogni caso, per sciogliermi dal contratto di affitto d'azienda ai sensi dell'art. 79 dovrei appoggiarmi ad un notaio che dovrà utilizzare il Modulo TA, codice atto A20, oppure posso procedere in autonomia versando la quota fissa di 200 euro con il mod. 002?

    Vi ringrazio anticipatamente.
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      28/10/2020 19:56

      RE: Risoluzione contratto di affitto di ramo d'azienda ex art. 79 e problematica licenziamento dipendenti

      Preliminarmente va chiarito che l'art. 79 l. fall. dispone che "Il fallimento non e' causa di scioglimento del contratto di affitto d'azienda, ma entrambe le parti possono recedere entro sessanta giorni, corrispondendo alla controparte un equo indennizzo, che, nel dissenso tra le parti, e' determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. L'indennizzo dovuto dalla curatela e' regolato dall'articolo 111, n. 1". Il contratto di affitto di azienda, quindi, a seguito del fallimento di una delle parti, non entra in quella fase di sospensione in attesa della scelta del curatore di sciogliersi o continuare il rapporto, che, invece continua per legge salvo recesso. La differenza tra scioglimento e recesso è notevole perché lo scioglimento opera ex tunc risalente alla data del fallimento, nel mentre la revoca, che è atto unilaterale recettizio, opera ex nunc, ossia dalla comunicazione; inoltre lo scioglimento è "gratuito" ed eventuali pretese vanno azionate quale credito concorsuale, nel mentre per il recesso si paga un indennizzo in prededuzione; infine per lo scioglimento non è fissato un termine per legge ed è la parte in bonis che può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto, nel mentre il recesso in questione va effettuato per legge entro 60 giorni dalla dichiarazione di fallimento, pena la decadenza dalla possibilità di esercitarlo. In comune, scioglimento e recesso, hanno che ove questo sia esercitato dal fallimento, il curatore deve essere autorizzato dal comitato dei creditori, più che in applicazione del principio posto dall'art. 72 l. fall. per il fatto che, comunque, si tratta di atto di straordinaria amministrazione autorizzabile appunto dal comitato ai sensi dell'art. 35 l. fall.
      Queste nozioni sono importanti anche per rispondere alla sua domanda. Posto, infatti, che l'affitto d'azienda cessa "de iure" alla comunicazione del recesso, l'affittuario è tenuto a restituirla da quel momento, concretando la detenzione successiva al recesso una occupazione di fatto da parte dell'affittuario. Orbene, secondo la nozione lata di trasferimento, ormai patrimonio comune di dottrina e giurisprudenza, sancita anche dall'attuale formulazione del quinto comma dell'art. 2112 c.c., questo fenomeno si attua non solo nelle ipotesi di alienazione, usufrutto e affitto d'azienda, ma anche negli altri casi in cui ricorra la sostituzione, in forza di un fatto giuridico idoneo a produrla, di un imprenditore ad un altro nell'esercizio dell'impresa, sicché un fenomeno circolatorio, seppur di circolazione c.d. inversa, è ravvisabile anche nella retrocessione dell'azienda dall'affittuario al locatore, ove cedente deve essere qualificato l'affittuario che retrocede l'azienda e cessionario l'originario affittante che la riceve in restituzione.
      Pertanto, quando l'azienda, a seguito del fallimento dell'affittuario e del recesso di una delle parti, va restituita all'affittante in bonis, la retrocessione rientra in questo concetto lato di trasferimento in favore di un privato, per cui trova applicazione la disciplina ordinaria (indipendentemente da chi abbia esercitato il recesso e da chi provenga la restituzione), sia per quanto riguarda la successione nelle posizioni contrattuali non ancora definite, che rientrano nella previsione dell'art. 2558 c.c. e dell'art. 2112 c.c., che la successione nei debiti secondo l'art. 2560 c.c., con tutte le incertezze che ancora pervadono l'interpretazione di tale normativa applicata al fenomeno della retrocessione tra privati.
      Ne consegue che è preferibile, se il curatore non ha intenzione di continuare l'attività di impresa con un esercizio provvisorio, recedere dal contratto quanto prima, lasciando a chi riceve l'azienda il compito di valutare se risolvere i rpaporti di lavoro o mantenerli in vista della prospettata nuova allocazione dell'azienda.
      L'autorizzazione del comitato dei creditori (o del giudice in via sostituiva in mnacanza del comitato) normalmente, quando è riferita allo scioglimento o subentro ex art. 72 può essere anche successiva; nel caso di recesso dovrebbe valere lo stesso criterio, tuttavia data l'importanza dell'atto e la riconduzione dell'autorizzazione, più che all'art. 72 all'art. 35, è preferibile, anche per propria sicurezza, munirsi della autorizzazione tempestiva.
      Zucchetti Sg srl
      • Andrea Gianfrancia

        Parma
        29/10/2020 09:32

        RE: RE: Risoluzione contratto di affitto di ramo d'azienda ex art. 79 e problematica licenziamento dipendenti

        Innanzitutto vorrei ringraziarvi per la diffusa e celere risposta e mi scuso per aver utilizzato impropriamente il termine "scioglimento" piuttosto che "recesso".
        Avrei ancora qualche dubbio.
        1) Una volta esercitato il recesso, con comunicazione a mezzo pec, è necessario rivolgersi ad un notaio per la pubblicità nel registro imprese o posso procedere diversamente? Purtroppo la procedura non è capiente quindi non avrei modo di provvedere al pagamento della parcella.
        2) Gli oggetti di proprietà della ditta fallita inerenti l'attività immagino che saranno retrocessi insieme all'azienda stessa ed il locatore dovrà versare un conguaglio nel caso in cui la consistenza dell'inventario finale (che sarà redatto con l'ausilio di un cancelliere) sia maggiore di quella dell'inventario iniziale (da contratto).
        Qualora trovasse applicazione questa ipotesi, sarebbe esclusa la possibilità da parte del curatore di procedere ad una vendita competitiva in caso di rifiuto del locatore a corrispondere l'importo stimato dal perito?
        3) A seguito della comunicazione di recesso, per quanto riguarda i dipendenti, devo provvedere alle successive comunicazioni al centro per l'impiego oppure è un onere in capo alla cooperativa che riacquista la disponibilità dell'azienda?
        Vi ringrazio nuovamente per la disponibilità e la professionalità mostrata.
        Saluti
        • Zucchetti SG

          Vicenza
          29/10/2020 19:13

          RE: RE: RE: Risoluzione contratto di affitto di ramo d'azienda ex art. 79 e problematica licenziamento dipendenti

          Considerata la retrocessione dell'azienda in affitto come un trasferimento del godimento della stessa, crediamo sia necessario il modulo TA, tuttavia, in questi casi la prassi vale molto più delle opinioni, per cui è preferibile chiedere o alla camera di Commercio o ad un suo collega, che abbia avuto una esperienza simile. Da parte nostra invitamo, come sempre che ci segue ad intervenire.
          Gli elementi in più immessi nell'azienda rispetto all'inventario originario costituiscono migliorie o addizioni. In particolare la S. Corte ha ritenuto "la disciplina dettata dagli artt. 1592 e 1593 cod. civ. in tema di miglioramenti ed addizioni all'immobile apportate dal conduttore, non trova applicazione nell'affitto di azienda, per il quale non è previsto uno ius tollendi in capo all'affittuario al termine del rapporto. Dal combinato disposto degli artt. 2561 quarto comma e 2562 cod. civ., emerge che la differenza tra le consistenze di inventario all'inizio e al termine dell'affitto è regolata in danaro, sulla base dei valori correnti al termine dell'affitto, sia essa derivata da mutamenti quantitativi o soltanto qualitativi delle componenti aziendali" (Cass. del 9 maggio 2007, n. 10623, che ha ripreso quanto già statuito da Cass. 13 aprile 1977, n. 1388). In caso di rifiuto al pagamento di tale somma, non resta che agire giudizialmente per il recupero, visto che il recesso, come ricordato nella precedente risposta ha già prodotto i suoi effetti e la legge non prevede un diritto di ritenzione (che comunque non le converrebbe esercitare).
          Per quanto riguarda i dipendenti, è opportuna la comunicazione al centro dell'impiego dell'avvenuto recesso e restituzione dell'azienda al concedente.
          Zucchetti Sg srl