Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - LA LEGGE FALLIMENTARE

Diritto di abitazione coniuge superstite

  • Federico Brighenti

    Milano
    06/05/2021 17:10

    Diritto di abitazione coniuge superstite

    Succede questo.
    Tizio, quale socio ill. resp., viene dichiarato fallito.
    E' proprietario di un appartamento dove risiede con il proprio coniuge.
    La sentenza viene trascritta sull'immobile.
    Prima delle operazioni di vendita il fallito viene a mancare.
    Il Coniuge superstite vorrebbe opporre il diritto di abitazione sulla casa familiare.
    Ritengo la richiesta infondata dal momento che il decesso è avvenuto successivamente all'apertura della Procedura (al più può chiedere l'attribuzione del controvalore monetario del suo diritto).
    Mi confermate?
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      06/05/2021 20:19

      RE: Diritto di abitazione coniuge superstite

      La sua domanda pone un problema molto complesso, su cui non troviamo precedenti ed alla quale non possiamo dare una risposta sicura.
      Invero, l'art. 42, co, 1, l. fall. prevede che "La sentenza che dichiara il fallimento priva dalla sua data il fallito dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento.", l'art.44, co. 1, dispone che "Tutti gli atti compiuti dal fallito ... sono inefficaci rispetto ai creditori", per cui è pacifico che il fallito perde il potere di disporre dei propri beni, ma nel caso si discute del diritto di abitazione che, a norma dell'art. 540 c.c. spetta al coniuge del defunto, anche quando concorra con altri chiamati, sulla casa adibita a residenza familiare (oltre che il diritto di uso sui mobili che la corredano) di proprietà del deceduto; conseguenza quindi derivante dalla legge e non da un atto di disposizione del fallito.
      Pertanto, il problema da porsi è se, dal punto di vista sostanziale siano inopponibili alla massa dei creditori e quindi per essi inefficaci solo gli atti di disposizione posti in essere dal fallito, oppure la stessa situazione sia estendibile ad ogni vicenda che coinvolga il fallito, ivi compresa la morte, per cui anche la morte del fallito non tocca i diritti del ceto creditori, tra cui quella alla liquidazione dei beni e distribuzione del ricavato. Il problema non si pone per il trasferimento della proprietà agli eredi che accettano l'eredità, perché il passaggio di tale diritto, già rimasto in capo al fallito, non interferisce sicuramente con la procedura fallimentare che continua ad avere la disponibilità dei beni e a liquidarli, così come poteva fare in vita del fallito; il diritto di abitazione, invece, ove fosse applicabile comporterebbe il trasferimento della stessa disponibilità dei beni al coniuge e, in sostanza la sottrazione del bene casa di abitazione coniugale all'attivo fallimentare fino alla morte del coniuge.
      A nostro avviso già questa considerazione dovrebbe escludere l'applicazione dell'art. 540 c.c. nel caso che la morte colpisca un coniuge in pendenza del suo fallimento. Inoltre Il diritto di abitazione, che la legge riserva al coniuge superstite può avere ad oggetto soltanto l'immobile concretamente utilizzato prima della morte del "de cuius" come residenza familiare, ma, dichiarato il fallimento del coniuge proprietario dell'immobile, la continuazione dell'utilizzazione dello stesso da parte del fallito e della sua famiglia è solo precaria in quanto dovrebbe essere acquisita all'attivo fallimentare libera, ma per venire incontro alle esigenze del fallito, il secondo comma dell'art. 47 l. fall. prevede che "la casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria all'abitazione di lui e della sua famiglia, non può essere distratta da tale uso fino alla liquidazione delle attività".
      Peraltro, l'intera disciplina degli effetti del fallimento per il fallito ha la funzione di attuare la sterilizzazione qualsiasi evento successivo che possa incidere negativamente sulla tutela dei creditori in modo da assicurare che i beni acquisiti all'attivo fallimentare al momento della dichiarazione di fallimento e quelli sopravvenuti, che costituiscono il patrimonio fallimentare su cui i creditori possono contare, siano definitivamente assicurati alla finalità di liquidazione. E se è così, possono considerarsi irrilevanti per la massa non solo gli atti riconducibili al fallito, ma anche ogni evento che, incidendo sulla sulla disponibilità e godimento dei beni (come è l'evento morte del fallito), potrebbe impedire o rendere più gravosa l'attività di liquidazione, come appunto il diritto di abitazione. Concordiamo, pertanto con la soluzione da lei prospettata.
      Zucchetti SG srl