Forum ESECUZIONI - PROGETTO DI DISTRIBUZIONE

Creditore privo di titolo esecutivo e debitore irreperibile

  • Silvia Pattacini

    Reggio Emilia (RE)
    10/06/2022 18:30

    Creditore privo di titolo esecutivo e debitore irreperibile

    Buongiorno,
    il comodatario dell'immobile pignorato ha svolto atto di intervento per le spese condominiali da questi versate nel corso di alcuni anni in sostituzione del proprietario/debitore pignorato. L'atto di intervento, privo di titolo esecutivo, fonda la richiesta degli importi, in via chirografaria, sull'evidenza documentale dei bonifici effettuati ed è stato effettuato successivamente all'udienza con emissione dell'ordinanza di vendita con delega al Notaio.
    Nel fascicolo della procedura non ho rinvenuto evidenza della notifica effettuata ai sensi dell'art. 499 comma 3 cpc, né il creditore ne ha dato evidenza in fase di precisazione del proprio credito. Non è stata svolta però alcuna opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cpc. Peraltro, il debitore risulta da tempo irreperibile, come certificato anche dalla competente anagrafe.
    1) È corretto che sia il professionista delegato al riparto ad evidenziare il possibile vizio dell'ammissibilità di questo credito? L'importo deve essere comunque considerato nell'impostazione del progetto di distribuzione, come accantonamento all'esito delle determinazioni del G.E.?
    2) Sia che venga ammesso il credito in oggetto, che in caso contrario, all'esito della distribuzione residuerà un importo attivo che quindi dovrebbe essere restituito al debitore esecutato, soddisfatto integralmente anche il creditore procedente. Poiché il debitore è irreperibile, questa somma deve rimanere accantonata?
    Grazie in anticipo per i chiarimenti.
    • Zucchetti SG

      13/06/2022 06:05

      RE: Creditore privo di titolo esecutivo e debitore irreperibile

      I creditori privi di titolo esecutivo possono intervenire, ai sensi del 499 c.p.c., "se al momento del pignoramento avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri ovvero erano titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'articolo 2214 del codice civile".
      Quindi, i creditori non muniti di titolo esecutivo possono spiegare intervento se al momento del pignoramento si è verificata una di queste condizioni:
      • sequestro sul bene pignorato;
      • titolarità di un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri;
      • credito risultante da scritture contabili.
      Con riferimento a tale ultima categoria, si ritiene generalmente che la ragione per cui il legislatore della riforma ha inteso allargare le possibilità di intervento a questi creditori potrebbe individuarsi nell'art. 634, co. 2 c.p.c., in forza del quale "per i crediti relativi a somministrazioni di merci e di danaro nonché per prestazioni di servizi fatte da imprenditori che esercitano un'attività commerciale [c.c. 2195], anche a persone che non esercitano tale attività, sono altresì prove scritte idonee gli estratti autentici delle scritture contabili di cui agli articoli 2214 e seguenti del codice civile, purché bollate e vidimate nelle forme di legge e regolarmente tenute, nonché gli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, quando siano tenute con l'osservanza delle norme stabilite per tali scritture". La norma dunque avrebbe uno scopo deflattivo, dispensando questi soggetti dal proporre ricorso per decreto ingiuntivo, e riservando ad una fase successiva (ed eventuale) la verifica giudiziale del credito.
      Sennonché, a differenza di quanto prevede l'art. 634 appena citato, l'art. 499 si riferisce esclusivamente alle scritture contabili obbligatorie ex art. 2214 c.c.; sono dunque considerati solo il libro giornale, l'inventario, il bilancio, il conto profitti e perdite. L'intervento di questi creditori deve inoltre essere accompagnato dal deposito dell'estratto autentico notarile delle scritture contabili da cui il credito risulta.
      I creditori intervenienti non titolati non partecipano automaticamente alla distribuzione del ricavato.
      Il ricorso per intervento, quando abbia ad oggetto crediti non titolati, deve essere notificato al debitore nel termine di dieci giorni dal deposito, al fine di instaurare il contraddittorio funzionale al procedimento incidentale di riconoscimento; in difetto, non radicandosi alcun contraddittorio con il debitore esecutato, il creditore non potrà beneficiare del procedimento finalizzato al riconoscimento dei crediti privi di titolo esecutivo.
      Depositato l'intervento, con l'ordinanza con cui dispone la vendita il Giudice fissa la cosiddetta udienza di verificazione dei crediti, disponendone la notifica a cura di una delle parti. In questa udienza possono verificarsi due possibilità: se il debitore non si presenta o non contesta espressamente il credito, questo si ha per riconosciuto e concorre alla distribuzione del ricavato; se invece il debitore contesta il credito, il creditore potrà ottenere in sede di riparto l'accantonamento della somma pretesa se ricorrono due condizioni: a) abbia espressamente formulato istanza di accantonamento; b) dimostri di aver proposto, nei trenta giorni successivi all'udienza di verificazione, giudizio tendente ad ottenere l'accertamento giudiziale della sua pretesa.
      La norma rimette al Giudice dell'esecuzione la determinazione della durata massima dell'accantonamento, che comunque non può eccedere i tre anni, i quali evidentemente decorrono dall'ordinanza di approvazione del piano di riparto che detto accantonamento dispone.
      Cass., 19 gennaio 2016, n. 744 ha poi precisato che "In caso di intervento tardivo, oltre il termine di cui all'art. 499, comma 2, c.p.c., del creditore privilegiato che versi in una delle condizioni cui all'art. 499, comma 1, c.p.c., il credito si ha per disconosciuto, restando preclusa l'attivazione del subprocedimento di verificazione regolato dalla norma, senza che da ciò, peraltro, derivi l'inammissibilità dell'intervento stesso attesa la prevalenza della disciplina di cui all'art. 551 c.p.c. ovvero, per le espropriazioni mobiliari presso il debitore e per le espropriazioni immobiliari, degli artt. 528 e 566 c.p.c., sicché detto creditore, per assicurarsi almeno il diritto all'accantonamento in sede di distribuzione, è tenuto a presentare specifica istanza e a dimostrare di aver agito, entro i trenta giorni dalla data dell'intervento tardivo, per conseguire il titolo esecutivo mancantegli nei confronti dell'esecutato".
      Il dato normativo così ricostruito esclude radicalmente che possa procedersi ad accantonare le somme richieste dal comodatario.
      In primo luogo l'intervento non è fondato su uno dei documenti di cui all'art. 499, comma terzo, c.p.c.;
      in secondo luogo il creditore non ha dimostrato (né, a quanto sembra ha allegato) di aver agito giudizialmente, nei 30 giorni successivi all'intervento, per conseguire un titolo esecutivo.
      La somma che dunque sopravanza deve essere restituita al debitore e se questi dovesse essere irreperibile essa rimarrà accantonata sul conto corrente intestato alla procedura per un periodo di 5 anni decorrenti dalla chiusura, decorsi i quali se il debitore non la reclama sarà versata al FUG (fondo unico giustizia) a cura della cancelleria, a norma dell'art. 2, comma primo, let. c)-bis D.L. 16/09/2008, n. 143, convertito, con modificazioni, con l. 13/11/2008, n. 181.