Menu
Forum ESECUZIONI - PROGETTO DI DISTRIBUZIONE
Residuo al debitore esecutato
-
Alessandro Culot
GORIZIA30/06/2025 18:09Residuo al debitore esecutato
Spettabile FALLCO,
nel progetto di riparto che mi accingo a depositare, il cui ricavato va a soddisfare totalmente il creditore procedente, con assenza di intervenuti, la notevole somma che residua dovrà essere restituita al debitore esecutato, una S.R.L.
L' amministratore della S.R.L., non costituita, non risponde e sembra abbia gravi problemi di salute.
Chiedo cortesemente:
1) a chi va notificato il progetto di riparto, basta alla PEC della società o va fatto a mezzo ufficiali giudiziari presso la Cancelleria o PEC alla Cancelleria?
2) in caso di irreperibilità del debitore esecutato, S.R.L., come va corrisposto quanto dovuto, in assenza della conoscenza di un IBAN, con assegno circolare?
3) la ritenuta di acconto sulle parcelle del custode/delegato e degli ausiliari andranno trattenute e pagate dal delegato con prelievo dal cc della procedura?
Grazie delle risposte.
-
Zucchetti Software Giuridico srl
01/07/2025 17:54RE: Residuo al debitore esecutato
Proviamo a rispondere separatamente a ciascuna delle domande formulate.
1 Notifica del piano di riparto.
Immaginando che la procedura esecutiva sia stata prima del 01.3.2023, data di entrata in vigore del correttivo alla riforma Cartabia, approvato con D.Lgs. n 164 del 31 ottobre 2024 (poiché ove la procedura fosse iniziata dopo il 28.2.2023 il ragionamento che ci apprestiamo a svolgere sarebbe parzialmente diverso) osserviamo quanto segue.
A mente dell'art. 492, comma secondo, c.p.c., il pignoramento deve contenere l'invito rivolto al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione con l'avvertimento che, in mancanza ovvero in caso di irreperibilità presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice.
Com'è facile intuire, la norma persegue un duplice obiettivo: da un lato essa si preoccupa di dare certezza alle comunicazioni dirette al debitore esecutato ponendolo al riparo da eventuali furberie del debitore esecutato che tenti di rendersi irrintracciabile o di rendere difficoltose le comunicazioni e le notificazioni mutando continuamente il proprio domicilio; dall'altro mira ad assicurare la effettiva partecipazione dell'esecutato consentendogli di indicare un domicilio per le comunicazioni.
Essa non richiede al debitore una formale costituzione in giudizio a mezzo di un difensore; è sufficiente che egli depositi in cancelleria una dichiarazione in cui indica l'indirizzo prescelto (che potrebbe essere anche una casella di posta elettronica certificata), con il solo avvertimento che deve trattarsi di un indirizzo presso uno dei comuni del circondario.
La giurisprudenza ha escluso che l'omissione dell'invito a dichiarare la residenza o a eleggere il domicilio possa determinare nullità del pignoramento, dovendosi rinvenire mera irregolarità (Cass. civ., sez. III, 12.4.2011., n. 8408), ma è evidente che l'omissione dell'invito impedisce le comunicazioni e e le notificazioni in cancelleria, con la conseguenza che esse dovranno compiersi nelle forme prescritte dagli artt. 136 ss. c.p.c.
Sulla base delle premesse svolte è possibile trarre una prima conclusione.
Al fine di verificare il luogo presso cui deve essere comunicato il piano di riparto è necessario preliminarmente verificare:
se l'atto di pignoramento conteneva l'invito di cui all'art. 492, comma secondo, citato;
se il debitore ha effettuato la dichiarazione di elezione di domicilio.
Se questa dichiarazione fosse intervenuta, nulla questio; le comunicazioni devono essere eseguite presso il luogo indicato;
Se invece questa dichiarazione non fosse intervenuta occorre esaminare l'atto di pignoramento per verificare se esso conteneva l'invito di cui si è detto.
Se l'invito fosse stato formulato, la comunicazione potrà essere validamente eseguita mediante deposito in cancelleria.
In caso contrario occorrerà procedere nelle forme ordinarie, e se il debitore dispone di pec la notifica potrà essere validamente eseguita a mezzo pec.
2 Irreperibilità dell'esecutato.
Il caso della irreperibilità o della inerzia dell'esecutato non è infrequente. Può infatti accadere che uno dei creditori aventi titolo a concorrere nella distribuzione del ricavato, o il debitore stesso, sia irreperibile oppure sia deceduto e non siano intervenuti eredi o il curatore dell'eredità giacente.
È quindi necessario interrogarsi sulla sorte delle somme assegnate, in sede di riparto, a costoro, anche in ragione del fatto che per il processo esecutivo manca una previsione analoga a quella di cui all'art. 117, comma quarto, l.fall. (art. 213, comma quarto, cci) a norma del quale le somme destinate ai creditori irreperibili sono ridepositate sul conto della procedura e decorsi 5 anni sono versati, dal depositario, all'Erario.
Alla domanda ha fornito risposta la l. 13 novembre 2008, n. 181, che, nel convertire il d.l. 16 settembre 2008, n. 143 (recante "Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario "), ne ha modificato l'art. 2, aggiungendo al comma secondo, la lett. c-bis, a mente del quale gli importi "depositati presso Poste Italiane S.p.a., banche e altri operatori finanziari, in relazione a procedimenti civili di cognizione, esecutivi o speciali, non riscossi o non reclamati dagli aventi diritto entro cinque anni dalla data in cui il procedimento si è estinto o è stato comunque definito o è divenuta definitiva l'ordinanza di assegnazione, di distribuzione o di approvazione del progetto di distribuzione ovvero, in caso di opposizione, dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia", vanno conferiti al "Fondo Unico Giustizia" (stessa sorte subiscono le somme di cui all'art. 117, comma quarto, l.fall.).
Dunque le somme da destinarsi al debitore resteranno depositate sul conto della procedura, e decorsi 5 anni dalla chiusura andranno riversate al FUG.
3 ritenute alle fonte.
Il trattamento fiscale di questo compenso sconta una differente disciplina in relazione alla tipologia dei debitori esecutati, alla possibilità di reperirli ed alla loro "collaborazione".
E così, se il debitore non è sostituto d'imposta non gli potrà essere richiesto alcun adempimento, ed il professionista verserà l'imposta complessiva risultante dalla propria dichiarazione dei redditi.
Se invece il debitore esecutato riveste la qualità di sostituto d'imposta ai sensi degli artt. 23 e 25 d.P.R. 600/1973, l'Agenzia delle Entrate con la risoluzione del 18/10/2007 n. 296 ha ritenuto che a provvedere debba essere il professionista delegato nel momento in cui preleva dal ricavato dalla vendita l'importo dovutogli, come liquidato dal giudice dell'esecuzione.
Quindi Il professionista, "in nome e per conto del debitore esecutato", dovrà operare e versare la ritenuta con il modello F24, nonché eseguire gli adempimenti conseguenti, quali il rilascio e la trasmissione telematica della Certificazione Unica e la presentazione del modello 770.
Le modalità procedimentali potrebbero essere le stesse del curatore fallimentare che opera in nome e per conto del debitore, e quindi nel modello F24 dovranno essere indicati i dati del debitore esecutato, unitamente al codice fiscale del professionista nel campo "codice fiscale del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare", nonché il codice "03" nel campo "codice identificativo".
Il codice tributo sarà il 1040, relativo alle ritenute sui redditi di lavoro autonomo.
Questa ricostruzione si espone tuttavia ad un rilievo critico di fondo.
Invero, solo il curatore, e non anche il delegato, è menzionato nell'art. 23 d.P.R. 600/1973 tra i sostituti d'imposta, sicché occorrerebbe chiedersi se il silenzio serbato dal legislatore sul punto possa essere colmato in via analogica, risolvendo a monte il problema di comprendere se l'inclusione del curatore tra i sostituti d'imposta operata dall'art. 37 d.l. 04/07/2006, n. 223, convertito, con modificazioni, con l. 4/8/2006, n. 248 sia norma eccezionale o piuttosto enunciativa di un principio generale. Sul punto deve registrarsi che la Corte di Cassazione, prima della modifica intervenuta nel 2006, aveva più volte escluso che in capo al curatore gravassero obblighi fiscali diversi da quelli normativamente previsti affermando che, siccome "secondo una configurazione che trova puntuale riscontro anche nel diritto impositivo vigente (cfr. art. 125 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), nei confronti del fallito permane la soggettività passiva dei tributi" (Cfr. Cass., 20 marzo 1993, n. 3321), "sul curatore, in quanto organo della procedura, possono gravare solo gli obblighi tassativamente previsti per la specifica figura"( Cfr. Cass., 22 dicembre 1994, n. 11047).
Inoltre la soluzione indicata dall'Agenzia delle Entrate deve fare i conti con il caso (pervero abbastanza improbabile) in cui debitore manifesti la disponibilità a provvedere personalmente agli adempimenti connessi alla ritenuta o il delegato riesca a convincerlo ad adempiere. In questo caso, evidentemente, si pone il problema di evitare che il debitore esecutato riceva dal delegato l'importo della ritenuta e non provveda al suo versamento. Per evitare questa eventualità il delegato dovrà avere cura di eseguire personalmente il pagamento materiale.
-