Forum ESECUZIONI - LA FASE DELLA VENDITA

vendita quota immobile

  • Silvia Pecora Polese

    Salerno
    29/09/2020 17:30

    vendita quota immobile

    L'esecuzione interessa quote di un immobile per quota 30%
    gli altri proprietari stesso asse ereditario hanno venduto in passato ad unico soggetto che detiene la maggioranza.
    la quota proviene da successione ereditaria, presentata dagli eredi, fatta 16 anni fà ,tutti gli eredi hanno avuto la stessa quota.
    l'esecutato mi comunica un errore nella successione, sostenendo che le particelle oggetto di successione non erano in possesso interamente del de cuius ma solo in parte, quindi la quota dovrebbe essere minore.
    gli altri eredi hanno venduto, con rogito le quote, già tempo fa per la quota inserita in successione senza remore.
    Vi chiedo, dopo 16 anni l'atto successorio non impugnato non è diventato tacito?
    non vorrei trovare dei problemi successivamente con qualche reclamo
    grazie
    spp
    • Zucchetti SG

      01/10/2020 10:01

      RE: vendita quota immobile

      Riteniamo che per affrontare l'argomento sia necessario svolgere alcune premesse.
      Con riferimento ai beni caduti in successione Cass., Sez. III, n. 11638 del 26 maggio 2014 ha osservato che "in materia di espropriazione immobiliare, qualora sia sottoposto a pignoramento un diritto reale su un bene immobile di provenienza ereditaria e l'accettazione dell'eredità non sia stata trascritta a cura dell'erede - debitore esecutato, il creditore procedente, se il chiamato all'eredità ha compiuto uno degli atti che comportano accettazione tacita dell'eredità, può richiedere, a sua cura e spese, la trascrizione sulla base di quell'atto, qualora esso risulti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata od accertata giudizialmente, anche dopo la trascrizione del pignoramento, ripristinando così la continuità delle trascrizioni ai sensi e per gli effetti dell'art. 2650, comma secondo, cod. civ., purché prima dell'autorizzazione alla vendita ai sensi dell'art. 569, cod. proc. civ. Se, invece, il chiamato all'eredità ha compiuto uno degli atti che comportano accettazione tacita dell'eredità ma questo non sia trascrivibile, perché non risulta da sentenza, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, ovvero se si assume che l'acquisto della qualità di erede sia seguito ex lege ai fatti di cui agli artt. 485 o 527 cod. civ., non risultando questo acquisto dai pubblici registri, la vendita coattiva del bene pignorato ai danni del chiamato presuppone che la qualità di erede del debitore esecutato sia accertata con sentenza".
      Dunque, la proseguibilità della procedura esecutiva che abbia ad oggetto beni pervenuti all'esecutato iure hereditatis è subordinata alla trascrizione della intervenuta accettazione (espressa o tacita dell'eredità); ciò all'evidente scopo di assicurare la stabilità dell'acquisto mediante una continuità di trascrizioni.
      La medesima giurisprudenza ha precisato infatti che "spetta al giudice dell'esecuzione verificare la titolarità, in capo al debitore esecutato, del diritto … pignorato sul bene immobile", puntualizzando che:
      1. questa verifica va compiuta, d'ufficio, mediante l'esame della documentazione prodotta dal creditore procedente ai sensi dell'art. 567 c.p.c., comma 2;
      2. Si tratta di verifica formale, cioè basata su indici di appartenenza del bene desumibili dalle risultanze dei registri immobiliari;
      3. non ha carattere sostanziale, perché la titolarità del diritto sul bene immobile pignorato in capo all'esecutato non è un presupposto dell'espropriazione immobiliare e perché il decreto di trasferimento non contiene l'accertamento dell'appartenenza del bene al soggetto esecutato;
      4. soltanto, spetta al creditore procedente dimostrare, appunto attraverso detta documentazione, la trascrizione di un titolo d'acquisto a favore del debitore esecutato, nonché l'assenza di trascrizioni a carico dello stesso debitore relative ad atti di disposizione del bene, precedenti la trascrizione del pignoramento.
      Sulla scorta di questi argomenti riteniamo che se è certamente onere della procedura (e del professionista delegato) accertare la titolarità del bene in capo all'esecutato, è anche vero che questa verifica deve essere compiuta attraverso l'esame degli indici esteriori ricavabili dalla documentazione catastale, dai quali deve essere possibile desumere:
      A) che il debitore esecutato risulti proprietario in forza di un titolo di acquisto trascritto in suo favore (da qui l'affermazione per cui in caso di acquisto mortis causa deve esservi la trascrizione dell'accettazione dell'eredità);
      B) che il bene sia pervenuto al suo dante causa in forza di una serie continua di trascrizioni protrattasi per un ventennio, fino a risalire, secondo quanto precisato da Cass. civ., sez. III, 11 giugno 2019, n. 15597, al primo atto anteriore al ventennio.
      Sulla scorta di questi argomenti, e venendo alla domanda formulata, riteniamo che, al di là delle indicazioni provenienti dall'esecutato (che pervero non ci sembrano particolarmente penetranti atteso che egli parla "possesso"), occorrerà verificare:
      in primo luogo che sia stata trascritta l'accettazione dell'eredità. A questo proposito precisiamo che non è sufficiente la trascrizione della mera denuncia di successione; essa infatti è adempimento di carattere fiscale (art. 5 D.P.R. 31 ottobre 1990 n. 347) il quale non priva il chiamato all'eredità del diritto di rinunciarvi (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 4756/99, 2711/96, 5463/95 e, da ultimo, Cass. 28.2.2007 n. 4783). Si osservi, infatti, che proprio l'art. 5 citato precisa che la trascrizione della dichiarazione di successione (eseguita su richiesta dell'ufficio del registro) non "costituisce trascrizione degli acquisti a causa di morte degli immobili e dei diritti reali immobiliari compresi nella successione", il che appunto conferma che trattasi di un semplice adempimento di carattere fiscale, obbligatorio per gli uffici dell'amministrazione finanziaria;
      in secondo luogo che il decuius fosse proprietario dei bene caduti in successione e successivamente pignorati in forza di una serie continua di trascrizioni.
    • Silvia Pecora Polese

      Salerno
      20/10/2020 17:39

      RE: vendita quota immobile

      La propeità è indivisa la vendita della sola quota 30% non sarebbe conveniente
      Il soggetto che detiene la maggiore quota vorrebbe fare un offerta ma irrisoria perché naturalmente sarebbe lui l'unico interessato, forte della consapevolezza che nessuno è interessato all'acquisto di una quota minima ed inutile, anche se fosse sciolta la comunione.
      Ritengo che vendendo l'intera proprietà e ristorando il possessore maggioritario il ricavato sarebbe sicuramente superiore ad altre possibili azioni.
      Vi chiedo quali possibili azioni da intraprendere in merito.
      grazie
      spp
      • Zucchetti SG

        23/10/2020 09:58

        RE: RE: vendita quota immobile

        A norma del dell'art. 600 c.p.c. il pignoramento che ha ad oggetto la quota indivisa di un bene possono può avere un triplice sbocco:
        separazione della quota in natura;
        vendita forzata della quota indivisa;
        vendita dell'intero nell'ambito di un giudizio divisorio incidentale con attribuzione alla procedura esecutiva della quota parte del ricavato spettante al debitore esecutato.
        È tuttavia possibile individuare anche altri esiti, per quanto non espressamente previsti dall'art. 600: l'assegnazione della quota del bene immobile al comproprietario ex art. 720 c.c. al valore di stima; la divisione totale ed immediata del bene, con l'accordo di tutti gli interessati; la liquidazione della quota ideale del debitore, con l'assegnazione di una somma in danaro da parte degli altri contitolari o di alcuni di essi, sempre al valore di stima.
        Con la separazione della quota in natura una porzione materiale del bene indiviso, corrispondente per valore alla quota pignorata, viene trasferita all'esecutato in proprietà esclusiva, destinandola così alla vendita forzata.
        In questo modo la parte residuale del bene, liberata dalle iscrizioni ipotecarie trascritte contro l'esecutato e dal pignoramento, rimane in capo agli altri comproprietari, e l'esecuzione prosegue nelle forme ordinarie sulla porzione separata.
        Dalla lettera dell'art. 600 c.p.c. emerge chiaramente il fatto che la separazione della quota sia l'opzione preferita dal legislatore.
        Così la Corte di Cassazione, secondo la quale "In tema di esecuzione forzata immobiliare su bene indiviso in forza di pignoramento limitato alla quota di spettanza del debitore, il potere - dovere del giudice dell'esecuzione di adottare i provvedimenti contemplati dall'art. 600 cod. proc. civ., configuranti atti esecutivi in senso proprio, resta soggetto alle modalità ed ai criteri fissati dalla norma medesima, che prevede, quando possibile, la separazione di detta quota in natura e consente, solo quando ciò sia impossibile, la scelta fra la vendita della quota stessa e la divisione della comunione, da disporsi con un ordine del medesimo giudice della esecuzione di trattazione ed istruzione della causa davanti a sé (quale giudice istruttore), ove la competenza spetti all'ufficio giudiziario al quale appartiene" (Cass. civ., sez. III, 17 maggio 2005, n. 10334).
        Ovviamente, la separazione della quota in natura deve essere possibile, ed il concetto di possibilità va inteso non tanto in senso fisico, quanto piuttosto in senso economico-giuridico. La precisazione sta a significare che, ad esempio, se per operare la separazione è necessari sostenere delle e di spese per realizzare opere, la separazione in natura dovrà ritenersi non possibile qualora tali opere fossero eccessivamente onerose. Ad identica conclusione si giungerà quante volte, essendo impossibile ritagliare una porzione esattamente corrispondente al valore della quota, la separazione in natura richieda la corresponsione di conguagli a favore o a carico dei condividenti, quantomeno, qualora i conguagli fossero eccessivamente elevati rispetto al valore della porzione separata, ed i soggetti tenuti al versamento negassero il loro consenso (è da ritenersi ad avviso di chi scrive che in genere un conguaglio superiore al 20 – 25% sia eccessivo).
        La vendita della quota indivisa viene concepita dal legislatore come una vera e propria "ultima spiaggia". La lettura dell'art. 600, comma secondo, c.p.c. non la scia dubbi in proposito, prevedendosi che si possa ricorrere ad essa solo se il giudice ritiene che la quota si venderà ad un prezzo pari o superiore al suo valore venale, stimato dall'esperto nominato.
        In caso di vendita di quota indivisa si seguiranno le regole generali, con l'espressa avvertenza che nel decreto di trasferimento dovrà specificarsi che oggetto del trasferimento è la quota e non l'intero, e che prima della sua pronuncia eventuali titolari di diritti di prelazione dovranno essere posti in grado di esercitarla.
        La così detta "divisione endoesecutiva" è invece l'epilogo "obbligato" dell'udienza di comparizione delle parti quando sia stato verificato l'impossibilità giuridico economica di procedere alla separazione della quota o di venderla ad un prezzo almeno pari al valore di stima, nonché l'indisponibilità degli altri quotisti a liquidare l'esecutato.
        Attraverso questo giudizio si procede allo scioglimento della comunione, similmente a quanto accadrebbe in un ordinario giudizio divisorio, con attribuzione all'esecutato di una porzione del ricavato dalla vendita di valore uguale al valore della quota di proprietà di cui era titolare, e sulla quale è stato trascritto il pignoramento.