Forum ESECUZIONI - LA FASE DELLA VENDITA

OPPOSIZIONE TARDIVA 650 CPC

  • Chiara Fabbroni

    AREZZO
    05/07/2024 17:09

    OPPOSIZIONE TARDIVA 650 CPC

    Buonasera,
    vengo a porre il seguente quesito, in ordine alle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea del 17 maggio 2022 e delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 6 aprile 2023, n. 9479.

    Nel caso specifico mi trovo ad affrontare una esecuzione nei confronti del terzo acquirente l'immobile ipotecato (società di capitali) il cui titolo esecutivo azionato nei suoi confronti ed acquisito verso il suo dante causa è costituito da un decreto ingiuntivo opposto e poi confermato con sentenza passata in giudicato; decreto era stato emesso nei confronti del dante causa - Società di capitali- e nei confronti del fideiussore persona fisica (persona fisica che invero trattavasi del legale rappresentante della stessa Società esecutata, ex sè coincidente con il Socio di maggioranza della predetta).
    Dalla disamina della sentenza che conferma il decreto ingiuntivo, pare desumersi che l'opposizione avrebbe riguardato anche la nullità della fideiussione, anche se non con specifico riferimento alle clausole abusive.
    In questo contesto, in qualità di delegato devo rilevare qualcosa per rimettere in termini il debitore esecutato e/o finanche il terzo acquirente ai fini di una opposizione tardiva del titolo alla luce dei recenti dettami della Cassazione a Sezioni Unite?
    Ringrazio come sempre
    • Zucchetti SG

      07/07/2024 09:03

      RE: OPPOSIZIONE TARDIVA 650 CPC

      Il tema posto dalla domanda è delicatissimo, anche nel caso di specie si sembra di poter affermare con sufficiente sicurezza che il professionista delegato non è tenuto ad alcun onere particolare.
      Proviamo a spiegare le ragioni del nostro convincimento.
      Con la pronuncia 6 aprile 2023, n. 9479, resa a sezioni unite, l'autorità giurisdizionale italiana è stata chiamata pronunciarsi sugli effetti della sentenza "SPV/Banco di Desio" pronunciata dalla CGUE il 17 maggio 2022, dove si è affermato che «L'articolo 6, paragrafo 1, e l'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale la quale prevede che, qualora un decreto ingiuntivo emesso da un giudice su domanda di un creditore non sia stato oggetto di opposizione proposta dal debitore, il giudice dell'esecuzione non possa - per il motivo che l'autorità di cosa giudicata di tale decreto ingiuntivo copre implicitamente la validità delle clausole del contratto che ne è alla base, escludendo qualsiasi esame della loro validità - successivamente controllare l'eventuale carattere abusivo di tali clausole".
      Sulla base di questo decisum, il giudice nazionale si è incaricato di assicurare la "complementarietà funzionale delle norme processuali nazionali rispetto al diritto europeo sostanziale che, orientato dai principi di equivalenza ed effettività – nella calibrazione data ad essi, di volta in volta, dall'interpretazione della Corte di giustizia -, trova svolgimento in un processo dinamico e complesso di integrazione, tale che la disciplina interna sul processo, ove necessario, si debba flettere sino al punto di mostrarsi adeguata e congruente rispetto agli standard di garanzia richiesti dal diritto eurounitario" (pag. 14 della motivazione), muovendo dalla premessa che "le categorie e gli istituti di diritto processuale interno potranno mantenere intatto il proprio fisiologico spazio applicativo là dove sia possibile rinvenire nel sistema, e fintanto che lo sia, l'apparato di tutela giurisdizionale che garantisca appieno l'effettività del diritto eurounitario, per come interpretato dalla CGUE nel suo ruolo di fonte del diritto e, dunque, nell'esercizio della sua funzione nomogenetica" (pag. 14 della motivazione).
      La Corte, dopo aver individuato (tra le molteplici possibili soluzioni indicate dalla dottrina) nella opposizione tardiva a decreto ingiuntivo ex art. 650 c.p.c. il congegno processuale attraverso cui deve operare la tutela recuperatoria del consumatore (id est "l'effettività del diritto eurounitario, per come interpretato dalla CGUE"), declina quali sono concrete modalità attraverso cui lo strumento prefigurato è chiamato ad operare nelle diverse fasi procedimentali.
      Con particolare riguardo alla ipotesi di esecuzione forzata già intrapresa, la pronuncia afferma (pag. 29) che "ove non sia adito prima dalle parti, il G.E. potrà dare atto, nel provvedimento di fissazione, rispettivamente, dell'udienza ex art. 530 c.p.c. (nel caso di vendita o assegnazione dei beni pignorati) o ex art. 543 c.p.c. (nel caso di espropriazione presso terzi), che il decreto ingiuntivo non è motivato e invitare il creditore procedente o intervenuto a produrre, in un certo termine prima dell'udienza, il contratto fonte del credito azionato in via monitoria, così da instaurare, nell'udienza stessa, il contraddittorio delle parti sull'eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto. All'esito, il G.E., se rileva il possibile carattere abusivo di una clausola contrattuale, ma anche se ritenga che ciò non sussista, ne informa le parti e avvisa il debitore consumatore (ciò che varrà come interpello sull'intenzione di avvalersi o meno della nullità di protezione) che entro 40 giorni da tale informazione – che nel caso di esecutato non comparso è da rendersi con comunicazione di cancelleria - può proporre opposizione a decreto ingiuntivo e così far valere (soltanto ed esclusivamente) il carattere abusivo delle clausole contrattuali incidenti sul riconoscimento del credito oggetto di ingiunzione. Prima della maturazione del predetto termine, il G.E. si asterrà dal procedere alla vendita o all'assegnazione del bene o del credito".
      Come si vede, la sentenza ipotizza uno scenario in cui il giudice dell'esecuzione, motu proprio (in questo senso è da leggersi l'espressione "ove non sia stato adito prima") si attiva con il provvedimento di fissazione dell'udienza di cui all'art. 530 c.p.c. (che, nell'esecuzione immobiliare, corrisponde dall'udienza ex art. 569 c.p.c.), avvertendo il debitore consumatore che entro 40 giorni potrà proporre opposizione tardiva al decreto ingiuntivo. Aggiunge la pronuncia che "prima della maturazione del predetto termine, il G.E. si asterrà dal procedere alla vendita" dal che si ricava che il "procedere alla vendita" va inteso nel senso di "pronunciare l'ordinanza di vendita", poiché il segmento processuale qui attenzionato dalla Corte è quello che precede il momento dell'adozione dell'ordinanza di vendita, atteso che il termine viene concesso proprio con il provvedimento che fissa l'udienza in cui la vendita sarà ordinata.
      Al paragrafo 8.2.1.2. il giudice della nomofilachia affronta la questione anche nel diverso contesto in cui sia "già in corso un'opposizione esecutiva", qui da intendersi come opposizione ex art. 615, comma secondo, c.p.c. posto che della opposizione a precetto la sentenza discorre al precedente paragrafo 8.2.1.1.
      Qui, le sezioni unite prevedono che "ove emerga un problema di abusività delle clausole … il giudice dell'opposizione rileverà d'ufficio la questione e interpellerà il consumatore se intende avvalersi della nullità di protezione. Ove il consumatore voglia avvalersene, il giudice darà al consumatore termine di 40 giorni per proporre l'opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e, nel frattempo, il G.E. si asterrà dal disporre la vendita o l'assegnazione del bene o del credito".
      È allora chiaro come la Corte, nell'armonizzare i principi della giurisprudenza comunitaria con il diritto interno, abbia condivisibilmente ritenuto che, qualora un'opposizione sia già pendente, è il giudice di questa, attraverso una dilatazione officiosa del thema decidendum, a dover interrogarsi (prima) sulla abusività delle clausole in danno del consumatore, ed a concedere (poi) un termine per proporre una opposizione tardiva a decreto ingiuntivo "ove emerga un problema di abusività delle clausole" (con la necessaria conseguenza per cui se questo problema non si pone il termine non dovrà essere concesso), avvertendo che al giudice dell'esecuzione non resterà che prendere atto di questa iniziale delibazione (similmente, ma non identicamente, a quanto avviene nei casi di sospensione c.d. esterna del titolo, ai sensi dell'art. 623 c.p.c.) ed astenersi dal disporre la vendita (a meno che, evidentemente, non vi sia l'intervento di altri creditori legittimati a dare impulso alla procedura, nel qual caso lo stallo dell'esecuzione sarebbe impedito in applicazione dei principi indicati da cass. n. 61/2014, o non sia già intervenuta l'aggiudicazione, da ritenersi salva ex art. 187-bis disp. att. c.p.c.).
      Si tratta, a bene vedere, di una operazione esegetica di raccordo che, nel ridisegnato quadro imposto dalla giurisprudenza unionale, da un lato assicura seguito ai dettami della CGUE, procurando tutela effettiva al consumatore indipendentemente dal passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo, e dall'altro consente di tenere ferma, all'interno dei confini nazionali, la distinzione eziologica tra il giudice della cognizione (cui spetta di "conoscere" i diritti) e giudice della esecuzione (il cui compito è quello di "attuarli"), pur nella consapevolezza per cui anche il giudice dell'esecuzione potrebbe essere investito dello scrutinio innanzi descritto quante volte l'opposizione penda nella fase che si celebra dinnanzi a lui, a norma degli artt. 615 comma 2 e 617 comma 2 c.p.c..-
      Poste le premesse di cui sopra, e venendo al caso di specie, va osservato che l'odierno debitore ha già attivato i meccanismi processuali (cioè l'opposizione a decreto ingiuntivo) che una interpretazione conforme ai parametri unionali del diritto interno impone gli siano riconosciuti indipendentemente dal passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo. Qui, infatti, sta il proprium della giurisprudenza surrichiamata: l'affermazione per cui il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo non può risolversi in danno della tutela consumeristica, nel senso che quel passaggio in giudicato non è ostativo ad una opposizione al decreto ingiuntivo.
      Così ricostruito il quadro di riferimento, è evidente che in questo caso i dettami dell'ordinamento UE, come adattati al diritto interno dalla citata pronuncia delle sezioni unite, non vengono in considerazione poiché il vulnus al quale si è inteso porre rimedio non si è verificato. La Corte ha affermato che un decreto ingiuntivo può essere opposto nonostante il suo passaggio in giudicato, e poiché nel caso prospettato questa opposizione è stata ritualmente coltivata, il problema non si pone (peraltro, come detto, ove fosse già pendente una opposizione la questione rientrerebbe nel perimetro dello scrutinio del giudice dalla opposizione e non già del giudice della esecuzione).
      Riteniamo, in definitiva, che il professionista delegato possa certamente procedere oltre nello svolgimento delle operazioni affidategli.