Forum ESECUZIONI - LA FASE DELLA VENDITA

Clausole abusive- Consumatore- Delegato alla Vendita

  • Chiara Fabbroni

    AREZZO
    24/10/2024 22:12

    Clausole abusive- Consumatore- Delegato alla Vendita

    Buonasera,
    sono a porre il seguente quesito.
    In qualità di delegata mi trovo a mettere in vendita un immobile il cui titolo è costituito da un mutuo e i cui debitori esecutati sono evidentemente dei consumatori.
    Mi chiedo e vi chiedo se la disciplina a tutela del consumatore e le verifiche del delegato e quelle del Giudice, alla luce della sentenza a sezioni unite del 2023, si debbano eseguire anche ove il titolo esecutivo sia costituito da un mutuo.
    Ringrazio anticipatamente come sempre per il Vostro prezioso contributo.
    • Zucchetti SG

      25/10/2024 15:14

      RE: Clausole abusive- Consumatore- Delegato alla Vendita

      La questione posta è assai delicata e controversa.
      Le sezioni unite civili della Corte di cassazione, con la sentenza 6 aprile 2023, n. 9479sono state chiamate a pronunciarsi sugli effetti della sentenza "SPV/Banco di Desio" pronunciata dalla CGUE il 17 maggio 2022, dove si è affermato che «L'articolo 6, paragrafo 1, e l'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale la quale prevede che, qualora un decreto ingiuntivo emesso da un giudice su domanda di un creditore non sia stato oggetto di opposizione proposta dal debitore, il giudice dell'esecuzione non possa - per il motivo che l'autorità di cosa giudicata di tale decreto ingiuntivo copre implicitamente la validità delle clausole del contratto che ne è alla base, escludendo qualsiasi esame della loro validità - successivamente controllare l'eventuale carattere abusivo di tali clausole".
      Sulla base di questo decisum, il giudice nazionale si è incaricato di assicurare la "complementarietà funzionale delle norme processuali nazionali rispetto al diritto europeo sostanziale che, orientato dai principi di equivalenza ed effettività – nella calibrazione data ad essi, di volta in volta, dall'interpretazione della Corte di giustizia -, trova svolgimento in un processo dinamico e complesso di integrazione, tale che la disciplina interna sul processo, ove necessario, si debba flettere sino al punto di mostrarsi adeguata e congruente rispetto agli standard di garanzia richiesti dal diritto eurounitario" (pag. 14 della motivazione), muovendo dalla premessa che "le categorie e gli istituti di diritto processuale interno potranno mantenere intatto il proprio fisiologico spazio applicativo là dove sia possibile rinvenire nel sistema, e fintanto che lo sia, l'apparato di tutela giurisdizionale che garantisca appieno l'effettività del diritto eurounitario, per come interpretato dalla CGUE nel suo ruolo di fonte del diritto e, dunque, nell'esercizio della sua funzione nomogenetica" (pag. 14 della motivazione).
      La Corte, dopo aver individuato (tra le molteplici possibili soluzioni indicate dalla dottrina) nella opposizione tardiva a decreto ingiuntivo ex art. 650 c.p.c. il congegno processuale attraverso cui deve operare la tutela recuperatoria del consumatore (id est "l'effettività del diritto eurounitario, per come interpretato dalla CGUE"), declina quali sono concrete modalità attraverso cui lo strumento prefigurato è chiamato ad operare nelle diverse fasi procedimentali.
      Con particolare riguardo alla ipotesi di esecuzione forzata già intrapresa, la pronuncia afferma (pag. 29) che "ove non sia adito prima dalle parti, il G.E. potrà dare atto, nel provvedimento di fissazione, rispettivamente, dell'udienza ex art. 530 c.p.c. (nel caso di vendita o assegnazione dei beni pignorati) o ex art. 543 c.p.c. (nel caso di espropriazione presso terzi), che il decreto ingiuntivo non è motivato e invitare il creditore procedente o intervenuto a produrre, in un certo termine prima dell'udienza, il contratto fonte del credito azionato in via monitoria, così da instaurare, nell'udienza stessa, il contraddittorio delle parti sull'eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto. All'esito, il G.E., se rileva il possibile carattere abusivo di una clausola contrattuale, ma anche se ritenga che ciò non sussista, ne informa le parti e avvisa il debitore consumatore (ciò che varrà come interpello sull'intenzione di avvalersi o meno della nullità di protezione) che entro 40 giorni da tale informazione – che nel caso di esecutato non comparso è da rendersi con comunicazione di cancelleria - può proporre opposizione a decreto ingiuntivo e così far valere (soltanto ed esclusivamente) il carattere abusivo delle clausole contrattuali incidenti sul riconoscimento del credito oggetto di ingiunzione. Prima della maturazione del predetto termine, il G.E. si asterrà dal procedere alla vendita o all'assegnazione del bene o del credito".
      Come si vede, la sentenza ipotizza uno scenario in cui il giudice dell'esecuzione, motu proprio (in questo senso è da leggersi l'espressione "ove non sia stato adito prima") si attiva con il provvedimento di fissazione dell'udienza di cui all'art. 530 c.p.c. (che, nell'esecuzione immobiliare, corrisponde dall'udienza ex art. 569 c.p.c.), avvertendo il debitore consumatore che entro 40 giorni potrà proporre opposizione tardiva al decreto ingiuntivo. Aggiunge la pronuncia che "prima della maturazione del predetto termine, il G.E. si asterrà dal procedere alla vendita" dal che si ricava che il "procedere alla vendita" va inteso nel senso di "pronunciare l'ordinanza di vendita", poiché il segmento processuale qui attenzionato dalla Corte è quello che precede il momento dell'adozione dell'ordinanza di vendita, atteso che il termine viene concesso proprio con il provvedimento che fissa l'udienza in cui la vendita sarà ordinata.
      Al paragrafo 8.2.1.2. il giudice della nomofilachia affronta la questione anche nel diverso contesto in cui sia "già in corso un'opposizione esecutiva", qui da intendersi come opposizione ex art. 615, comma secondo, c.p.c. posto che della opposizione a precetto la sentenza discorre al precedente paragrafo 8.2.1.1.
      Qui, le sezioni unite prevedono che "ove emerga un problema di abusività delle clausole … il giudice dell'opposizione rileverà d'ufficio la questione e interpellerà il consumatore se intende avvalersi della nullità di protezione. Ove il consumatore voglia avvalersene, il giudice darà al consumatore termine di 40 giorni per proporre l'opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e, nel frattempo, il G.E. si asterrà dal disporre la vendita o l'assegnazione del bene o del credito".
      È allora chiaro come la Corte, nell'armonizzare i principi della giurisprudenza comunitaria con il diritto interno, abbia condivisibilmente ritenuto che, qualora un'opposizione sia già pendente, è il giudice di questa, attraverso una dilatazione officiosa del thema decidendum, a dover interrogarsi (prima) sulla abusività delle clausole in danno del consumatore, ed a concedere (poi) un termine per proporre una opposizione tardiva a decreto ingiuntivo "ove emerga un problema di abusività delle clausole" (con la necessaria conseguenza per cui se questo problema non si pone il termine non dovrà essere concesso), avvertendo che al giudice dell'esecuzione non resterà che prendere atto di questa iniziale delibazione (similmente, ma non identicamente, a quanto avviene nei casi di sospensione c.d. esterna del titolo, ai sensi dell'art. 623 c.p.c.) ed astenersi dal disporre la vendita (a meno che, evidentemente, non vi sia l'intervento di altri creditori legittimati a dare impulso alla procedura, nel qual caso lo stallo dell'esecuzione sarebbe impedito in applicazione dei principi indicati da cass. n. 61/2014, o non sia già intervenuta l'aggiudicazione, da ritenersi salva ex art. 187-bis disp. att. c.p.c.).
      Si tratta, a bene vedere, di una operazione esegentica di raccordo che, nel ridisegnato quadro imposto dalla giurisprudenza unionale, da un lato assicura seguito ai dettami della CGUE, procurando tutela effettiva al consumatore indipendentemente dal passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo, e dall'altro consente di tenere ferma, all'interno dei confini nazionali, la distinzione eziologica tra il giudice della cognizione (cui spetta di "conoscere" i diritti) e giudice della esecuzione (il cui compito è quello di "attuarli"), pur nella consapevolezza per cui anche il giudice dell'esecuzione potrebbe essere investito dello scrutinio innanzi descritto quante volte l'opposizione penda nella fase che si celebra dinnanzi a lui, a norma degli artt. 615 comma 2 e 617 comma 2 c.p.c..-
      Come si vede, i giudici di legittimità non tracciano un percorso fine a sé stesso.
      La Corte è chiara nel precisare che il rilevo d'ufficio di una nullità di protezione genera per il giudice dell'esecuzione l'onere di informare il consumatore della possibilità (nonostante il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo) di proporre, nel termine di 40 giorni, opposizione tardiva a norma dell'art. 650 c.p.c.
      Dunque, a fronte della necessità di scongiurare che la tutela consumeristica sia necrotizzata dal passaggio in giudicato di un decreto ingiuntivo non opposto, la Corte di Cassazione ha previsto che il consumatore sia avvertito del fatto che il giudicato non è ostativo per cui, ciononostante, può impugnare il provvedimento monitorio, ove lo ritenga. Questo avviso costituisce l'esito di un agere officioso che: a fronte di un debitore inerte si sostanzia nella necessità di radicare il contraddittorio previa acquisizione del contratto; al cospetto di una opposizione pendente richiede al giudice una valutazione allo stato degli atti.
      Così delineato il rinnovato quadro imposto dalla giurisprudenza della CGUE, siccome declinato nei confini nazionali, si dovrebbe ritenere che la sentenza non trova applicazione con riferimento ad un titolo esecutivo di formazione giudiziale da superare. Qui infatti la tutela consumeristica non è messa in pericolo dall'istituto del passaggio in giudicato, posto che il debitore potrà sempre impugnare il titolo.
      Piuttosto, il problema che si pone è quello di capire se la deduzione della violazione della disciplina consumeristica, e della conseguente nullità del titolo esecutivo, possa essere svolta dopo lo spirare del termine di cui all'art. 615, comma secondo, c.p.c., e se il rilevo debba essere svolto d'ufficio dal giudice.
      Ad ogni buon conto, come premesso, si tratta di una questione attuale ed incerta, sulla quale le opinioni sono difformi. È dunque opportuno che il tema sia oggetto di interlocuzione con il giudice dell'esecuzione.