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Forum ESECUZIONI - LA CUSTODIA
immobile strumentale oggetto di affitto d'azienda - validità di clausola di rinnovo automatico alla prima scadenza
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Marco Minguzzi
Ravenna08/12/2025 15:00immobile strumentale oggetto di affitto d'azienda - validità di clausola di rinnovo automatico alla prima scadenza
Sono custode giudiziario di un immobile ad uso strumentale oggetto di contratto di affitto d'azienda opponibile alla procedura della durata di 4 anni, con clausola di tacito rinnovo per ulteriori 4, senza limiti temporali.
Oltre che dell'immobile l'azienda è composta da mobilio e attrezzature, che però hanno un peso modesto sul valore complessivo del compendio affittato.
Infatti il valore dei beni mobili oggetto di affitto d'azienda non supera il 10% del valore complessivo, mentre l'immobile pesa il 90%.
Il contratto presenta canone di affitto ritenuto congruo dal CTU.
L'affittuario non è moroso.
Vengo al nodo della questione.
Il contratto prevede una clausola del seguente tenore: "alla prima scadenza l'affittante si impegna sin da ora a non dare disdetta".
Per cui nella mia qualità di custode, se questa clausola fosse valida, essendo prossima la prima scadenza contrattuale, mi troverei nella impossibilità a dare disdetta e dovrei assistere ad un rinnovo tacito per ulteriori 4 anni.
Chiedo il vostro cortese parere in merito: la clausola che impedisce all'affittante di dare disdetta alla prima scadenza, in caso di custodia giudiziaria, è valida? posso disapplicarla? se si in base a quale orientamento?
Grazie in anticipo del riscontro-
Zucchetti Software Giuridico srl
12/12/2025 13:08RE: immobile strumentale oggetto di affitto d'azienda - validità di clausola di rinnovo automatico alla prima scadenza
A nostro avviso la clausola è valida, anche se nel prosieguo della risposta forniremo alcune precisazioni.
Osserviamo infatti che se si tratta di un contratto di affitto di azienda non si applica la speciale disciplina di cui alla legge 392/1978 o le altre disposizioni speciali di cui alla legge 431/1998. La relativa disciplina è integralmente rimessa all'autonomia negoziale (Cass. 10 maggio 1989, n. 2138), con la conseguenza che se le parti hanno pattuito il divieto di disdetta alla prima scadenza e quel contratto è opponibile alla procedura, siffatta clausola vincola anche il custode.
Il problema, semmai, è a monte, ed attiene alla qualificazione del contratto in termini di locazione o affitto.
Va premesso, sul punto, che a norma dell'art. 1615 c.c., "Quando la locazione ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile o immobile, l'affittuario deve curarne la gestione in conformità della destinazione economica della cosa e dell'interesse della produzione. A lui spettano i frutti e le altre utilità della cosa".
Un primo dato, ben chiaro anche nell'elaborazione giurisprudenziale, è quello per cui la distinzione tra locazione e affitto riposa su una duplice distinzione: una oggettiva ed una soggettiva. Invero, si richiede da un lato che l'oggetto della concessione di godimento sia dotato di attitudine produttiva; dall'altro, che le parti abbiano considerato l'oggetto del rapporto in funzione del suo scopo produttivo. Così la cassazione, secondo la quale il criterio di distinzione tra contratto di affitto e contratto di locazione è oggettivo e soggettivo ad un tempo, nel senso che, perché si configuri un contratto di affitto è necessario non solo che il contratto abbia ad oggetto una cosa produttiva, ma anche che la disponibilità del bene sia concessa al fine di consentire all'affittuario la gestione produttiva dello stesso (Cass. Sez. III, 19 gennaio 1995, n. 592).
Una particolare ipotesi di locazione di cosa produttiva è poi l'affitto di azienda, quest'ultima definita dall'art. 2555 c.c. quale complesso di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa. Con riferimento al contratto di affitto di azienda l'art. 2562 c.c. richiama le norme dettate in materia di usufrutto di azienda dall'art. 2561 c.c., dal cui esame emerge chiaramente l'intento del legislatore: da un lato, proteggere l'interesse dell'affittuario a gestire l'azienda per trarne gli utili e, dall'altro, di assicurare al concedente la retrocessione di un complesso integro nella sua organizzazione e funzionalità. Infatti, perché si possa parlare di affitto di azienda, oggetto del contratto e, dunque, del diritto di godimento dell'affittuario deve essere un complesso di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa.
La destinazione funzionale all'esercizio dell'impresa, integrante l'elemento causale del sinallagma, consente di comprendere anche la distinzione tra affitto di azienda e locazione di un immobile unito ad un complesso di accessori o pertinenze. Infatti, quest'ultimo caso ricorrerà quando le parti abbiano individuato un rapporto di subordinazione degli accessori e delle pertinenze rispetto alla cosa principale (Cfr., ex multis, Cass. 15 ottobre 2002, n. 14647; Cass. 17 aprile 1996, n. 3627; Cass. 25 maggio 1995, n. 5787; Cass. 4 febbraio 1987, n. 1069; Cass. 11 novembre 1986, n. 6606; Cass. 2 marzo 1984, n. 1498).
La conseguenza è che, come dicevamo, l'affitto di azienda non soggiace alla discipina vincolistica, e la regolamentazione del rapporto è integralmente rimessa all'autonomia negoziale delle parti (per cui, ad esempio, al contratto di affitto di azienda non è applicabile la speciale disciplina che, nella legge sull'equo canone, prevede ipotesi di rinnovo automatico alla prima scadenza per mancato esercizio della facoltà di disdetta). Ciò sul rilievo per cui l'azienda costituisce un'entità complessa di beni destinata all'esercizio di un'impresa, con caratteristiche ed esigenze di natura economica, sociale e giuridica nettamente distinte da quelle di un immobile destinato ad attività commerciali.
Tutto questo, comunque, non significa affatto che la disciplina della locazione e quella dell'affitto dell'azienda siano impermeabili l'una rispetto all'altra.
Invero, affrontando il tema del trattamento del danno da ritardato rilascio dell'azienda affittata, la Suprema Corte ha osservato che tra le norme sulla locazione e quelle sull'affitto, compreso l'affitto d'azienda ricorre, nella trama codicistica un rapporto di genere a specie, per cui le norme sull'affitto di azienda sono speciali rispetto alle norme, generali, sulla locazione. Il precipitato di questo rapporto è quello per cui, se la fattispecie non è regolata da una norma specificamente prevista per l'affitto, deve farsi ricorso alla disciplina generale sulla locazione di cose, salva l'incompatibilità con la relativa normazione speciale.
Dunque, la violazione da parte dell'affittuario dell'obbligo di restituzione all'affittante dell'azienda per scadenza del termine dà luogo a carico del primo a responsabilità a norma dell'art. 1591 c.c. dettato in tema di locazione, mancando nella disciplina dell'affitto una norma che regoli i danni per ritardata restituzione e non essendo incompatibile con la normazione speciale sull'affitto l'art. 1591 c.c.
Il dato normativo è plasticamente ricostruito da Cass. 28 gennaio 2002, n. 993, ove si legge che "In merito alla prima questione relativa all'applicabilità dell'art. 1591 c.c. all'affitto di azienda, osserva preliminarmente questa Corte che le norme generali sull'affitto sono contenute negli artt. 1615, 1627 c.c. Sparse in più luoghi dello stesso codice sono alcune disposizioni relative specificamente all'affitto di azienda (artt. 2112, ult. c.; 2557, c. 4; 2558 c. 2; 2562). Secondo l'opinione della dottrina maggioritaria, che ritiene questa Corte di condividere, il codice civile pone un rapporto di specialità fra le norme che ha dettato per l'affitto (e quindi anche per l'affitto di azienda) e quelle previste per la locazione in genere. Tale rapporto è facilmente delineabile, sia perché le prime sono poste in una sezione del capo dedicato alla locazione, sia perché all'affitto è unanimemente riconosciuta una causa locatizia. Da ciò consegue che tra le norme sull'affitto e quelle sulla locazione corre il rapporto tipico tra norme generali e norme speciali, per cui se la fattispecie in esame non è regolata da norma specificamente prevista per l'affitto (e più in particolare per l'affitto di azienda) dovrà farsi ricorso alla disciplina generale sulla locazione di cose, salva l'incompatibilità con la relativa normazione speciale […] Fissato questo principio, va osservato che non vi è dubbio che la violazione da parte dell'affittuario dell'obbligo di restituzione dell'azienda per scadenza del termine all'affittante, dia luogo al sorgere di responsabilità per il primo (Cass. 23 settembre 1995, n. 10105). In tema di affitto manca una disposizione che regoli i danni per ritardata restituzione, che invece trovasi tra le disposizioni generali sulla locazione all'art. 1591 c.c. Ne consegue che correttamente il giudice di appello, nel decidere la presente controversia, avente appunto ad oggetto la domanda di risarcimento di danni per mancata restituzione di azienda concessa in affitto, ha applicato l'art. 1591 c.c., non essendo lo stesso incompatibile con la normazione speciale sull'affitto, ed in particolare sull'affitto di azienda".
Dunque, in definitiva, fermo restando che la clausola indicata nella domanda è valida ed opponibile al custode, è bene verificare che, al di là del nomen iuris utilizzato dalle parti, il contratto sia effettivamente un contratto di affitto di azienda.
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