Forum ESECUZIONI - LA CUSTODIA

Custodia immobile di una società di persone e relativo uso per attività

  • Giovanna Antonini

    AVEZZANO (AQ)
    09/06/2022 10:06

    Custodia immobile di una società di persone e relativo uso per attività

    Buongiorno,
    nell'esercizio della funzione di custode ed in considerazione di non chiare indicazioni fornite in tale situazione dall'art.560 formulazione L.12/2019 avrei piacere di avere un Vs. autorevole parere in merito.

    Debitore esecutato proprietario dell'immobile una società di persone (sas) che in tale unità immobiliare di natura commerciale (pignorato) svolge la propria attività (ristorazione).
    Il GE può autorizzare la continuazione dell'attività in tale immobile ed eventualmente è corretto che sia il Custode a proporre alternativamente la stipula di un comodato d'uso gratuito o un contratto di locazione temporaneo con canone valutato congruo?
    Considerata inoltre la natura dell'attività nel caso in cui non fosse attiva o non risultasse regolarmente pagata la polizza scoppio, incendio e RCT il custode può imporre alla società che esercita l'attività tale incombenza?
    Si ringrazia per il cortese riscontro
    • Zucchetti SG

      09/06/2022 16:00

      RE: Custodia immobile di una società di persone e relativo uso per attività

      La questione prospettata coinvolge, come correttamente osservato nella domanda, la cornice applicativa dell'art. 560 c.p.c. e a controversa disciplina della liberazione dell'immobile pignorato.
      È pressochè unanime l'affermazione per cui l'art. 560 c.p.c., unitamente all'art. 65, comma primo, c.p.c., affidi al custode una obbligazione di conservazione e amministrazione del compendio pignorato, obbligazione cui il custode deve attendere con la diligenza del buon padre di famiglia, a norma dell'art. 67, comma 2, c.p.c., specificandosi comunque che la diligenza richiesta al custode nell'esplicazione della sua attività, è inquadrabile, nell'art. 1176, comma secondo, c.c. ossia in quella rapportabile alla natura dell'attività professionale espletata.
      In questo quadro, la disciplina dell'ordine di liberazione è stata modificata, nell'ordine: dall'art. 2, comma 3, lett. e), d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge, con modificazioni, con l. 14 maggio 2005, n. 80, come modificato dall'art. 1, l. 28 dicembre 2005, n. 263; dall'art. 4, comma 1, lett. d), nn. 01), 1) e 2), d.l. 3 maggio 2016, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 giugno 2016, n. 119; dall'art. 4, comma 2, d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12; infine, dall'art. 18-quater comma 1 della l. 28 febbraio 2020, n. 8, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162.
      Prima della novella del 2005 l'art. 560 c.p.c., non conteneva riferimento esplicito all'istituto dell'ordine di liberazione, limitandosi a prevedere che "con l'autorizzazione del giudice il debitore può` continuare ad abitare nell'immobile pignorato, occupando i locali strettamente necessari a lui e alla sua famiglia".
      All'esito del lungo percorso normativo che ha interessato la disposizione essa oggi prevede, al primo periodo del comma sesto, che "Il giudice ordina, sentiti il custode e il debitore, la liberazione dell'immobile pignorato per lui ed il suo nucleo familiare, qualora sia ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti, quando l'immobile non sia adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione, per colpa o dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare, quando il debitore viola gli altri obblighi che la legge pone a suo carico, o quando l'immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare".
      Secondo una prima impostazione ermeneutica, da questa prescrizione si dovrebbe ricavare il principio per cui al ricorrere delle situazioni sopra indicate, con particolare riferimento all'ipotesi (prospettata dalla domanda) di immobile non occupato dal debitore, la liberazione dell'immobile sarebbe obbligatoria.
      Altri preferiscono ritenere che il legislatore abbia voluto semplicemente introdurre un divieto alla liberazione in caso di immobile abitato, senza tuttavia prescrivere un obbligo di procedere in caso contrario: la norma infatti, secondo questa impostazione, conterrebbe un elenco dei "casi", appunto, in cui il giudice ordina la liberazione, e che sono essenzialmente connessi alla violazione degli obblighi gravanti sul debitore ed alla circostanza per cui l'immobile non è abitato dal debitore, senza aggiungere che al loro ricorrere l'ordine di liberazione debba essere pronunciato.
      La distinzione non è così sottile come si potrebbe prima facie ritenere, poiché aderendo alla prima impostazione si dovrebbe patrocinare la tesi per cui l'adozione dell'ordine di liberazione "quando" il bene non è abitato dal debitore sarebbe obbligatoria e non consentirebbe al giudice di valutare, ad esempio, di autorizzare l'occupazione dell'immobile da parte di un terzo che, pur titolare di un diritto non opponibile alla procedura, si dichiari disponibile a corrispondere una congrua indennità di occupazione, oppure fornisca sufficienti garanzie di conservazione dell'immobile rispetto ad ulteriori occupazioni abusive o a condizioni di abbandono.
      A nostro avviso, l'interpretazione meno appiattita sul dato letterale della disposizione (che utilizzando il verbo "ordina" sembrerebbe imporre un obbligo di liberazione) è da preferirsi in ragione della necessità di affidare al giudice la individuazione, caso per caso delle modalità di custodia dell'immobile che meglio presidiano gli interessi dei creditori (ma anche del debitore) alla collocazione del bene sul mercato nelle migliori condizioni possibili.
      A questo proposito va premesso che, anche recentemente, la giurisprudenza ha ribadito che "l'esplicita regolamentazione dei casi e dei tempi in cui l'ordine di liberazione è escluso nei confronti del debitore o del suo nucleo familiare che vivano nell'immobile espropriato rende evidente che esso è ormai in regola generale in relazione alle espropriazioni immobiliari, in quanto funzionale all'ordinato il proficuo sviluppo di queste" (cass. 28.3.2022, n. 9877).
      Già in precedenza (e, segnatamente, prima che l'art. 560 fosse modificato dal d.l. 3 maggio 2016, n. 59) la Corte di Cassazione aveva osservato che "è rimessa al potere discrezionale del giudice dell'esecuzione la decisione circa l'emissione dell'ordine di liberazione dell'immobile pignorato prima dell'aggiudicazione e circa i tempi della sua esecuzione a cura del custode, nonché, per contro, circa il rilascio al debitore dell'autorizzazione a continuare ad abitare l'immobile e circa eventuali condizioni cui subordinare tale autorizzazione" (cass. civ., sez. III, 3 aprile 2015, n. 6836), aggiungendo che "il legislatore … ha imposto al giudice dell'esecuzione una valutazione di portata più ampia rispetto a quella necessaria in precedenza per il rilascio dell'autorizzazione. Mentre quest'ultima riguardava essenzialmente la situazione abitativa del debitore e della sua famiglia, a seguito della modifica normativa il giudice dell'esecuzione deve valutare, in via prioritaria, se liberare l'immobile, a meno che non ritenga di autorizzare il debitore a permanervi (e fatta salva comunque l'obbligatorietà dell'ordine di liberazione al momento dell'aggiudicazione).
      La liberazione dell'immobile pignorato costituisce dunque, nel contesto normativo e giurisprudenziale appena richiamato, l'opzione che esprime il normale e fisiologico divenire della procedura esecutiva.
      Ciò detto, se è vero che essa è funzionale agli interessi della medesima, si deve giocoforza ammettere che la liberazione possa essere rinviata (fermo restando che comunque al futuro aggiudicatario dovrà essere assicurata la tempestiva consegna dell'immobile a norma dell'art. 1477 c.c. al momento della pronunzia del decreto di trasferimento) quante volte, all'esito di una valutazione comparativa degli interessi in gioco, autorizzare l'occupazione dell'immobile (da parte del debitore o di un terzo privo di titolo opponibile), si riveli essere l'opzione che meglio presidia gli interessi della procedura medesima. Ciò si verifica, ad esempio, quante volte l'occupazione, oltre a consentire di acquisire utilità alla procedura, assicuri la conservazione del cespite in un contesto in cui l'integrità di un bene non occupato potrebbe essere gravemente a rischio.
      La conseguenza di quanto sin qui affermato è che, certamente, ove si ritenga che l'occupazione sia soluzione da preferirsi rispetto alla liberazione (soluzione che dovrà essere supportata da adeguata motivazione) potrà essere autorizzata la stipula di un contratto di locazione, anche in considerazione del fatto che il comma settimo del citato art. 560 c.p.c., nel prevedere che al debitore è fatto divieto di dare in locazione l'immobile senza l'autorizzazione del giudice, ammette implicitamente per ciò solo la possibilità che siano stipulate locazioni anche dopo il pignoramento, con l'avvertenza (precisata dalle sezioni unite con la sentenza 20 gennaio 1994, n. 5459) che queste locazioni cessano al cessare della custodia, e dunque al decreto di trasferimento.
    • Valeria Giancola

      Pescara
      09/06/2022 16:21

      RE: Custodia immobile di una società di persone e relativo uso per attività

      Si ringrazia per le indicazioni fornite.

      Vorrei solo precisare che è la stessa sas esecutata proprietaria dell'immobile a svolgere in esso attività di ristorazione.
      Deduco che in tale circostanza il G.E. potrebbe, su istanza di parte ,ed eventuale relazione del Custode valutare l'occupazione per consentire il proseguo dell'attività stabilendo nell'interesse della procedura un congruo canone di locazione?
      Grazie
      • Zucchetti SG

        10/06/2022 11:52

        RE: RE: Custodia immobile di una società di persone e relativo uso per attività

        Esattamente, si potrebbe autorizzare il debitore a continuare ad occupare l'immobile fino alla data di aggiudicazione, previo versamento di un corrispettivo.