Forum ESECUZIONI - LA CUSTODIA

Custode Sequestro Conservativo di quote di SRL

  • Giovanna Chinellato

    MESTRE (VE)
    14/06/2022 17:09

    Custode Sequestro Conservativo di quote di SRL

    Buonasera, sono stata nominata Custode in un Sequestro Conservativo (non giudiziario) di quote di SRL. Vorrei chiedere se sia possibile sapere quali sono gli adempimenti relativi a questo tipo di incarico. Va fatta la comunicazione in Camera di Commercio? A cura di chi? Del Custode o del Creditore? Va notificata la nomina al Debitore? Quali sono le incombenze successive derivanti dall'incarico in questione?
    Grazie
    • Zucchetti SG

      16/06/2022 23:02

      RE: Custode Sequestro Conservativo di quote di SRL

      Si ritiene generalmente che il provvedimento di sequestro segua le regole del pignoramento, per cui, a norma dell'art. 2741 c.c., esso andrà notificato al titolare delle quote ed iscritto nel registro delle imprese. A questi adempimenti andrà affiancato quello della notifica nei confronti della medesima società.
      Quanto agli adempimenti successivi, il discorso è più articolato.
      È noto che ai sensi dell'art 65 c.p.c. al custode compente "la conservazione e l'amministrazione" dei beni affidati al suo ufficio, senza alcuna distinzione legata all'oggetto della custodia. Sennonché, poiché la quota di partecipazione è un bene immateriale, il concetto di conservazione si pone in termini solo giuridici, nel senso che mentre con riferimento ai beni materiali la conservazione del valore passa anche attraverso attività di conservazione "fisica" (che si sostanziano, ad esempio, nell'esecuzione di interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria), la conservazione delle quote ne prescinde, concretizzandosi esclusivamente nello svolgimento di atti giuridici.
      Nella ricerca della disciplina dei compiti affidati al custode occorre partire dalla lettura dell'art. 2471 bis c.c., il quale a proposito del pegno, usufrutto e sequestro delle quote, contiene un rinvio puro e semplice alla disciplina del pegno, sequestro ed usufrutto di azioni, che a sua volta riconosce in capo al custode la legittimazione all'esercizio del diritto di voto e degli altri diritti amministrativi che pertengono all'azione.
      Questa norma viene ritenuta, dalla più avveduta dottrina, esplicitazione del principio generale per cui il sequestro, così come pure il pignoramento, intanto possono svolgere la funzione che è loro propria, in quanto sia garantita la conservazione (giuridica e materiale) della cosa che ne costituisce l'oggetto. In altri termini, la custodia è lo strumento di assicurazione, della cosa pignorata o sequestrata, allo scopo tipico degli stessi; ne è la riprova il fatto che nel codice di rito la disciplina di tutte le categorie di espropriazione contiene disposizioni riguardanti la custodia.
      Secondo taluni nell'individuare in concreto i diritti sociali di competenza del custode occorrerebbe distinguere i diritti economici da quelli amministrativi, riconoscendosi i primi al custode, i secondi al socio.
      Questa tesi muove dalla premessa che alcune facoltà attinenti alla quota intanto vengono riconosciute in quanto di essa è titolare quel socio, portatore di caratteristiche o istanze peculiari, sicché la loro attribuzione ad un soggetto diverso sarebbe inutile o addirittura potenzialmente dannosa per i superiori interessi della società. Si osserva inoltre che l'autonomia statutaria, derogando alla normativa generale, potrebbe disporre che i diritti particolari di cui all'art. 2468, comma 3, c.c. si trasferiscano unitamente alla quota invece di estinguersi, con la conseguenza che al custode dovrebbe riconoscersi l'esercizio di quei diritti che lo statuto prevede permangano in capo all'acquirente in caso di cessione. Il problema infine, si dice, non si porrebbe quante volte lo statuto prevedesse espressamente il divieto di esercizio dei diritti particolari del socio da parte del custode, poiché in questo modo lo statuto non ostacolerebbe la procedura, limitandosi a dettare una regola di "congelamento" o sospensione dell'esercizio dei diritti particolari in occasione della nomina del custode.
      Siffatta strada è stata criticata (a nostro avviso giustamente) poiché essa pagherebbe un prezzo oggettivamente insostenibile in termini di certezza del diritto e di (conseguente) stabilità dei rapporti.
      Il riconoscimento in capo al custode e non al socio della legittimazione all'esercizio dei diritti sociali si rinviene nella giurisprudenza di merito. Trib. Milano, 27 ottobre 2014 lo ha per esempio affermato implicitamente laddove ha negato al socio titolare delle quote sequestrate il diritto di impugnare la deliberazione adottata con il voto favorevole del custode giudiziario, salvo che la delibera sia nulla ai sensi dell'art. 2479 ter, comma terzo, c.c..
      Alla medesima conclusione è pervenuta anche la giurisprudenza di legittimità, ove si è osservato che "Il sequestro preventivo penale, ex art. 321 cod. proc. pen., di quote o azioni di una società di capitali, in difetto di contraria indicazione contenuta nel provvedimento che lo dispone, priva i soci dei diritti relativi alle quote o azioni sequestrate, sicché il diritto di intervento e di voto nelle assemblee, anche in ordine all'eventuale nomina e revoca degli amministratori, spetta al custode designato in sede penale: ponendosi quello ora indicato come un effetto naturale della misura cautelare in questione, in rapporto alla sua funzione tipica di evitare che la "libera disponibilità" di una cosa pertinente al reato - e, dunque, nel caso delle azioni o quote sociali, l'esercizio dei diritti e delle facoltà ad esse inerenti, tra cui, anzitutto, i cosiddetti diritti amministrativi (o corporativi) del socio - possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato medesimo, oppure agevolare la commissione di altri reati. L'attribuzione al custode del diritto di voto implica che soltanto a costui sia altresì riservata la legittimazione ad impugnare le deliberazioni assembleari al fine di ottenerne l'annullamento ai sensi dell'art. 2377 cod. civ., stante la strumentalità del diritto di impugnazione rispetto a quello di voto, quale esplicazione del medesimo inscindibile potere che si esprime nel concorrere alla formazione della volontà assembleare e nel reagire alle eventuali manifestazioni illegittime di detta volontà. Tale conclusione palesemente non si pone in contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost., con gli artt. 6 e 17 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e con l'art. II-107 del Trattato che adotta la Costituzione europea, sotto il profilo della lesione del diritto di difesa, sia perché il sequestro penale preventivo è posto a garanzia di interessi generali costituzionalmente rilevanti, sì che la temporanea compressione dei diritti del socio da esso derivante corrisponde ad una disciplina che contempera gli opposti interessi dell'indagato e dello Stato all'attuazione della pretesa punitiva; sia perché il diritto di difesa del socio è assicurato su un piano diverso, con la possibilità di impugnare davanti al giudice penale, in sede riesame o di appello, il provvedimento cautelare o di chiedere al medesimo giudice la revisione della portata del sequestro - destinato comunque a perdere efficacia nel caso di sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere (art. 323 cod. proc. pen.) - nonché con la possibilità di agire per far valere l'eventuale responsabilità del custode giudiziario, ove questi abbia male esercitato i poteri-doveri di gestione della partecipazione sociale sequestrata, ed ancora con la legittimazione a reagire direttamente contro le deliberazioni societarie non semplicemente annullabili, ma nulle o giuridicamente inesistenti (e come tali impugnabili da qualunque interessato), ove lesive di un proprio interesse". (Nel caso di specie - cui non era applicabile, "ratione temporis", il nuovo testo dell'art. 2352, ultimo comma, cod. civ., introdotto dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 - l'assemblea di una società per azioni aveva deliberato, con il voto favorevole del custode giudiziario, l'esperimento dell'azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore unico, il quale aveva impugnato la deliberazione, unitamente al socio titolare delle azioni sequestrate, deducendo, tra l'altro, la carenza del diritto di voto in capo al custode. Cass. civ., 11 novembre 202005, n. 21858. Negli stessi termini Cass. civ., 3 novembre 2011, n. 22800).
      Sulla scorta di questa disamina siamo dell'avviso per cui i diritti amministrativi (ad esempio il diritto di chiedere la convocazione dell'assemblea, di prendere visione dei libri sociali o del progetto di bilancio, di richiedere agli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali, il potere di promuovere i controlli giudiziari o endosocietari, come l'impugnazione di delibere assembleari e consiliari, le azioni di responsabilità, le denunce di fatti censurabili o di irregolarità nell'amministrazione, la richiesta di ispezione dei libri sociali) spettanti al custode.
      Oggettivamente più delicata è la questione dell'esercizio di poteri gestori. Vengono qui in rilievo, a titolo esemplificativo:
      il diritto individuale di coloro che non partecipano all'amministrazione di avere dagli amministratori «notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali ed i documenti relativi all'amministrazione» (art. 2476, comma 2, c.c.);
      – la facoltà di promuovere l'azione sociale di responsabilità, ai sensi del 3° co. dell'art. 2476 c.c.;
      – la facoltà di richiedere il provvedimento cautelare di revoca degli amministratori, assunto in sede di esercizio dell'azione di responsabilità;
      – il diritto all'impugnativa delle delibere assembleari o delle decisioni dei soci, assunte, se previsto
      dallo statuto, in forma extra assembleare;
      – il diritto (ritenuto da taluni ammissibile) di impugnare le delibere del consiglio di amministrazione,
      ove nominato.
      Con riferimento a questi diritti siamo dell'avviso che pure essi spettino, in linea di principio, al custode, salvo che non si ritenga, in relazione alla singola questione concreta, che essa non abbia alcuna utilità in relazione alla conservazione della quota.