Forum PROCEDURE EX LEGGE FALL. - ATTIVO E CONTABILITà

giudizio di divisione beni pro quota del fallito e abuso edilizio parziale

  • Giuseppina Rizza

    siracusa
    18/03/2021 16:54

    giudizio di divisione beni pro quota del fallito e abuso edilizio parziale

    Buongiorno, nell'ambito di un fallimento di cui risulto essere curatore,
    il fallito è proprietario di una quota indivisa di un bene immobile acquisito per eredità del genitore unitamente ai fratelli.
    La quota non può alienarsi separatamente nè il bene è divisibile, pertanto risulta necessario procedere al giudizio di divisione con autonomo giudizio innanzi al GO e non al GD.
    Il bene presenta delle difformità, sanabili con le sanzioni di rito, e un parziale abuso edilizio inerente una sopraelevazione, non sanabile. E' stata già fatta CTU.
    QUESITO: Posso ugualmente procedere al giudizio di divisione del bene, giusta autorizzazione del Comitato dei Creditori e del GD, con la successiva vendita dell'intero in caso di mancato acquisto della quota da parte dei coeredi, cosa probabile, anche in presenza di tali difformità, poichè la natura dell'azione promossa dal curatore in sede di liquidazione dell'attivo e strumentale alla stessa non fa applicare la sanzione della nullità (l'art. 46 del D.P.R. 380/2001art. 40 della L. 47/1985), o il giudizio è improcedibile secondo la disciplina ordinaria e pertanto il Giudice Ordinario non potrà disporre la vendita dell'intero?
    Grazie
    GR

    .
    • Zucchetti SG

      Vicenza
      18/03/2021 20:12

      RE: giudizio di divisione beni pro quota del fallito e abuso edilizio parziale

      Secondo la giurisprudenza, "gli atti di vendita di immobili a mezzo notaio, posti in essere nell'ambito del procedimento di scioglimento di comunione ereditaria, pur essendo disciplinati dagli art. 570 ss. c.p.c., espressamente richiamati dall'art. 788, comma 3, c.p.c., non sono riconducibili ad una azione esecutiva, avendo solo funzione attuativa dello scioglimento della comunione; sebbene assoggettati alla disciplina dell'art. 534 e ss. c.p.c., espressamente richiamata dall'art. 733, al quale rinvia l'art. 748 c.p.c., gli atti relativi alla vendita dei beni ereditari, hanno solo funzione attuativa del provvedimento di autorizzazione del giudice e di liquidazione, quindi, del patrimonio ereditario, non possono in alcun modo ricondursi ad una azione esecutiva, caratterizzata dalla funzione di realizzazione della pretesa del creditore precedente (v. Cass. 22.1.2010, n. 1199; Trib. Torino sez. II, 08/01/2019, n.41).
      Se si esclude la natura coattiva della vendita in questione (conclusione su cui conveniamo), trova applicazione la ordinaria disciplina sugli abusi edilizi.
      Zucchetti SG srl
      • Giuseppina Rizza

        siracusa
        19/03/2021 13:03

        RE: RE: giudizio di divisione beni pro quota del fallito e abuso edilizio parziale

        Grazie. formulo ulteriore richiesta di chiarimento. Ove l'immobile indivisibile da alienare nel giudizio di divisione sia affetto da una DIFFORMITÀ DAL TITOLO EDILIZIO, i chiedo se, visto che gli artt. 46 del D.P.R. 380/2001 e 40 della L. 47/1985  sanzionano unicamente la mancata inclusione negli atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, la nullità si applichi  agli atti in cui vi sia un titolo edilizio - esistente realmente e riferibile all'immobile in atto - ma l'immobile sia stato realizzato in difformità dal titolo stesso c.d. "nullità parziale",? si potrà in tale caso procedere alla vendita del bene nel giudizio di divisione? grazie
        • Zucchetti SG

          Vicenza
          22/03/2021 19:52

          RE: RE: RE: giudizio di divisione beni pro quota del fallito e abuso edilizio parziale

          L'art. 46, comma primo, del DPR n. 380/2001 dispone che "Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù".
          Da tale norma deriva chiaramente che gli atti inter vivos pubblici o privati, riguardanti beni immobili, ove manchino gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria sono radicalmente nulli, e questa è stata definita "difformità primaria"; di contro l'appunto la presenza dei titoli idonei a costruire o regolarizzare (permesso di costruire, permesso in sanatoria) genera quella che viene chiamata "difformità secondaria" quando vi siano piccole deviazioni rispetto a quanto contenuto dai progetti originali, la cui conseguenza non è la nullità dell'atto, ma una mera responsabilità amministrativa che non fa venire meno la piena validità dell'atto rogato.
          In tal senso si è espresso il Consiglio notarile nazionale e anche la giurisprudenza. Da ultimo Cass. Sez. Un. n. 8230/19 ha statuito che "La nullità comminata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, e dalla L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40, va ricondotta nell'ambito dell'art. 1418 c.c., comma 3, di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità "testuale", con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell'immobile. Pertanto, in presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato".
          Nonostante questo autorevole intervento che dovrebbe aver definitivamente chiarito che la nullità comminata dall'art. 46 d.P.R. n. 380 del 2001 e dagli art. 17 e 40 l. n. 47 del 1985 colpisce gli atti tra vivi a effetti reali elencati nelle norme che la prevedono nei soli casi di mancata menzione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile o di menzione falsa perché riferita a un titolo che non esiste realmente o non riguarda quell'immobile, è comunque preferibile informarsi preventivamente presso il notaio che si sceglie se intende egualmente stipulare.
          Zucchetti Sg srl
      • Marika Piazza

        MONZA (MI)
        27/10/2022 15:52

        RE: RE: giudizio di divisione beni pro quota del fallito e abuso edilizio parziale

        Mi permetto di intervenire perché ritengo che le Sezioni Unite del 17 ottobre 2019 n. 25021 siano giunte ad una conclusione differente rispetto a quanto prospettato nella Vostra risposta del 18 marzo 2021.
        Invero, secondo le sezioni unite "lo scioglimento della comunione (ordinaria o ereditaria) relativa ad un edificio abusivo che si renda necessaria nell'ambito dell'espropriazione di beni indivisi (divisione c.d. "endoesecutiva" o nell'ambito del fallimento (ora, liquidazione giudiziale) e delle altre procedure concorsuali (divisione c.d. "endoconcorsuale") è sottratta alla comminatoria di nullità prevista, per gli atti di scioglimento della comunione aventi ad oggetto edifici abusivi, dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 46, comma 1, e dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, comma 2, in forza delle disposizioni eccettuative di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, comma 5 e al L. n. 47 del 1985, art. 40, commi 5 e 6″), con la conseguenza che sarebbe ipotizzabile la medesima disciplina applicata nei giudizi di divisione che si instaurano nelle procedure esecutive anche in caso di vendita da parte del Fallimento.
        è corretto?
        • Zucchetti SG

          Vicenza
          28/10/2022 19:14

          RE: RE: RE: giudizio di divisione beni pro quota del fallito e abuso edilizio parziale


          La sentenza di Cass. sez. un. 07/10/2019, n. 25021 è molto lunga e articolata in quanto affronta in via graduata vari problemi e, per ben assimilarla, è necessario seguire i vari passaggi attraverso cui si articola, altrimenti scorrendo le sole massime si corre il rischiodi offrire affermazioni in apparente contraddizione tra loro.
          Orbene, il primo problema affrontato consiste nello stabilire se, tra gli atti tra vivi per i quali la L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 2, commina la sanzione della nullità al ricorrere delle condizioni ivi previste, debbano ritenersi compresi o meno gli atti di scioglimento delle comunioni. Data risposta positiva a tale questione (nel senso, cioè, che lo scioglimento delle comunioni è ricompreso tra gli atti tra vivi per i quali la L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 2, commina la sanzione della nullità), le sezioni unite hanno affrontato il successivo problema, e cioè se possano considerarsi atti inter vivos, come tali soggetti alla comminatoria di nullità prevista dalla L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 2, (ma anche dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, comma 1), solo gli atti di scioglimento della comunione "ordinaria" o anche quelli di scioglimento della comunione "ereditaria". Dopo una interessante ed argomentata digressione in ordine alla natura della comunione ereditaria e della relativa divisione, la Corte conclude che "l'atto di scioglimento della comunione ereditaria costituisce un negozio inter vivos, allo stesso modo dell'atto di scioglimento della comunione ordinaria" per cui conclude sul punto dettando il principio che anche "gli atti di scioglimento della comunione ereditaria sono soggetti alla comminatoria della sanzione della nullità, prevista dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 46, comma 1, (già L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 17) e dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, comma 2, per gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali relativi ad edifici o a loro parti dai quali non risultino gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria" in quanto "è la legge che commina espressamente la nullità dell'atto di scioglimento della comunione che abbia ad oggetto edifici abusivi, senza distinguere in alcun modo tra scioglimento della comunione ordinaria e scioglimento della comunione ereditaria".
          Le sezioni Unite poi continuano affrontando l'ulteriore questione se alla divisione giudiziale dell'eredità sia applicabile il medesimo regime che vale per la divisione convenzionale dando la seguente risposta: "Quando sia proposta domanda di scioglimento di una comunione (ordinaria o ereditaria che sia), il giudice non può disporre la divisione che abbia ad oggetto un fabbricato abusivo o parti di esso, in assenza della dichiarazione circa gli estremi della concessione edilizia e degli atti ad essa equipollenti, come richiesti dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 46 e dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, comma 2, costituendo la regolarità edilizia del fabbricato condizione dell'azione ex art. 713 c.c., sotto il profilo della "possibilità giuridica", e non potendo la pronuncia del giudice realizzare un effetto maggiore e diverso rispetto a quello che è consentito alle parti nell'ambito della loro autonomia negoziale. La mancanza della documentazione attestante la regolarità edilizia dell'edificio e il mancato esame di essa da parte del giudice sono rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio" (in linea con la giurisprudenza precedente che aveva sempre sostenuto che la disposizione di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 17, comma 1, si applica non solo alle "divisioni volontarie", ossia a quelle contrattuali, ma anche alle divisioni giudiziali, risultando, in caso contrario, oltremodo agevole per i condividenti, mediante il ricorso al giudice, l'elusione della norma imperativa in questione (Cass. n. 15133 del 28/11/2001; Cass. n. 630 del 17/01/2003).
          Le conclusioni cui perviene la Corte fino a questo punto coincidono con quanto da noi detto nelle risposta da lei richiamata. Noi ci siamo fermati qui equiparando la divisione giudiziale a quella coattiva, ritenendo che le disposizioni che sottraggono alla sanzione della nullità (altrimenti applicabile) gli "atti derivanti da procedure esecutive immobiliari" aventi ad oggetto edifici abusivi - si riferiscono esclusivamente alle vendite in sede esecutiva o fallimentare, sia perché il giudizio di divisione non può essere qualificato come "atto del processo esecutivo" in quanto autonomo rispetto al procedimento di esecuzione e sia perché le disposizioni del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, comma 5, e L. n. 47 del 1985, art. 40, commi 5 e 6, pongono "norme eccezionali", come tali insuscettibili di interpretazione estensiva o analogica.
          Le Sezioni Unite (dopo aver risolto l'ulteriore problema, che qui non rileva, concerne la possibilità di procedere ad una divisione giudiziale parziale dell'asse ereditario, con esclusione dell'edificio abusivo) hanno affrontano anche questa questione sostenendo l'inapplicabilità della comminatoria di nullità di cui alle menzionate disposizioni di legge allo scioglimento della comunione ereditaria relativa ad un edificio abusivo che sia chiesto, in sede di procedura esecutiva immobiliare, dai creditori di uno dei coeredi ai fini della liquidazione della quota a quest'ultimo spettante o dalla curatela del fallimento del coerede, da cui la proposizione del principio da lei richiamato.
          A nostro avviso, le motivazioni offerte per quest'ultima parte non sembrano tanto convincenti come quelle sulle altre questioni affrontate nella sentenza che brilla, per il resto, per profondità di argomentazioni e lucidità espositiva; ma l'autorevolezza delle sezioni unite giustifica l'accettazione dei principi affermati, anche se, ovviamente sono sempre contestabili al di fuori del giudizio cui ineriscono e lei ha fatto bene a riproporla..
          Zucchetti Sg srl