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pagamento legale procedura esecutiva

  • Carla Chiola

    PESCARA
    17/09/2019 19:34

    pagamento legale procedura esecutiva

    Il Giudice dell'esecuzione ha nominato un legale per procedere allo sfratto di un conduttore moroso occupante un immobile strumentale oggetto di pignoramento. Le spese liquidate nella procedura di sfratto, poste a carico dell'ex conduttore, hanno formato oggetto di recupero coattivo. Nei prossimi giorni la somma verrà bonificata dall'ex conduttore sul conto corrente intestato alla procedura.
    Domande:
    1. l'ex conduttore è titolare di partita iva, come pure l'immobile strumentale oggetto di procedura esecutiva è di proprietà di una società. E' corretto che,
    - poichè la società esecutata è un operatore economico che detrae l'Iva, l'ex conduttore non corrisponda alla procedura l'iva sulle spese legali, che saranno pagate all'avvocato, unitamente agli onorari refusi, in sede di riparto, prelevandola dai fondi della procedura,
    - e che il legale fatturi all'atto del pagamento alla società esecutata?
    2. chi deve operare la ritenuta, l'ex conduttore oppure la società esecutata che è IRREPERIBILE?
    Voglio credere, non avendo trovato normativa a conforto, che tale onere, ove sia a carico della società esecutata, in quanto irreperibile, non ricada sul professionsita delegato.
    Vi ringrazio anticipatamente per il suggerimento che vorrete darmi.
    • Zucchetti SG

      01/10/2019 12:01

      RE: pagamento legale procedura esecutiva

      Rispondiamo agli interrogativi posti osservando che alla prima domanda deve essere fornita risposta affermativa.
      Invero, l'imposta sul valore aggiunto calcolata sul compenso spettante al difensore della procedura, (e che rientra normalmente tra le spese prededucibili l'IVA) non è dovuta dal soccombente tutte le volte in cui il creditore è un soggetto passivo dell'imposta, in quanto l'IVA da lui pagata al difensore, potendo essere portata in detrazione in sede di dichiarazione dei redditi, non è un costo (art. 19 d.P.R. 633/72).
      Ai sensi dell'articolo 91, primo comma, del codice di procedura civile, il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente a rimborsare all'altra parte, risultata vittoriosa, le "spese di lite" e ne liquida l'ammontare, insieme con gli onorari di difesa.
      Gli articoli 17 e 18 del Dpr 633/1972 dispongono che, ai fini IVA, qualsiasi professionista che abbia prestato la propria opera al cliente deve corrispondere all'erario l'imposta sul proprio onorario ed è obbligato a rivalersene nei confronti dello stesso cliente. In particolare, l'avvocato deve "emettere fattura al proprio cliente vittorioso, in cui deve essere evidenziato che il pagamento avviene (sia per ciò che riguarda l'onorario sia per ciò che concerne l'imposta che vi accede) con danaro fornito dal soccombente" e deve addebitare al cliente l'Iva a titolo di rivalsa, anche se la suddetta fattura, di fatto, viene pagata dalla parte soccombente (cfr circolare dell'Agenzia delle Entrate n 203/E del 6.12.1994 e risoluzione 106/2006), con l'ulteriore precisazione che l'IVA rientra automaticamente nel computo delle spese processuali e non occorre un'apposita pronuncia del giudice per garantire "il rimborso" di detta imposta, poiché questa, essendo considerata "onere accessorio degli onorari di difesa", è da ricomprendere tra gli oneri processuali dai quali la parte vittoriosa deve essere in ogni caso sollevata (ex multis, Cass. Sez. III, sentenza 31 marzo 2010, n. 7806).
      Tuttavia, se il cliente vittorioso è titolare di partita IVA e la vertenza è inerente all'esercizio della propria attività d'impresa, arte o professione, il soccombente non deve pagare alla controparte vittoriosa l'importo addebitato a titolo di IVA dal legale al proprio cliente, poiché quest'ultimo ha il diritto di detrarre e, quindi, di recuperare l'IVA addebitatagli dal proprio avvocato, ai sensi dell'art. 19 D.P.R. 633/1972 (sul punto si è così espressa la citata circolare n. 203/1994).
      Tutto questo, chiaramente, non vale per le ipotesi in cui il soccombente sia stato condannato al pagamento delle spese di lite nei confronti del difensore dichiaratosi antistatario, in quanto in tal caso il difensore non emetterà alcuna fattura nei confronti del proprio cliente, il quale conseguentemente non potrà portare in detrazione l'IVA relativa al compenso ai sensi del citato art. 19.
      Quanto agli adempimenti, susseguenti, il discorso è articolato.
      Una delle problematiche classiche nell'ambito delle attività del professionista delegato legate al decreto di trasferimento attiene certamente agli adempimenti fiscali ad esso connessi, adempimenti che, nonostante la pluralità di interventi, le riforme del processo esecutivo intervenute nel 2005, nel 2006, nel 2014, nel 2015 e nel 2016 non hanno disciplinato.
      Fra questi si segnala, in particolare, quello relativo all'assolvimento degli obblighi IVA legati all'ipotesi in cui l'esecutato, soggetto passivo dell'imposta sul valore aggiunto, non possa o non voglia emettere la fattura relativa al trasferimento dell'immobile a seguito dell'aggiudicazione, e (soprattutto) l'aggiudicatario non sia a sua volta soggetto passivo IVA.
      Dunque, anche nella vendita forzata il meccanismo di funzionamento IVA necessita di un comportamento del soggetto cedente, il quale ha l'obbligo di emettere la fattura, di registrarla, di addebitare in rivalsa l'importo dell'imposta al soggetto acquirente, e di versare quindi l'imposta medesima nei termini di legge.
      La dottrina che si è occupata di questa tematica, con specifico riferimento all'ipotesi di delega al notaio delle operazioni di vendita, ha evidenziato l'esistenza di un vuoto normativo, anche attraverso il raffronto con il fallimento, ove il problema non si pone in quanto, per espressa disposizione dell'art. 74-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, gli adempimenti in materia di imposta sul valore aggiunto costituiscono un obbligo del curatore fallimentare, il quale deve emettere la fattura entro trenta giorni dal momento di effettuazione dell'operazione. Parimenti, ha constatato l'impossibilità di colmare tale vuoto normativo ricorrendo alla disciplina fallimentare, attesa la diversità fra la figura del curatore e quella del delegato, ove si consideri come il primo è organo della procedura (che continua l'attività dell'imprenditore assumendo la gestione del suo patrimonio), laddove il professionista delegato interviene esclusivamente nel compimento di uno o più atti del subprocedimento di vendita, che costituisce solo uno dei momenti in cui si articola il procedimento. Infine, ha delimitato l'area di maggiore problematicità del tema, ossia quella legata all'ipotesi in cui l'aggiudicatario non sia un soggetto IVA, posto che invece allorquando l'aggiudicatario sia un soggetto IVA, sullo stesso grava l'obbligo di c.d. autofatturazione ove il debitore non provveda, ex art. 6, commi 8 e 9, del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 471.
      L'assenza di disciplina ha prodotto l'instaurarsi di prassi disomogenee presso i Tribunali, tendenti fondamentalmente a spostare l'obbligo di emissione della fattura o in capo al professionista delegato o in capo all'aggiudicatario.
      A titolo esemplificativo, possono ricordarsi i seguenti diversi orientamenti:
      fatturazione da parte del professionista delegato, facendo rientrare questa "operazione" nell'ambito della contabilità di quest'ultimo;
      fatturazione da parte del professionista delegato ma utilizzando la partita IVA del tribunale, indicando quale "numero" della fattura il numero di ruolo del procedimento cui la fattura si riferisce;
      onere dell'aggiudicatario di versare direttamente all'erario l'IVA dovuta in nome e per conto dell'esecutato.
      Al fine di indirizzare gli operatori sono intervenuti sia l'Agenzia delle Entrate che il Ministero della Giustizia.
      La prima ha provveduto con la risoluzione 16 maggio 2006 n. 62/E, ribadita con la risoluzione n. 102/E del 21 aprile 2009.
      La scelta di fondo seguita dall'Agenzia è stata quella di ritenere che obbligato ad emettere fattura in nome e per conto del contribuente e a versare l'IVA sia il professionista delegato delle operazioni di vendita.
      L'Agenzia delle Entrate sottolinea come, se da un lato il custode giudiziario non assume la titolarità del bene oggetto di espropriazione forzata, che va riconosciuta pur sempre in capo al debitore, quest'ultima non si delinea come una titolarità piena nel suo esercizio, in quanto priva del potere dispositivo sul bene. Ne consegue che anche la soggettività passiva d'imposta del debitore esecutato deve ritenersi in parte "limitata" sotto il profilo dei concreti adempimenti che ne discendono, in particolare con riguardo agli obblighi di fatturazione e versamento del tributo. La procedura espropriativa del resto rappresenta un momento patologico nella circolazione del bene immobile, cosicché anche sotto il profilo della tutela degli interessi dell'erario, gli obblighi di fatturazione e versamento del tributo, non solo nell'ipotesi di irreperibilità del contribuente ma, in ogni caso, devono ritenersi accentrati nella procedura stessa.
      Quanto affermato dalla risoluzione n. 158/E costituisce esplicazione di un orientamento già espresso in termini più generali dalla circolare n. 6 del 17 gennaio 1974, e dalla successiva risoluzione del 13 agosto 1974, in cui con riferimento alla figura dell'incaricato della vendita (commissionario, cancelliere, ufficiale giudiziario, istituto vendite giudiziarie) si era sottolineato come quest'ultimo ha l'obbligo di emettere la fattura con l'addebito della relativa IVA, precisandosi che l'IVA riscossa deve essere versata in tutti i casi in cui non sia possibile girare l'importo all'impresa esecutata, come ad esempio nel caso di irreperibilità di quest'ultima.
      È evidente che rispetto a questi precedenti la novità dell'intervento ultimo dell'Agenzia si incentra sulla ritenuta natura "limitata" della soggettività passiva d'imposta del debitore esecutato, dalla quale l'Agenzia fa discendere la generalizzazione della soluzione secondo cui gli obblighi di fatturazione e versamento gravano sul professionista delegato in tutti i casi, e non solo nelle ipotesi di irreperibilità dell'esecutato.
      La posizione dell'Agenzia delle Entrate appena illustrata è radicalmente diversa da quella contenuta nella circolare del Ministero della Giustizia (Direzione generale della giustizia civile, Ufficio I) n. 44/2006 del 5 dicembre 2006, ove si precisa che "tra gli adempimenti del delegato, rientrano tutti quelli connessi al perfezionamento del decreto, compresi quelli relativi al profilo fiscale e tributario, tra cui l'individuazione del regime fiscale a cui è assoggettato il bene, l'esatta liquidazione dell'imposta dovuta e, nel caso di immobile soggetto ad IVA, la comunicazione alle parti (aggiudicatario ed esecutato) dei rispettivi doveri connessi al versamento dell'IVA: per l'aggiudicatario, quello di versare l'importo alla ditta esecutata, per quest'ultima, quello di emettere fattura e di consegnarla all'aggiudicatario per la trasmissione alla Agenzia delle Entrate".
      Rispetto alla discrasia delle posizioni espresse dai due dicasteri (e con la precisazione che quello che si è affermato è l'orientamento del MEF) è lecito domandarsi se esista la possibilità per l'esecutato di procedere personalmente agli adempimenti IVA.
      A questo proposito occorre affrontare e risolvere dapprima il caso in cui il debitore esecutato manifesti tempestivamente al delegato la volontà di procedere personalmente all'emissione della fattura ed al versamento di quanto dovuto a titolo di IVA.
      Sembra difficile negare in siffatta evenienza un "diritto" del debitore esecutato a poter procedere in tal senso, per due ragioni: in primo luogo perché manca una norma espressa che ponga esclusivamente in capo al professionista delegato l'obbligo di procedere in ogni caso alla emissione della fattura ed al versamento del tributo in nome e per conto del debitore; in secondo luogo, perché diversamente opinando sarebbe impedito al debitore di poter effettuare immediatamente compensazioni o detrazioni di IVA.
      Concretamente più articolato è invece il caso in cui il debitore esecutato affermi di dover operare delle compensazioni adducendo un credito di imposta. In questa circostanza, al fine di evitare che la somma destinata al versamento dell'IVA sia distratta per essere destinata ad altro scopo, il professionista delegato ben potrà richiedere la produzione di una attestazione dell'Agenzia delle Entrate che certifichi il credito d'imposta del debitore.
      Venendo alla fatturazione, osserviamo quanto segue.
      Come detto, l'Agenzia delle entrate afferma che il professionista delegato deve emettere la fattura in nome e per conto del debitore esecutato, determinando così uno spostamento dell'adempimento dell'obbligo di emissione della fattura – che normalmente spetta al soggetto passivo dell'imposta - in capo ad un terzo.
      Quanto al momento in cui debba essere emessa la fattura, riteniamo che il relativo obbligo sorga al con il versamento del corrispettivo.
      È questa la soluzione che l'agenzia delle entrate fa propria nella risoluzione n. 62/E del 16 maggio 2006 richiamando la previsione di cui all'art. 6, comma 2 let. a) del d.P.R. 633/1972. Si tratta, per vero, di una interpretazione che in dottrina ha suscitato perplessità, osservandosi sul punto che questa norma presuppone che vi sia stato un atto della Pubblica Amministrazione traslativo della proprietà che - nella specie - non si è ancora avverato, ed ha la ratio di non obbligare il soggetto passivo a versare il tributo quando il prezzo, per fatto imputabile alla Pubblica Amministrazione, non è stato ancora corrisposto.
      Si tratta, tuttavia, di una ricostruzione che a nostro avviso può essere mantenuta ferma. Invero, il predetto art. 6 dopo aver previsto, al comma primo, che per i trasferimenti immobiliari la cessione si considera eseguita all'atto della stipula (momento che nelle esecuzioni immobiliari deve individuarsi nell'adozione del decreto di trasferimento) aggiunge al comma quarto che se anteriormente al verificarsi di uno degli eventi indicati ai commi precedenti (e dunque, prima della emissione del decreto di trasferimento) sia pagato in tutto o in parte il corrispettivo (il che è quanto si verifica proprio in ambito esecutivo), l'operazione si considera effettuata alla data della fattura o a quella del pagamento.
      A proposito delle modalità di emissione del documento fiscale, deve ricorrersi all'istituto della fatturazione in nome e per conto.
      La possibilità per soggetti diversi dal soggetto passivo di emettere fattura per conto di quest'ultimo è prevista dall'art. 21, comma 1, d.P.R. n. 633/1972 ai sensi del quale "per ciascuna operazione imponibile il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio emette fattura o … ferma restando la sua responsabilità, assicura che la stessa sia emessa … per suo conto, da un terzo ….".
      Sul piano operativo la fatturazione in nome e per conto si esegue ricorrendo alla cd. fatturazione in numerazione progressiva per serie distinte, tendenzialmente ammessa nel nostro ordinamento e, dunque, numerando la fattura emessa in nome e per conto dal professionista delegato con il n. 1/serie, non seguita da altra fattura successiva, salvo ipotesi particolari, quali ad esempio la vendita a più lotti (nel qual caso seguiranno le fatture progressive n. 2/serie, n. 3/serie, ecc.).
      In alternativa potrebbe pensarsi di chiedere il numero della fattura allo stesso debitore esecutato, ove costui si mostri collaborativo.
      Versamento dell'imposta.
      Per quanto attiene al versamento dell'imposta, l'Agenzia delle entrate con la risoluzione 19/6/2006 n. 84 ha istituito il codice tributo da utilizzare, da parte dei professionisti delegati, per il versamento, mediante modello F24, dell'IVA relativa alla vendita di beni immobili, oggetto di espropriazione forzata, appartenenti a soggetti esecutati irreperibili.
      In questa occasione, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito altresì che: "nei casi in cui il debitore esecutato sia reperibile, l'imposta dovuta dovrà essere versata mediante modello F24, utilizzando gli ordinari codici tributo relativi all'IVA"; nel solo caso di irreperibilità del soggetto esecutato, il versamento dell'imposta dovrà essere eseguito, secondo le modalità previste dall'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, con il seguente codice tributo, appositamente istituito: 6501 denominato "IVA relativa alla vendita, ai sensi dell'articolo 591-bis c.p.c., di beni immobili oggetto di espropriazione forzata".
      Lo stesso discorso vale per la ritenuta sul compenso, che come sempre dovrà essere versata dal delegato con fondi prelevati dal ricavato dalla vendita in seguito all'approvazione del piano di riparto.
      • Carla Chiola

        PESCARA
        01/10/2019 19:56

        RE: RE: pagamento legale procedura esecutiva

        Vi ringrazio per il compiuto riscontro.
        Onde evitare di aver mal compreso, provo a fare una sintesi in risposta alle mie domande.
        Alla prima domanda, la risposta è ,
        -l'ex conduttore soccombente non deve rifondere l'iva, in quanto l'avvocato nominato nella procedura esecutiva vittoriosa non è antistatario e l'iva verrà attinta dalle somme incassate nella procedura e pagata dal delegato in sede di riparto unitamente agli onorari refusi;
        - il predetto avvocato deve emettere la fattura all'atto del pagamento, quindi, in sede di riparto, al proprio cliente vittorioso.
        Poiché nella risposta non è stato esplicitato e considerato che l'incarico è stato conferito dal GE nell'ambito della procedura esecutiva rappresentata dal professionista delegato, mi chiedo chi è il cliente vittorioso dell'avvocato
        1. la società esecutata,
        2.oppure il creditore procedente, che nel corso della procedura stanzia i fondi spese per l'espletamento delle attività delegate?
        Alla seconda domanda, la risposta è che la ritenuta dovrà essere operata al legale e versata dal professionista delegato in sede di riparto.
        Poiché il professionista delegato non è sostituto d'imposta ex art.23 DPR 600/73 e poiché, a differenza dell'iva, per la quale l'agenzia delle entrate ha previsto un codice tributo ad hoc che consente al delegato il solo versamento dell'iva e non lo onera anche della dichiarazione, non sembra sia stato previsto un omologo codice tributo per il versamento della ritenuta d'acconto, che consentirebbe al delegato di non essere onerato della certificazione unica e annesso modello di dichiarazione 770.
        Vi ringrazio anticipatamente per il riscontro.
        • Zucchetti SG

          05/10/2019 20:12

          RE: RE: RE: pagamento legale procedura esecutiva

          Quanto alla ritenuta, osserviamo quanto segue.
          Secondo la risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 296 del 18 ottobre 2007 (risoluzione dettata con riferimento al compenso del delegato, ma sovrapponibile al caso prospettato), se il debitore esecutato appartiene al novero dei "sostituti d'imposta" ex artt. 23 e 25 del DPR 600/73, i relativi adempimenti dovranno essere eseguiti dal professionista delegato in sua vece, ove questi sia irreperebile (il che, è lo stesso, ove non sia collaborativo) al momento del prelievo del compenso. Il professionista, "in nome e per conto del debitore esecutato", dovrà quindi operare e versare la ritenuta con il modello F24, nonché eseguire gli adempimenti conseguenti, quali il rilascio e la trasmissione telematica della Certificazione Unica e la presentazione del modello 770.
          Le modalità procedimentali potrebbero essere le stesse del curatore fallimentare che opera in nome e per conto del debitore, e quindi nel modello F24 dovranno essere indicati i dati del debitore esecutato, unitamente al codice fiscale del professionista nel campo "codice fiscale del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare", nonché il codice "03" nel campo "codice identificativo".
          Il codice tributo sarà il 1040, relativo alle ritenute sui redditi di lavoro autonomo.
          Infine, professionista delegato dovrà presentare, "in nome e per conto" del debitore esecutato, la Certificazione Unica, avendo cura di riportare i dati del debitore-sostituto d'imposta e nel riquadro.
      • Giordano Albanese

        Ortona (CH)
        08/10/2019 16:18

        RE: RE: pagamento legale procedura esecutiva

        per quanto concerne il seguente aspetto: "Tutto questo, chiaramente, non vale per le ipotesi in cui il soccombente sia stato condannato al pagamento delle spese di lite nei confronti del difensore dichiaratosi antistatario, in quanto in tal caso il difensore non emetterà alcuna fattura nei confronti del proprio cliente, il quale conseguentemente non potrà portare in detrazione l'IVA relativa al compenso ai sensi del citato art. 19."
        segnalo il diverso orientamento per cui la fattura il legale antistatario deve comunque emetterla al proprio cliente ed il relativo pagamento effettuato direttamente dal soccombente. Infatti, la sentenza n. 3544/1982 Cass. SS.UU., piuttosto datata ma ancora di attualità, ha stabilito che, nell'ipotesi prevista dall'art. 93 c.p.c., il legale della parte vittoriosa dichiaratosi antistatario sarà tenuto ad emettere fattura nei confronti del proprio cliente, nonostante riceva il relativo pagamento dalla parte soccombente.
        • Zucchetti SG

          11/10/2019 07:25

          RE: RE: RE: pagamento legale procedura esecutiva

          Conosciamo il risalente orientamento della Corte di Cassazione, dal quale peraltro si ricava il precipitato per cui "L'avvocato distrattario può richiedere alla parte soccombente solamente l'importo dovuto a titolo di onorario e spese processuali e non anche l'importo dell'IVA che gli sarebbe dovuta, a titolo di rivalsa, dal proprio cliente, abilitato a detrarla" (Così cass. Sez III, 13/09/2018, n. 22279).
          Tuttavia rispetto a queste conclusioni esprimiamo le nostre perplessità poiché il tutto sarebbe più lineare (e semplice, se la fattura venisse emessa dal difensore nei confronti del soccombente), cosa che non porrebbe neppure il problema dell'IVA.
          Fondiamo questo nostro convincimento sulla scorta del rilievo per cui il l'avvocato distrattario che agisce per il credito da compenso nei confronti della parte soccombente attiva un credito proprio. Così la giurisprudenza, la quale ha affermato che "In tema di spese giudiziali, il difensore munito di procura, il quale chieda la distrazione, a proprio favore, delle spese di giudizio e degli onorari, dichiarando di avere anticipato le prime e di non avere ricevuto i secondi, deve ottenere il relativo provvedimento sulla base della sua semplice dichiarazione, la quale non può essere sindacata dal giudice. Egli agisce per un diritto proprio ed autonomo verso il soccombente, con la conseguenza che quest'ultimo non può opporgli, in compensazione, l'eventuale credito vantato nei confronti della parte vittoriosa" (cfr, da ultimo, cass., sez. VI-II, 26/03/2019, n. 8436), tanto che "Il difensore antistatario in favore del quale siano state distratte le spese, liquidate con decreto ingiuntivo emesso a favore del suo assistito, non è legittimato ad intervenire nel giudizio di opposizione ex art. 645 c.p.c. se non quando nello stesso si controverta anche sulla disposta distrazione, e con una possibilità di interlocuzione limitata al profilo della distrazione e non anche estesa alla sussistenza del credito azionato in via monitoria o alla misura delle spese liquidate" (Sez. III, 28/12/2016, n. 27166).
          Ringraziamo comunque per la segnalazione, che ci ha permesso di esplicitare meglio il nostro punto di vista ed offrire una più completa visione del tema.