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fallimento della società debitrice

  • Elena Pompeo

    Salerno
    10/12/2020 18:03

    fallimento della società debitrice

    In una procedura immobiliare dove sono custode giudiziario la società debitrice è fallita. Il creditore procedente è fondiario ed intende proseguire la vendita nella procedura esecutiva. Fino alla data del fallimento la società esecutata mi pagava una indennità di occupazione senza titolo. Dopo il fallimento (avvenuto qualche giorno fa e di cui ho dato già notizia al Ge) mi è pervenuta istanza da parte di un terzo di voler utilizzare l'immobile pignorato mediante pagamento di una indennità fino alla vendita. Io sono ancora il Custode Giudiziario e mi domandavo se devo coinvolgere il Curatore in questa scelta e se, una volta autorizzata dal Ge, devo procedere ad un accesso presso il compendio pignorato da sola o con il curatore e se deve esserci anche l'amministratore della società fallita che mi pagava l'indennità e che deteneva l'immobile. Grazie
    • Zucchetti SG

      12/12/2020 13:00

      RE: fallimento della società debitrice

      La domanda è figlia di un tema di carattere più generale, che riguarda la individuazione del custode nel momento in cui subentri la dichiarazione di fallimento del debitore esecutato, e la procedura sia stata iniziata da un creditore fondiario, ai sensi dell'art. 41 TUB, circostanza la quale consente, come noto, che la procedura prosegua anche allorquando interviene il fallimento del debitore esecutato.
      Il problema che in questo caso si pone è se le scelte riguardanti la custodia ricadano in capo al giudice dell'esecuzione, oppure se la figura del custode vada individuata ex lege nel curatore fallimentare.
      Secondo un primo orientamento la custodia è una specifica attribuzione del curatore, cui spetta l'amministrazione di tutti i beni compresi nell'attivo fallimentare ai sensi dell'art. 31 l.fall. (oggi art. 138 c.c.i.), senza distinzione alcuna. È questa l'idea patrocinata espressa da Cass., sez. I, 20 novembre 1982, n. 6254, secondo cui "L'azione esecutiva individuale eccezionalmente spettante ad un istituto esercente il credito fondiario, ai sensi dell'art. 42 r. d. 16 luglio 1905, n. 646, nonostante il fallimento del mutuatario-debitore, non determina la sottrazione dei beni pignorati dall'istituto alla custodia ed all'amministrazione del curatore sotto la sorveglianza del giudice delegato, secondo le regole proprie della procedura fallimentare, anche se la espropriazione dei beni deve svolgersi per la realizzazione delle pretese creditorie dell'istituto; permanendo, pertanto, le funzioni di custodia del curatore, questi, poiché conserva le sue originarie attribuzioni, non diviene organo ausiliario del giudice dell'esecuzione, e non può essere quindi dal medesimo sostituito nell'ambito della procedura esecutiva individuale, ai sensi degli art. 66 e 559 c.p.c.".
      Questo assunto troverebbe un diretto riscontro nell'art. 32 comma II l.fall. che riserva al giudice delegato la potestà di nomina di un coadiutore ed una indiretta conferma nell'art. 41, comma III, TUB, il quale prevede che il curatore debba versare alla banca le rendite degli immobili ipotecati, in tal modo implicitamente riconoscendogli la titolarità della custodia.
      Un diverso orientamento sostiene che l'esecuzione individuale, ove proseguibile, rimane disciplinata dalle regole sue proprie dettate dal codice di rito, e dunque permane:
      il potere di dirigere l'espropriazione è riservato ex art. 484 c.p.c. al giudice dell'esecuzione;
      il potere di nomina del custode ex art. 559 c.p.c., che pertanto può attribuire la custodia anche ad un soggetto diverso dal curatore.
      Questo ragionamento si ritrova in Cass., sez. I, 2 giugno 1994, n. 5352 secondo la quale in caso di fallimento non si applica il primo comma dell'art. 559, e dunque "il debitore non potrà essere il custode, per gli effetti già verificatisi del suo spossessamento (art. 42 della legge fallimentare) e della custodia in capo al curatore (art. 31 e 88 della legge fallimentare)", mentre invece il giudice dell'esecuzione conserva il potere di nomina del custode, che potrà essere individuato nel curatore medesimo o in una persona diversa "dato che la procedura esecutiva individuale conserva la sua autonomia".
      Probabilmente l'orientamento più risalente merita di essere condiviso.
      In primo luogo l'art. 41 comma terzo TUB riconoscere una evidente funzione custodiale non solo al custode ma anche al curatore, il che implica evidentemente che sia intervenuto il fallimento, dal che si evince che in questo caso non potrà aversi un custode diverso dal curatore.
      In secondo luogo la prosecuzione della procedura da parte del creditore fondiario ha notoriamente il fine di attribuire all'istituto di credito il vantaggio di conseguire il ricavato dalla vendita senza attendere i tempi del riparto fallimentare, e questo scopo può essere perseguito anche riconoscendo al curatore il subentro nella custodia.
      In terzo luogo, se il fallimento interviene prima della sostituzione del debitore nella custodia, un provvedimento di sostituzione ad opera del giudice dell'esecuzione da un lato è inutile (poiché è stato già nominato un organo deputato alla custodia del cespite in funzione della liquidazione dello stesso e si versa nel caso previsto dall'art. 559, comma quarto, c.c., in cui il giudice dell'esecuzione non nomina un proprio custode quando "per la particolare natura [acquisiti alla massa] degli stessi ritenga che la sostituzione non abbia utilità"), e dall'altro è dannoso, poiché caricherebbe la procedura di un costo superfluo, rappresentato dal compenso da riconoscere al custode.
      Quando invece la dichiarazione di fallimento sopraggiunge alla sostituzione del custode, la figura del custode nominato dal g.e. non ha più ragion d'essere; in questo caso, infatti, poiché il bene da liquidare viene acquisito all'attivo fallimentare e ricade sotto la custodia del curatore, la presenza di un ulteriore custode implicherebbe un inutile aggravio di spese.
      Venendo al caso di specie, poiché lei è ancora formalmente custode, fino a quando non interverrà un provvedimento di sostituzione avrà l'onere di esercitare tutte le prerogative custodiali. In questa fase il custode dovrà dunque essere coinvolto nella stessa misura in cui lo sarebbe stato il debitore esecutato, cui il curatore è ovviamente subentrato. L'istanza di occupazione dovrà quindi essere inoltrata al ge corredata da un parere convenienza, ribadendosi l'intervenuto fallimento. Sarà poi il giudice che provvederà ad instaurare il contraddittorio con il curatore su questo argomento, oppure a revocare l'incarico di custode, come noi riterremmo giusto fare.